Nella puntata di Minds On, Alessandro Aresu, autore del libro Geopolitica dell’Intelligenza Artificiale pubblicato da Feltrinelli, dialoga con Giorgio Rutelli e Rosario Cerra sui temi cruciali del panorama tecnologico globale. Il libro, descritto come enciclopedico, affascinante e chiarificatore, analizza la storia e l’impatto di personaggi chiave come Geoffrey Hinton, Jensen Huang, e Demis Hassabis, offrendo una visione approfondita della competizione tecnologica tra Stati Uniti e Cina. Aresu esamina il ruolo di aziende come NVIDIA, Microsoft e Google, sottolineando come NVIDIA, grazie alla sua capacità di fornire sistemi integrati e complessi, domini attualmente il mercato dell’intelligenza artificiale, mentre aziende come OpenAI restano dipendenti dall’infrastruttura dei grandi colossi tecnologici.
Il dibattito si estende al ruolo dell’Europa e dell’Italia, evidenziando le sfide per competere a livello globale. Aresu critica la burocrazia e la mancanza di investimenti strategici, proponendo un focus su talenti, ricerca e imprese europee. Il libro esplora anche l’eredità filosofica di pensatori come Leibniz e Leopardi, dimostrando come il pensiero umanistico e scientifico possano contribuire al dibattito sull’intelligenza artificiale. La puntata si conclude con una riflessione sui rischi e le opportunità future legati all’accelerazione tecnologica e all’importanza di un dialogo tra scienza e politica per affrontare questioni globali come sicurezza nazionale e sostenibilità.
* * *
Giorgio Rutelli: Bentornati a Minds On, la serie creata e prodotta da Adnkronos insieme al Centro Economia Digitale. Io sono Giorgio Rutelli e con noi oggi c’è Rosario Cerra, come sempre il presidente del Centro Economia Digitale.
Rosario Cerra: Salve, buongiorno!
Giorgio Rutelli: Ciao Rosario! E Alessandro Aresu, che è scrittore e componente del consiglio scientifico di Limes e, soprattutto, oggi è qui con noi per parlare di questo suo nuovo libro che si chiama Geopolitica dell’intelligenza artificiale. È uscito proprio in questi giorni, è stato pubblicato da Feltrinelli ed è un libro… non so come descriverlo. È un libro enciclopedico, divertente, affascinante e soprattutto spiega un mondo che è complicatissimo, ma che tu riesci a tenere insieme e a spiegare, a dare una linearità, a dare una chiarezza, a delle storie, soprattutto di questi grandi personaggi che stanno cambiando il mondo della tecnologia e, a cascata, la nostra vita.
Pur partendo però anche dalla storia del pensiero, dalla storia della ricerca scientifica: c’è l’imprenditoria, c’è il carattere di queste persone, che ovviamente sono dei caratteri complessi e affascinanti. Insomma, c’è veramente tutto ed è un libro che consiglio ai nostri ascoltatori.
Oggi ne parleremo e insomma toccheremo un po’ delle cose che ci sono in questo libro, perché appunto è un grandissimo viaggio nel mondo che ci riguarda, ma non da vicino… di più.
Perché ad esempio, in questi giorni, due dei protagonisti di questo libro hanno vinto il Nobel, e sono i due Geoffrey Hinton e Demis Hassabis, che hanno avuto un ruolo in questi ultimi 20 anni di sviluppo dell’intelligenza artificiale.
Ma insomma, ne parleremo più avanti. Adesso do la parola a Rosario per la prima domanda.
Rosario Cerra: Allora Alessandro, come dire… lo affrontiamo a blocchi, perché è corposo il libro. La prima domanda che ti volevo fare riguarda il tema dell’intelligenza artificiale, che tu affronti sia da un punto di vista tecnico che scientifico. Ma a me interessa, in questo caso, l’aspetto geostrategico, geopolitico dell’intelligenza artificiale.
Quali sono, secondo te, le implicazioni, le principali applicazioni geostrategiche e geopolitiche dell’intelligenza artificiale, soprattutto alla luce della competizione tra Cina e Stati Uniti? Questa è una competizione che è nata sostanzialmente nel 2017, quando Xi Jinping dice al Comitato del Partito Comunista: “Noi dobbiamo essere l’avanguardia nel 2030 di tutta l’innovazione tecnologica”.
E, soprattutto, quali rischi e quali opportunità vedi tu nell’applicazione dell’intelligenza artificiale in questa dinamica geopolitica?
Alessandro Aresu: Allora, anzitutto buongiorno a tutti, grazie mille per questo invito e per le vostre parole sul mio libro e sul mio lavoro.
È una domanda ampia. Io la svolgerei in questi termini: l’intelligenza artificiale è un ecosistema che fa parte di un processo di computerizzazione e digitalizzazione del mondo che va avanti da tempo. Sicuramente presenta delle nuove caratteristiche, anche delle discontinuità, ma il modo con cui suggerisco di guardarlo — anche in continuità col mio lavoro precedente sui temi del capitalismo politico e dei vincoli della sicurezza nazionale sull’economia — è analizzare la storia di alcune aziende.
Quindi, la distribuzione, diciamo, del lavoro dell’intelligenza artificiale a livello globale si concretizza in un ecosistema di imprese. Queste imprese si trovano in alcuni contesti, in particolare negli Stati Uniti, in misura minore in Cina. Vi partecipano, attraverso alcuni ecosistemi, come quello dell’industria dei semiconduttori, paesi come la Corea del Sud, il Giappone, e alcuni paesi europei.
Quindi l’aspetto politico dell’intelligenza artificiale è innanzitutto la distribuzione delle varie teste di queste aziende:
- Come sono nate?
- Come si sviluppano?
- Che interazione hanno con i mercati finanziari?
- Com’è fatta la loro filiera?
Per esempio, i clienti di alcune tra queste aziende, come NVIDIA — che sta al centro del libro — sono le grandi società tecnologiche statunitensi. Sono state in passato anche delle importanti società tecnologiche cinesi; in misura minore lo sono ancora, come Baidu o ByteDance, per esempio.
Quindi questo ci mostra che ci sono delle capacità importanti cinesi anche in quest’ambito, che vengono utilizzate e sfruttate. Poi ci sono le aziende cinesi che funzionano come grandi integratori di tecnologia e che utilizzano l’intelligenza artificiale per scopi industriali.
Esempi in questo senso sono:
- Huawei, per il settore digitale delle telecomunicazioni, un’azienda che — ricordo — nell’ambito del conflitto tra Stati Uniti e Cina doveva in qualche modo perire o essere ferita a morte, ma non è avvenuto, come racconto all’interno del testo.
- BYD, che è, insieme a Tesla, la più importante società al mondo della mobilità elettrica.
- HikVision, che nella robotica e nella visione artificiale sta già giocando, e potrà giocare, un ruolo estremamente importante.
Quindi esiste questo livello. Poi c’è un altro livello che merita attenzione e approfondimento ed è l’uso di quella che chiamavamo prima “analisi dei dati” — per essere sintetici — e ora chiamiamo più frequentemente intelligenza artificiale, per scopi militari, scopi duali, e scopi puramente militari. E anche in questo ambito c’è il ruolo di alcune aziende che hanno un’importanza cruciale. Una delle aziende su cui si concentra maggiormente il libro, da questo punto di vista, è Palantir, un’importantissima azienda di software per la difesa e non solo. È stata co-fondata da Peter Thiel, uno degli investitori più influenti della Silicon Valley. Ha come tesi di investimento proprio quella di un mondo sempre più conflittuale, con più guerre e più conflitti, dove c’è una necessità di razionalizzare l’operato della difesa degli Stati Uniti e del bilancio del Pentagono attraverso maggiori soluzioni tecnologiche e software.
Noi viviamo già nel mondo profetizzato dalla tesi di investimento di Palantir. Quindi poi la domanda successiva sarà come gestire questi conflitti e questa conflittualità del pianeta con queste capacità tecnologiche crescenti senza averne un dirupo inevitabile, diciamo.
Giorgio Rutelli: Ecco, io sono affascinato, divertito e appassionato dai protagonisti di Aresu in questo libro, soprattutto quando si leggono le storie di questi personaggi. Tu parti dai pionieri, come Alan Turing e Claude Shannon, e arrivi ai protagonisti di oggi, cioè Geoffrey Hinton, Fei-Fei Li, Jensen Huang, che è soprattutto un po’ il grande protagonista di questo libro.
Jensen Huang, fondatore di NVIDIA, è la società che quest’anno ha, diciamo, stracciato tutti i record di borsa ed è diventata effettivamente una società insostituibile in questo momento nel mondo dell’intelligenza artificiale, per via delle GPU che produce. Queste unità grafiche servono per far funzionare i grandi data center e le grandi infrastrutture alla base dell’intelligenza artificiale di oggi.
Ecco, raccontami un po’ quali sono, ma solo a tratti, i fili che collegano queste figure. Abbiamo citato anche prima Demis Hassabis. Sono persone che, se uno avesse chiesto chi fossero nel 2018, forse — a parte Huang, che comunque guidava una società già molto importante — pochissimi le avrebbero conosciute, persino in un mondo informato sulla tecnologia. Perché l’intelligenza artificiale ha vissuto una fase di lungo “inverno”, prima di vedere questa “primavera” e l’esplosione degli ultimi anni. Quindi ti chiedo di raccontarmi di alcuni protagonisti dell’IA e il loro percorso verso il successo.
Alessandro Aresu: Immaginate di trovarvi a Toronto, circa 12 anni fa, nell’inverno del 2012. Nella stanza di uno studente, Alex Krizhevsky, sta avvenendo qualcosa di straordinario. Alex sta lavorando a un programma con l’obiettivo di vincere una competizione universitaria di riconoscimento delle immagini. Per addestrare il suo programma, utilizza due schede grafiche NVIDIA.
Questo momento viene spesso descritto come il “Big Bang” dell’intelligenza artificiale contemporanea. Krizhevsky stava collaborando con un altro brillante scienziato, Ilya Sutskever, una figura cruciale che emerge anche nel libro. Sutskever, che era allievo di Geoffrey Hinton all’Università di Toronto, è successivamente diventato cofondatore e Chief Scientist di OpenAI (un ruolo che ha lasciato recentemente).
Nel 2012, con il loro professore Geoffrey Hinton, un veterano della ricerca (classe 1947), questi scienziati riescono a vincere una competizione fondamentale grazie alle infrastrutture di calcolo fornite da NVIDIA. Le GPU di NVIDIA diventano l’elemento decisivo per il miglioramento dei loro programmi.
Un’altra figura chiave è Fei-Fei Li, che ha fornito l’archivio di immagini utilizzato nella competizione. Fei-Fei è una scienziata eccezionale: nata in Cina, si è trasferita adolescente nel New Jersey, per poi proseguire gli studi a Princeton e Stanford. Attualmente, è una delle figure di spicco della ricerca accademica sull’intelligenza artificiale. La sua autobiografia, Tutti i mondi che vedo, recentemente pubblicata in Italia, racconta il suo straordinario viaggio.
Nel 2009, Jensen Huang, amministratore delegato di NVIDIA, aveva già intravisto le potenzialità transformative dell’intelligenza artificiale. Pur guidando un’azienda allora famosa principalmente per i videogiochi, Huang ha avviato un laboratorio scientifico interno e investito massicciamente in ricerca. Un punto di svolta si verifica quando il preside di informatica di Stanford lascia il suo incarico accademico per unirsi a NVIDIA.
Dietro le quinte, troviamo Sequoia Capital, il celebre fondo di venture capital che ha fornito i primi capitali a NVIDIA nel 1993. Curiosamente, Fei-Fei Li ricopre oggi una cattedra sponsorizzata proprio da Sequoia a Stanford.
Nel frattempo, a Londra, nel 2010, nasce DeepMind, la prima startup ad alto impatto sull’intelligenza artificiale contemporanea. La svolta arriva nel 2014, quando Google acquisisce DeepMind, una mossa che passa alla storia. Questo evento spinge Elon Musk a reagire, portandolo all’idea e alla fondazione di OpenAI.
Queste storie si intrecciano continuamente. Nel 2016, Jensen Huang di NVIDIA consegna personalmente il primo sistema avanzato DGX, un supercomputer, agli uffici di OpenAI a San Francisco.
Questi racconti non solo affascinano per la personalità e la visione di ciascun protagonista, ma rivelano processi lunghi e strutturali che superano l’hype recente, come quello del lancio di ChatGPT nel 2022. Questo panorama storico ci permette di comprendere meglio l’evoluzione dell’intelligenza artificiale come fenomeno tecnico, scientifico e imprenditoriale.
Giorgio Rutelli: Ho notato un certo parallelismo con il tuo libro precedente, Il dominio del 21° secolo, dedicato al mondo dei semiconduttori. In quel libro si parlava dell’elemento umano e dei rapporti tra i grandi fondatori, come ad esempio Fairchild, la società da cui sono nate tutte le aziende dominanti nel XX secolo nel mondo dei semiconduttori. Lo stesso processo sembra avvenire con l’intelligenza artificiale: un gruppo di persone che, incrociandosi, dà vita a una catena di aziende e innovazioni. Questo fenomeno è cento volte più grande e importante di quel nucleo, e mostra un effetto moltiplicatore, un raddoppiamento continuo, una crescita che è strettamente legata all’aspetto umano, ai rapporti e alle storie personali.
Ci immaginiamo spesso un mondo fatto di regole economiche, investimenti dall’alto o un’economia guidata in modo controllabile. Invece, molte innovazioni nascono dal basso, da dinamiche difficili da prevedere, spesso accompagnate da errori e sconfitte che fortificano.
Alessandro Aresu: Nella storia di queste personalità, gli errori e le difficoltà giocano un ruolo cruciale.
Rosario Cerra: Alessandro, ti faccio una domanda che riguarda più il futuro. Parliamo del tema dell’accelerazione, collegandoci alla legge di Moore o alla legge di Huang. Quali sono, secondo te, le implicazioni dell’accelerazione esponenziale per l’intelligenza artificiale? È possibile immaginare gli scenari futuri, soprattutto considerando la combinazione tra computer quantistico e intelligenza artificiale? Questa combinazione potrebbe creare un nuovo modo di inventare: qualcosa che inventa qualcos’altro, con un’esplosione senza precedenti.
Alessandro Aresu: Pensando al presente, possiamo già osservare processi produttivi accelerati grazie all’intelligenza artificiale, compresi quelli elettronici e di programmazione.
Rosario Cerra: Molti economisti sostengono che l’IA non abbia ancora un impatto significativo perché non vedono numeri concreti nei bilanci…
Alessandro Aresu: È il famoso discorso che si pose anche per Internet. Satya Nadella, amministratore delegato di Microsoft, spesso cita questo fatto: ciò che si vede meno è comunque presente. È un’idea che gli economisti discutono da circa 25 anni, soprattutto a partire dall’ondata tecnologica di Internet.
Ad esempio, nei bilanci di Meta l’intelligenza artificiale è già visibile. Se andate su Instagram, i reel personalizzati trattengono gli utenti più a lungo, e questo genera già un maggiore fatturato per Meta. In alcune situazioni, come l’ottimizzazione nei social network o su piattaforme come YouTube, l’intelligenza artificiale è già pienamente operativa e genera ricavi.
La questione diventa diversa quando si parla di processi produttivi, ad esempio nel settore manifatturiero italiano. L’intelligenza artificiale cambierà questi processi? Oppure, senza un’integrazione adeguata, queste realtà rischieranno di restare indietro? Questo è un tema cruciale, non solo per l’economia, ma anche per la politica globale.
L’accelerazione ha portato all’espansione del mercato dei data center. NVIDIA, ad esempio, è un protagonista centrale in questo settore. Nel libro si descrive come NVIDIA sia passata da un fatturato di 10 milioni nei data center 15 anni fa a circa 100 miliardi previsti in un anno. Questo sviluppo illustra la trasformazione straordinaria che è avvenuta.
Oggi, in diversi luoghi come la Virginia settentrionale, l’Iowa, Singapore, la Malesia e i paesi del Golfo, si costruiscono sempre più data center. Questi enormi magazzini contengono supercomputer, sistemi di raffreddamento e grandi quantità di materiali come acqua, acciaio, rame e silicio. Anche in Italia, gli investimenti di Microsoft, ad esempio, fanno parte di questa accelerazione dell’economia legata ai data center.
Questa evoluzione apre un dibattito filosofico e pratico. La domanda è: il mondo diventerà dominato dai data center? O assisteremo a un cambiamento strutturale nel loro ruolo? Un mondo con 10.000 o 50.000 data center rappresenta un’ipotesi estrema. Ma se i data center si evolveranno, cambieranno anche in termini di consumo energetico e di integrazione con il lavoro umano e la distribuzione del lavoro.
Il data center, quindi, diventa un simbolo del nostro tempo, portando con sé interrogativi su come bilanciare questi equilibri. Non può esistere un’accelerazione assoluta; ci saranno sempre resistenze, sia sociali che tecnologiche.
Ad esempio, il modo in cui trattiamo materiali come rame e acciaio, oltre al silicio, influenza l’intero sistema. Le tecnologie di raffreddamento giocano un ruolo cruciale nel determinare l’efficienza e la sostenibilità di questi sistemi. L’adattamento sociale e politico deve interagire con i problemi ambientali e le infrastrutture tecnologiche.
L’accelerazione dei data center, già nei prossimi due anni, ci porrà di fronte a sfide legate all’infrastrutturazione energetica. Ad esempio, la Cina, grazie alle sue grandi capacità di infrastrutturazione energetica, potrebbe superare alcuni ostacoli e ottenere un vantaggio significativo in questa economia dei data center.
Questo dimostra come elementi apparentemente tradizionali, come le reti elettriche e l’infrastrutturazione energetica, interagiscano con le tecnologie più avanzate. Restare competitivi significa saper collegare questi ambiti apparentemente distanti, creando un sistema armonico tra passato e futuro.
Giorgio Rutelli: Io torno sempre a parlare di esseri umani, finché possiamo.
Alessandro Aresu: Ce ne sono pochi in termini di utilizzo diretto, ma tanti in termini di operai necessari a costruire queste tecnologie. Poi, per il mantenimento e la manutenzione, servono pochissime persone.
Giorgio Rutelli: Nel libro parti dai grandi del pensiero occidentale, incluso il pensiero italiano. Citi figure come Leopardi, Leibniz e Giulio Camillo. Ti chiedo: quali sono le eredità di queste figure che hanno ancora un impatto oggi? Inoltre, qual è il tuo commento sulla conclusione del libro, quando parli dell’Italia, dell’Europa e delle possibilità per i nostri talenti? Questi talenti, che esistono ancora, hanno uno scenario di crescita, investimento e competitività in un mondo dove l’America crea e sviluppa, l’Asia costruisce e scala, e noi ci troviamo in mezzo. Forniamo talenti, alimentiamo un grande dibattito sulla libertà di espressione e principi meravigliosi, ma tu, a un certo punto, poni una domanda: qual è il nostro piano di investimento? Rifare le facciate? È questo il nostro obiettivo per il PIL?
Alessandro Aresu: È certo bello vedere Roma con le facciate rinnovate, ma, come sottolinei, sono meno importanti rispetto alle questioni affrontate nel libro.
Parlando della parte filosofica e umanistica, è fondamentale non dimenticare questi aspetti. Molti dei protagonisti dei dibattiti sull’intelligenza artificiale avevano una formazione che andava oltre il tecnico: Kurt Gödel, ad esempio, era un logico e filosofo capace di interagire con temi teologici.
Nel libro spicca la figura di Leibniz, un grande filosofo del calcolo, un uomo universale: bibliotecario, giurista, filosofo, teologo, logico e inventore di macchine. Era anche molto curioso di ciò che accadeva in Cina. I suoi manoscritti, scoperti decenni dopo la sua morte, contenevano idee che sarebbero state sviluppate un secolo più tardi. Quindi, insomma, è importante sapere cosa ha fatto Leibniz.
Poi c’è questa curiosità su Leopardi, che traggo anche dalle lezioni di Massimo Cacciari. Leopardi, 200 anni fa, esattamente nel 1824, scrive una parte delle Operette morali che parla effettivamente dell’intelligenza artificiale e dell’età delle macchine.
Utilizzo questo aspetto per mostrare come molti dei nostri dibattiti, almeno concettualmente, fossero già presenti. In alcuni casi, ci sono addirittura rimandi curiosi e specifici, come il pappagallo o il colore verde, che si trovano già in Leopardi.
Questo dimostra che, mentre analizziamo l’attualità — dalle supply chain ai grandi temi economici e politici — non dobbiamo smettere di studiare la nostra eredità umanistica. In molti casi, questa eredità, di cui Leibniz è uno degli esempi più grandi, era sia umanistica che scientifica.
Soprattutto nell’età moderna, autori come Bacone e altri di questo calibro ci mostrano come un pensiero universale possa integrare scienza, filosofia ed esplorazione dell’umano.
Altro punto: Europa e Italia. Questo si collega a un discorso che ho già affrontato in libri precedenti, come il mio Capitalismo politico del 2020. Mi si chiedeva: “Perché non dici che l’Europa è allo stesso livello di Stati Uniti e Cina?”. La risposta è semplice: perché non lo è. Non è così, e non posso dire il falso.
Ovviamente, approfondendo, emergono capacità europee significative. Per esempio, alla fine di questo libro ricordo che senza i gas industriali europei, come quelli prodotti da Air Liquide, molti contesti produttivi mondiali non funzionerebbero. Tuttavia, non parliamo mai dei gas industriali, perché sono percepiti come un tema poco attraente. Eppure, potrebbero essere più rilevanti rispetto a molte altre questioni che monopolizzano il dibattito.
Invece di concentrarci sull’idea, un po’ bislacca, che il mercato europeo legiferi su imprese tecnologiche di altri paesi, come gli Stati Uniti, dovremmo investire nella creazione di imprese europee. Altrimenti, continueremo a perdere. Per avere un futuro, l’Europa deve sviluppare proprie imprese, e per farlo è necessario studiare le realtà europee e la loro storia.
L’investimento in ricerca è fondamentale, ma bisogna tenere conto del contesto attuale. Con l’evoluzione delle “leggi” come quella di Moore o di Huang, servono sempre più capitali per le infrastrutture di calcolo. La ricerca, da sola, non riesce a tenere il passo.
Inoltre, i ricercatori e i lavoratori delle aziende devono essere pagati adeguatamente, altrimenti emigrano dove possono guadagnare il quadruplo. Creare un’azienda non dovrebbe significare essere bloccati dalla burocrazia, compilando infiniti moduli e investendo capitali in procedure inutili. Questo approccio non funziona.
È necessario avere delle priorità. Non possiamo, come legislatori europei o italiani, “occuparci di tutto in parallelo”. Non siamo James Wang, che ha dimostrato di essere capace di farlo. Se non lo sappiamo fare, dobbiamo stabilire priorità chiare: talenti, capitali e imprese.
Solo dopo possiamo pensare ad altre questioni. Ma non possiamo continuare a fare delle regole la nostra priorità principale. Questo approccio è stato portato avanti per anni e non ha funzionato.
Rosario Cerra: Abbiamo visto che la dinamica di potere all’interno del mondo dell’alta tecnologia americana è una delle tematiche centrali. Nel libro analizzi con attenzione le aziende, e ovviamente NVIDIA è la regina in questo momento. Ci sono altre protagoniste come Microsoft e Google, e una forte competizione tra questi attori.
Ci sono anche altre realtà, ma la grande competizione avviene principalmente lì. La vera dinamica di potere si manifesta nelle relazioni tra queste aziende, i centri di sviluppo, le accademie e le istituzioni. Il ruolo delle nazioni in questo contesto, invece, è ancora poco chiaro in termini di efficacia. Chi sta vincendo?
Alessandro Aresu: Sta vincendo NVIDIA. E sta vincendo perché, al contrario di ciò che si crede, NVIDIA non è solo un’azienda che produce chip. Come sottolinea lo stesso Jensen Huang, NVIDIA fornisce sistemi completi. Sistemi che integrano interconnessione, hardware, software e tanti altri elementi.
Per esempio, se in Europa si costruiscono supercomputer, spesso finanziati con fondi pubblici, questi soldi vanno principalmente a NVIDIA e, in parte, ad AMD. AMD, a sua volta, è un’azienda straordinaria, guidata dalla bravissima Lisa Su.
Quello che fanno NVIDIA e AMD non è facilmente replicabile. La loro forza sta nell’esperienza acquisita, che comprende hardware, software, algoritmi, librerie, architetture, e una supply chain composta da decine e centinaia di aziende. Creare un chip o un sistema che superi questi standard è estremamente complesso.
Tuttavia, NVIDIA dipende dai suoi grandi clienti, che sono principalmente le big tech statunitensi: Microsoft, Google, Amazon, Meta, e in misura minore Apple, Tesla e XAI. Elon Musk, ad esempio, è ancora una figura importante in questo contesto, ed è riuscito a costruire rapidamente un cluster di sistemi NVIDIA per Tesla, grazie alla sua grande capacità imprenditoriale nel settore hardware.
Tra queste aziende c’è una feroce competizione. Tuttavia, al contrario di ciò che si crede comunemente, non stanno vincendo aziende come OpenAI o Anthropic. Queste aziende sono prigioniere della necessità di accedere all’infrastruttura di calcolo, che diventa sempre più importante e costosa.
OpenAI, per esempio, è al 49% di Microsoft, che di fatto ne detiene il controllo grazie alla sua infrastruttura. Microsoft finanzia NVIDIA o i suoi concorrenti, ed è difficile per aziende “pure” di intelligenza artificiale emanciparsi da questa dipendenza.
OpenAI è posseduta al 49% da Microsoft, e di fatto è Microsoft a comandare all’interno di OpenAI, grazie alla sua infrastruttura. Microsoft fornisce i fondi necessari per acquistare risorse da NVIDIA o dai concorrenti di NVIDIA. Questo rende estremamente difficile per le aziende “pure” di intelligenza artificiale, come OpenAI o altre simili, liberarsi da questa dinamica di dipendenza.
Un’eventuale liberazione da questa dipendenza potrebbe essere possibile solo in scenari estremi, come lo sviluppo della cosiddetta “intelligenza artificiale generale” (AGI) da parte di una singola entità, ma non da altre. Questo concetto viene descritto nel testo anche in termini di ipotesi concettuali e teoriche.
Sul fronte governativo, i governi devono interagire con questo processo in modo strategico. Da un lato, c’è la necessità di definire e calcolare soglie di capacità di calcolo per i modelli di intelligenza artificiale, soglie che richiedono specifici controlli per via delle implicazioni, ad esempio, nel campo delle biotecnologie. Un esempio è dato dal contributo di DeepMind con AlphaFold, che ha rivoluzionato il settore e ha avuto riconoscimenti come il Premio Nobel per la chimica.
Affinché i governi possano svolgere questo ruolo, devono costruire un bagaglio di conoscenza e competenze tecniche molto specifiche. Non si può imporre un controllo su qualcosa che non si comprende appieno. Questo è un punto critico: molte pubbliche amministrazioni, anche in paesi sviluppati, non dispongono ancora delle competenze necessarie per affrontare queste questioni.
Un altro aspetto cruciale è la sicurezza nazionale. Alcuni governi cercano di acquisire capacità tecnologiche che non possiedono attraverso metodi di spionaggio o altri mezzi non convenzionali, mentre altri si concentrano sulla difesa delle proprie capacità interne. Questo genera una crescente preoccupazione per la sicurezza all’interno delle aziende tecnologiche, in particolare per quanto riguarda il software, che ormai caratterizza quasi tutta la filiera, compreso l’hardware programmabile.
Le aziende tecnologiche sono spesso porose rispetto a figure con competenze specifiche nella sicurezza nazionale. Un esempio emblematico è l’ex capo della National Security Agency, Paul Nakasone, che è entrato nel consiglio di amministrazione di OpenAI. Questo mostra come sia necessario un dialogo tra esperti di sicurezza nazionale e ricercatori tecnologici.
Ad esempio, molti ricercatori di OpenAI (i “nuovi Ilya Sutskever”, anche se lui non è più presente in azienda) non hanno consapevolezza o competenza sui problemi di sicurezza nazionale, perché non è il loro campo di formazione. La collaborazione tra figure tecniche e quelle con esperienza politica e di sicurezza è fondamentale per affrontare queste sfide.
Questo è importante per tutte le aziende, perché ha influenzato altre aree del governo degli Stati Uniti, in particolare il processo di controllo sulle esportazioni di componentistica elettronica, soprattutto verso la Repubblica Popolare Cinese.
Dobbiamo anche presupporre che in Cina stiano avvenendo dinamiche simili, anche se con differenze. In Cina, l’interconnessione tra politico ed economico è consustanziale al sistema, come si evince dal modo in cui l’Esercito Popolare di Liberazione opera in collaborazione con le grandi aziende. Il contesto politico in Cina viene vissuto in questi termini, dove il legame tra governo e settore privato è molto stretto.
Vista la complessità di questi temi, sia dal punto di vista tecnico che politico, emerge la necessità di un dialogo tra competenze scientifiche e politiche. Questo dialogo è fondamentale, ma anche estremamente difficile e arduo, poiché le competenze tecniche e politiche spesso appaiono molto distanti tra loro.
Giorgio Rutelli: Perfetto, bene. Ringraziamo Alessandro Aresu per essere stato con noi. Grazie a Rosario Cerra e al Centro Economia Digitale. Grazie a voi che ci avete seguito oggi, e vi diamo appuntamento ai nuovi episodi di Minds On.