Ci sono momenti nella storia in cui il declino di un impero si manifesta non con un colpo di stato, ma con l’irruzione di un piccolo Davide che abbatte un Golia arrogante e miope. È quanto accaduto con DeepSeek, la startup cinese che, con il budget di un film di medio successo, ha mandato in tilt il cuore tecnologico dell’Occidente, Silicon Valley. Il 27 gennaio 2025 passerà alla storia come la data in cui il castello di carta del primato tecnologico statunitense ha iniziato a crollare sotto i colpi di una realtà che nessuno voleva vedere.
DeepSeek è nata nel maggio 2023 a Hangzhou, Zhejiang, come costola dell’hedge fund High-Flyer, un nome che, fino a pochi giorni fa, non avrebbe tolto il sonno ai colossi di Wall Street. E invece oggi è sulla bocca di tutti: ha dimostrato che il re è nudo, che l’industria statunitense dell’intelligenza artificiale è un gigante dai piedi d’argilla, che il mito dell’efficienza americana si regge su sussidi pubblici e oligarchie protette. A fondarla è Liang Wenfeng, un giovane imprenditore cinese con un curriculum tutt’altro che blasonato per gli standard americani, ma con una visione chiara: battere i giganti con le loro stesse armi, ma spendendo un decimo delle loro risorse.
Il terremoto si è scatenato quando DeepSeek ha lanciato il suo chatbot, basato sul modello V3, che in pochi giorni è diventato l’app più scaricata sull’App Store di iOS negli Stati Uniti, sorpassando ChatGPT, il fiore all’occhiello di OpenAI. Non è solo una questione di prestazioni – che già sarebbero sufficienti per un applauso – ma di come queste siano state raggiunte. Mentre OpenAI, Google e Meta spendono miliardi in supercomputer e cluster di chip Nvidia, DeepSeek ha fatto lo stesso lavoro con 2.000 GPU Nvidia H800, spendendo appena 5,58 milioni di dollari per l’intero addestramento. Una cifra ridicola rispetto ai budget faraonici degli americani, che a quanto pare sanno spendere ma non risparmiare.
Le implicazioni sono immediate e devastanti. Il 27 gennaio, mentre gli utenti americani scaricavano l’app di DeepSeek, i mercati finanziari si sono risvegliati in preda al panico. Nvidia ha perso il 18% del suo valore in poche ore. Microsoft, Google e Broadcom hanno subito cali a doppia cifra, e l’intero settore tecnologico ha visto volatilizzarsi 593 miliardi di dollari in capitalizzazione di mercato. Un bagno di sangue che segna il passaggio dalla sicurezza arrogante alla paura concreta.
Non è solo una questione di tecnologia, ma di simboli. Per decenni, Silicon Valley è stata il simbolo della supremazia occidentale, il cuore pulsante di un’egemonia culturale e industriale costruita sull’idea che l’innovazione fosse appannaggio esclusivo degli Stati Uniti. DeepSeek ha strappato il velo di Maya, dimostrando che la vera innovazione non è questione di risorse, ma di visione e capacità. E ha messo in crisi il mito fondante del capitalismo tecnologico americano: il merito.
La strategia di DeepSeek è tanto semplice quanto efficace. Ha reso il suo modello open source, permettendo a chiunque di accedere al codice, modificarlo, migliorarlo. Una mossa che ha aperto le porte a una comunità globale di sviluppatori, pronti a sfruttare il potenziale della tecnologia cinese per i propri progetti. Mentre gli americani proteggono gelosamente i loro brevetti e le loro tecnologie, DeepSeek ha capito che l’apertura è l’arma più potente in un mondo globalizzato.
Non è un caso che la startup sia nata e cresciuta in Cina. In un paese dove il controllo del governo è onnipresente e le regole sono spesso flessibili, DeepSeek ha trovato lo spazio per innovare senza le catene burocratiche che soffocano molte aziende occidentali. Liang Wenfeng, con un passato da studente all’Università di Zhejiang e un presente da visionario dell’intelligenza artificiale, ha capito che il vero vantaggio competitivo della Cina non sono i soldi, ma la capacità di aggirare gli ostacoli, di pensare fuori dagli schemi, di fare molto con poco.
Eppure, DeepSeek non è priva di controversie. Come tutte le aziende cinesi, deve fare i conti con le pressioni del governo, che non perde occasione per usare la tecnologia come strumento di controllo e propaganda. Il modello di DeepSeek integra meccanismi di censura che impediscono discussioni su argomenti sensibili come le proteste di Piazza Tiananmen o l’indipendenza di Taiwan. Una mossa che ha attirato critiche, ma che, paradossalmente, non ha frenato il successo dell’app, nemmeno negli Stati Uniti.
Questo episodio segna un punto di non ritorno. Non si tratta più di chiedersi se la Cina supererà gli Stati Uniti nella corsa tecnologica, ma quando. DeepSeek ha dimostrato che il futuro non appartiene a chi ha più risorse, ma a chi sa usarle meglio. E ha fatto crollare il mito di un capitalismo americano efficiente e meritocratico, mostrando che dietro la facciata scintillante si nascondono oligarchie protette e un sistema che premia i pochi a scapito dei molti.
Per decenni, gli Stati Uniti hanno imposto al mondo la loro visione dell’economia e della tecnologia, spacciandola come modello universale. Ma il trionfo di DeepSeek è la prova che esistono altre strade, altre visioni, altri modi di costruire il futuro. E che, forse, il vero gigante dai piedi d’argilla è proprio l’Occidente.