I fischiettatori | di Marco Travaglio
Avevamo previsto come sarebbe finita la guerra in Ucraina, ma anche la reazione dei guerrapiattisti alla resa dei conti: fischiettano tutti come se i fatti non sbugiardassero proprio loro.
Avevamo previsto come sarebbe finita la guerra in Ucraina, ma anche la reazione dei guerrapiattisti alla resa dei conti: fischiettano tutti come se i fatti non sbugiardassero proprio loro.
Se non ci fossero almeno un milione fra morti e mutilati, la guerra in Ucraina sembrerebbe puro cabaret.
Trump vuole chiudere la guerra NATO-Russia. Il “Partito della Guerra” fomenta crisi e attentati per impedirlo, spingendo verso un’escalation pericolosa.
Giornali uniti contro il governo non per povertà record o stipendi ai ministri, ma per il taglio dei fondi pubblici alla stampa: libero mercato a parole, non nei fatti.
Rassegna stampa satirica di Marco Travaglio: una sferzata di sarcasmo sulle notizie della settimana
Il Centro è l’Rsa dei politici a fine mandato. Sala, Ruffini e co. si riciclano tra lotte interne, progetti vaghi e pochi elettori. Più leader che consensi.
L’Ucraina arretra, l’opinione pubblica è stanca della guerra, mentre UE e NATO insistono con fondi e armi, ignorando negoziati e il calo del consenso a Zelensky.
L’AI ne inventa una più grossa dell’altra: prima Meloni e Musk che limonano, poi un surreale dibattito Schlein-Annunziata a Dimartedì. Peccato fosse vero.
“Terrorista” è un’etichetta politica variabile: gli amici si autodeterminano, i nemici no. I crimini occidentali restano impuniti, quelli degli altri no.
L’Occidente esulta per la caduta di Assad ignorando che il nuovo califfato jihadista ci odia più di prima. Caos globale: tutti perdono e sono cattivi.
Rassegna stampa satirica di Marco Travaglio: una sferzata di sarcasmo sulle notizie della settimana
In Romania, il candidato nazionalista Georgescu vince il primo turno, ma UE e USA gridano ai brogli russi via TikTok. Si rivoterà finché non vince chi vogliono loro.
Belìn, Grillo è fuori controllo: insulta Conte, si becca 300 mila euro l’anno per non fare un cazzo, chiede di rivotare e poi dice di non votare.
Gruber e Guerzoni mostrano il declino del giornalismo italiano, incapaci contro un Travaglio lucido e documentato, simbolo di verità e indipendenza.
di Marco Travaglio Tutti sanno con quale trasporto seguiamo Alessandro Giuli nella sua resistibile ascesa politica (dal Foglio al museo Maxxi al ministero della Cultura), accademica (l’esame di Teoria delle dottrine teologiche, 30 sine laude) e pure tricologica (i favoriti alla Asimov). Ma ci era sfuggita la sua audizione alla Camera, dove ha illustrato da par suo le linee guida della Cultura nell’Era Post-Sangiuliana: un prezioso scampolo di prosa recitata che dobbiamo al collega collezionista Felice Florio di Open ed è già reperto d’epoca. Acchittato con tanto di panciotto, il Giuli avverte gli astanti che sarà “un po’ teoretico”. In senso anafestico, direbbe il conte Lello Mascetti, suo spirito-guida. Infatti parte il tarapia tapioco con scappellamento a destra: “La conoscenza è il proprio tempo appreso con il pensiero. Chi si appresta a immaginare un orientamento per l’azione culturale e nazionale non può che muovere dal prendere le misure di un mondo entrato nella dimensione compiuta della tecnica e delle sue accelerazioni”. Come fosse Antani, appunto. “Di fronte a questo cambiamento di paradigma – la quarta rivoluzione epocale della storia delineante un’ontologia intonata alla rivoluzione permanente dell’infosfera globale – il rischio che si corre è duplice e speculare”. E cum fuochi fatui, peraltro: “L’entusiasmo passivo, che rimuove i pericoli della ipertecnologizzazione, e per converso l’apocalittismo difensivo che rimpiange un’immagine del mondo trascorsa, impugnando un’ideologia della crisi che si percepisce come processo alla tecnica e al futuro intese (sic, ndr) come minaccia”. Non sia mai. Qui il Giuli si fa una domanda: “Siamo dunque precipitati nell’epoca delle passioni tristi?”. E, mentre i deputati superstiti trattengono il fiato, si dà subito una risposta: “No”. Ah, meno male, sennò erano cazzi. “Fare cultura è pensare sempre da capo e riaffermare continuamente la dignità, la centralità dell’uomo… non l’algoritmo… In questa prospettiva è un’illusione ottica pensare a una distinzione di categoria o, peggio, a una contrapposizione tra culture scientifiche e umanistiche. Come in una disputa tra un fronte culturale progressista e uno conservatore. Dialettica errata”. E qual è quella giusta? “Si tratta di pensare Pitagora, Dante, Petrarca, Botticelli, Verdi, insieme con Leonardo da Vinci e Galilei, Torricelli, Volta, Fermi, Meucci e Marconi”: un bel frullato per “rifarsi a questa concezione circolare”. Alla parola “circolare”, torna in mente il vigile urbano di Amici miei, che tentava di multarli e gli altri per abuso di clacson, finché il Mascetti lo neutralizzò con la supercazzola brematurata. Ignaro del fatto che, un giorno, sarebbe diventato ministro. E avrebbe fatto rimpiangere Sangiuliano. Il Fatto Quotidiano, 9 ottobre 2024
di Marco Travaglio Chissà se le migliori gazzette d’Occidente noteranno la macabra comicità della nota emessa ieri dal Servizio segreto militare ucraino Gur insieme al video di un uomo che esplode per una bomba sotto la sua auto: “Il 4 ottobre, intorno alle 7 del mattino, nella zona temporaneamente occupata di Energodar, un’auto che trasportava un criminale di guerra, il ‘capo della sicurezza’ della centrale nucleare di Zaporizhzhia, Andriy Yuriyovych Korotkyy, è esplosa… Dopo la presa della centrale, Korotkyy ha collaborato volontariamente con gli invasori russi, ha fornito loro gli elenchi dei dipendenti della stazione con i loro dati personali, indicando i cittadini filoucraini. Ogni criminale di guerra riceverà una giusta punizione”. Più che una nota, un volantino di rivendicazione tipico delle organizzazioni terroristiche: solo che il Gur è un pilastro della celebre “democrazia” ucraina, addestrato, finanziato e armato da Usa, Nato e Ue per combattere al posto nostro il regime autocratico e terroristico di Russia in difesa del mondo libero e del diritto internazionale. La narrazione era già piuttosto ridicola fino all’altroieri, visti i dieci anni di guerra civile nel Donbass e soprattutto degli atti terroristici perpetrati dai Servizi e dagli squadroni della morte ucraini in giro per il mondo: l’esplosione dei gasdotti russo-tedeschi Nord Stream 1 e 2 a opera di un incursore ucraino ricercato da Berlino, fuggito in Polonia e di lì a Kiev su un’auto diplomatica dell’ambasciata a Varsavia; gli assassinii a Mosca di Darya Dugina, figlia di un filosofo filoputiniano (autobomba) e dell’ex deputato socialista ucraino Ilya Kiva, espulso e condannato per tradimento dopo aver criticato Zelensky anche per la tossicodipendenza (colpo alla testa); l’assassinio a San Pietroburgo del blogger ucraino filorusso Vladen Tatarsky (statuetta esplosiva); l’attentato allo scrittore e politico nazionalista russo Zakhar Prilepin, ferito e mandato in coma dall’esplosione della sua auto vicino Mosca; gli omicidi di giornalisti “propagandisti”, cioè sgraditi al regime, rivendicati a maggio dal capo del Gur Kyrylo Budanov; il sostegno a gruppi jihadisti legati a Isis e al Qaeda in Niger, Mali e Burkina Faso, vantato a luglio dal portavoce del Gur in funzione anti-Wagner. Ma i terroristi di Stato ucraini avevano sempre colpito oltre confine. Ora si fanno gli attentati in casa: anziché star lì a perder tempo per arrestare e processare i presunti collaborazionisti, li fanno esplodere direttamente. Fortuna che l’Ucraina sta con i Buoni e infatti entrerà nell’Ue e nella Nato, mentre la Russia capeggia i Cattivi e infatti il Parlamento europeo la definisce “Stato terrorista” e Putin ha un mandato di cattura internazionale. Sennò poi uno chissà cosa va a pensare. Il Fatto Quotidiano, 5 ottobre 2024
I media si ingegnano per non chiamare “invasione” l’attacco di Israele in Libano, preferendo definirlo una simpatica “incursione” o una “deterrenza”.
Ferrara, fondatore di un giornale finanziato da chi non lo legge, non capisce le vignette su Netanyahu. Forse la verità gli dà fastidio, o peggio, non può ammetterla.
Travaglio critica Netanyahu per ripetere gli errori del passato con il Libano, ricordando le guerre fallite del 1982 e 2006 che rafforzarono il terrorismo anziché sconfiggerlo.
L’editoriale di Marco Travaglio esamina le affermazioni di Giovanni Toti riguardo al patteggiamento e alle sue implicazioni legali.
Il Pd vota contro il paragrafo che autorizza l’uso di armi in Russia, ma poi approva l’intera risoluzione che lo include, mostrando incoerenza e ipocrisia politica.
Conte e Grillo si fanno la guerra nel M5S: Conte vuole rifondare, Grillo vuole il controllo. Nessuna differenza di programma, solo ego in collisione.
Italia isolata in Europa, dicevano. Poi Fitto diventa commissario e pure vicepresidente. Pd e Meloni votano insieme, mentre i sondaggi premiano sempre il governo.
Rassegna stampa satirica di Marco Travaglio: una sferzata di sarcasmo sulle notizie della settimana
Draghi si incontra con Marina Berlusconi e Letta: politica? No, solo chiacchiere “innocue”, e intanto il governo Meloni potrebbe già tremare.
La legge Nordio abolisce l’abuso d’ufficio, riabilita migliaia di condannati e apre la strada a nomine legate a interessi personali senza conseguenze legali.
Il governo Meloni è una farsa grottesca, con ministri che fanno gaffe assurde e un’esecutivo che si autodistrugge senza bisogno di complotti. Ridicoli, non fascisti.
Gli elettori tedeschi bocciano governo e UE, premiando AfD e Wagenknecht. Ma tranquilli, i soliti geni pensano che il problema sia il popolo, non loro.
Rassegna stampa satirica di Marco Travaglio: una sferzata di sarcasmo sulle notizie della settimana
Scissione nel M5S sembra certa: Grillo contro Conte per riprendere il controllo e tornare ai valori originari, con vecchi leader pronti a rientrare in gioco.