Guerra in Siria: effetti geopolitici e il ruolo di Israele
La guerra in Siria favorisce Israele e Turchia, indebolisce Iran e Russia e alimenta il caos geopolitico con obiettivi espansionisti e manipolazioni occidentali.
La guerra in Siria favorisce Israele e Turchia, indebolisce Iran e Russia e alimenta il caos geopolitico con obiettivi espansionisti e manipolazioni occidentali.
L’Occidente fallisce nelle guerre, alimenta il caos e i jihadisti. Una lobby della guerra domina, ma solo una lobby per la pace può fermare l’autodistruzione.
Puma cede alla pressione del BDS e abbandona Israele, ma Erreà subentra come sponsor dell’IFA, rischiando un boicottaggio per complicità con un regime genocida.
Un anno dopo, i memoriali per gli attacchi del 7 ottobre utilizzano arte, realtà virtuale e turismo macabro per alimentare il sostegno alla violenza senza limiti. Ma c’è un altro modo di ricordare.
I media si ingegnano per non chiamare “invasione” l’attacco di Israele in Libano, preferendo definirlo una simpatica “incursione” o una “deterrenza”.
Israele mostra forza militare e arroganza morale nel conflitto libanese, vincendo sul campo ma perdendo legittimità internazionale con una brutalità senza limiti.
Travaglio critica Netanyahu per ripetere gli errori del passato con il Libano, ricordando le guerre fallite del 1982 e 2006 che rafforzarono il terrorismo anziché sconfiggerlo.
Con l’esplosione dei cercapersone in Libano sono stati colpiti non solo gli hezbollah, ma anche molti civili. Questo non è terrorismo?
Israele scatena violenza in Medio Oriente, spinto dall’impunità politica. Hezbollah resiste, e Nasrallah avverte che senza pace a Gaza, il conflitto non si fermerà.
Le esplosioni detonate a distanza sono state “spericolate” e indiscriminate, ha sostenuto l’ex collaboratore della NSA.
Washington afferma di non sapere nulla dell’attacco senza precedenti con pager-bomba, ma il suo sostegno incondizionato l’ha reso possibile
Israele colpisce il Libano con cercapersone esplosivi, causando vittime civili. L’attacco evidenzia l’uso della globalizzazione come arma di guerra.
Ancora una volta, in perfetto stile orwelliano le aggressioni belliche vengono giustificate retoricamente e propagandisticamente come se motivate da ragioni di sicurezza.
Israele colpisce il Libano con esplosivi Mossad, causando morti tra civili e bambini. L’Occidente resta in silenzio, complice di un atto di terrorismo di stato.
di Elena Basile Giacomo Gabellini, ricercatore e stimato autore di numerosi libri di geopolitica, ha intervistato l’ex colonnello dell’intelligence svizzera Jacques Baud sul suo canale Youtube ed è stato censurato. Baud è un politologo e scrittore che da anni pubblica saggi di successo sui conflitti in corso alla frontiera orientale dell’Europa e in Medio Oriente. Appare raramente sui media più ascoltati e letti dal largo pubblico in quanto porta avanti una critica documentata della politica statunitense e Nato. Smaschera con prove raramente attaccabili le menzogne della propaganda. Se il libero pensiero scompare anche dai social l’obiettivo della disinformazione totale dei cittadini occidentali sarà interamente raggiunto. Nelle società cosiddette autocratiche si ha contezza che i media e la stampa siano uno strumento del potere. Un russo, un cinese, un turco leggono con beneficio di inventario la stampa nazionale. L’operazione riuscita in Occidente, che fa comprendere come il sogno distopico di Orwell si realizzi con velocità sorprendente, è data dalla fiducia inculcata nella maggioranza della società civile di vivere in Paesi liberi, governati dallo Stato di diritto, in uno spazio mediatico che rispecchia la libera espressione. Vorrei riassumere gli argomenti oggettivi che da tempo illustro per confutare questa falsa sicurezza nostrana. L’ex rappresentante della Politica estera dell’Ue, Borrell, ha stabilito che in Europa non vi sia libero accesso ai media russi. La censura è stata giustificata con l’intento di voler proteggere i cittadini europei dalla disinformazione del nemico. Sappiamo bene che questo è stato ed è l’alibi delle dittature. A esso le nostre più alte cariche istituzionali si sono adeguate, biasimando in numerose occasioni la società civile italiana di farsi plagiare dai cosiddetti filo putiniani. L’epiteto è stato riservato a tutti gli analisti che nell’esame del conflitto russo-ucraino hanno illustrato le dinamiche risalenti agli anni Novanta in grado di provare l’espansionismo strategico e offensivo della Nato nei confronti di Mosca. La maggior parte di questi analisti non ha avuto accesso alle testate e reti che hanno gli indici di ascolto più elevati. Alcuni sono stati diffamati, querelati e linciati pubblicamente con menzogne evidenti. Su Corriere e Repubblica la sottoscritta è stata definita “pseudo ex ambasciatrice”. Basta una semplice ricerca in Internet per verificare come questo insulto diffamante sia una oggettiva menzogna. Con riferimento al conflitto israelo-palestinese si è fatto di peggio. Gli analisti non inclini a giustificare l’occupazione e lo sterminio di innocenti a Gaza quale operazione della civiltà contro la barbarie e come conseguenza del diritto di Israele a difendersi sono stati considerati antisemiti, in alcuni casi querelati per istigazione all’odio. È vero, negli spettacoli televisivi (non li chiamerò programmi come qualcuno vorrebbe) dedicati alla politica vengono ammessi in netta minoranza due, tre, quattro voci del dissenso, molto caratterizzate che servono soltanto a infondere negli spettatori (non sono ascoltatori) l’illusione che tutte le opinioni siano rappresentate. Naturalmente il dissenso ammesso è implicitamente denigrato, deriso. Passa il messaggio subliminale in molti casi che gli analisti fuori dal coro siano cabarettisti, incompetenti, non degni di attenzione da parte dei cittadini perbene e moderati. Le quattro agenzie di stampa internazionali copiano molte volte le veline diffuse dai servizi occidentali e i giornali con copia e incolla diffondono il verbo utilizzando le stesse espressioni. Se confrontate Corriere o Repubblica con La Libre Belgique, Le Monde e persino The Guardian, vedete assonanze inquietanti. Lo stesso accade con poche eccezioni in radio e tv, Rai News, La7 recitano il catechismo caro ai media europei. I pochi consapevoli dello stato abietto dell’informazione occidentale sono costretti a ricercare le notizie in Rete, tv indipendenti, youtuber competenti che intervistano personaggi scomodi da Mearsheimer a Chomsky, a Ilan Pappé, a Moni Ovadia, a Jeffrey Sachs, a Baud, al colonnello Mc Gregor, a ex diplomatici britannici e statunitensi ignoti alle audience dei conduttori di grido europei. Si tratta di una minoranza di autori e utenti consapevoli che non cedono al linguaggio stereotipato e semplificato, alla retorica in base alla quale Biden è un illustre e puro statista mentre Putin o Xi terribili dittatori assetati di sangue, l’Ucraina una democrazia che difende la libertà occidentale e altri luoghi comuni venduti senza vergogna anche da persone colte, istruite, editorialisti stimabili all’opinione pubblica. Ecco perché la notizia della censura a Gabellini mi ha colpito. L’ossigeno si assottiglia.
Netanyahu, con l’uccisione del capo politico di Hamas, rivela la brutalità della sua politica coloniale verso i palestinesi, mentre la verità sul sionismo emerge globalmente.
L’obiettivo dei criminali israeliani è aprire un nuovo fronte in Libano, perpetuando il conflitto senza prove concrete. Con il supporto degli Stati Uniti, Netanyahu e Gallant dichiarano guerra a Hezbollah, mentre le provocazioni di Erdogan e le minacce di Katz aggravano la situazione.
A giudicare dalla reazione scomposta dei Super Sionisti del Foglio, il boicottaggio dei prodotti israeliani, fra gli strumenti utilizzabili per convincere Israele a rispettare il diritto internazionale, è dei più temuti. Perché funziona, come informa il movimento Bds.
Il Congresso USA sanziona la CPI per proteggere Netanyahu e Gallant, mentre Israele acquista caccia F-35 dagli USA, continuando i crimini contro l’umanità.
Quando pensiamo che il giornalismo italiano non possa scendere ancora più in basso arriva La Repubblica. Questo fanno per supportare la linea del giornale, linea oscenamente pro-Israele. Poi si lamentano del crollo delle vendite…
Rushdie critica Hamas e i progressisti occidentali; Žižek vede le politiche israeliane come causa della radicalizzazione palestinese e chiede il riconoscimento dello stato palestinese.
Israele ha bombardato le tende degli sfollati a Rafah, vicino ai magazzini dell’UNRWA. Si stimano centinaia di morti e mutilati. L’orrore, trasmesso in diretta, rischia di essere accettato passivamente.
Mara Carfagna difende Netanyahu, ignorando i massacri di palestinesi e criticando la Corte penale internazionale, mostrando idiozia e immoralità nel suo ragionamento.
Il sostegno allo stato ebraico è ai minimi storici. Hamas, invece, oggi è più popolare che mai in tutto il mondo arabo, a eccezione forse proprio di Gaza. Non c’è da rallegrarsi di questa situazione
Travaglio critica l’incapacità dei leader attuali di risolvere il conflitto israelo-palestinese, evidenziando la mancanza di statisti come Mandela e de Klerk.
Alessandro Orsini descrive la situazione in Palestina in termini di strategie intenzionali di Benjamin Netanyahu, il quale, secondo Orsini, non mira semplicemente a contrastare Hamas a Rafah, ma a compromettere l’intera nozione di uno Stato palestinese
Alessandro Orsini affronta il tema del terrorismo, mettendo in luce la distinzione tra il terrorismo di Stato e quello degli attori non statali, in seguito all’attacco dell’Isis a Mosca.