Quando, nel 1546, Martin Lutero si spense, l’unità della Chiesa Occidentale era infranta per sempre e il popolo tedesco aveva imparato il gusto della libertà: un fantasma che l’ex monaco agostiniano invano s’era sforzato di esorcizzare con le armi dei Principi.
di Fabio Fiorentini
Il 13 settembre ed il 18 ottobre 1517, papa Leone X, angustiato da gravissimi problemi finanziari causati dall’eccessiva prodigalità del suo predecessore Giulio II, privo persino delle somme necessarie per condurre a termine la basilica di S. Pietro, concedeva, con regolare bolla pontificia, la remissione piena dei peccati di tutti coloro che avessero compiuto le opere prescritte per il Giubileo o, in caso d’impossibilità, avessero versato una elemosina a favore del compimento della basilica romana.
Tale campagna, svolta in Italia in maniera lieve ed accolta dai Cristiani con un certo scetticismo, fu organizzata in Germania in maniera quanto mai precisa ed accurata, dato che dalla ricca terra tedesca il Pontefice si aspettava i maggiori redditi ed i migliori risultati.
Alberto di Brandeburgo, arcivescovo di Magonza, aveva assunto la direzione di questa impresa, garantendo a Roma un grande successo finanziario; Giovanni Teztel, noto monaco domenicano della città, era divenuto l’infaticabile promotore e banditore delle nuove indulgenze.
Nell’ambiente rilassato e corrotto dell’alto clero tedesco di quel tempo, l’iniziativa del Papa aveva trovato una vasta risonanza; alti prelati, monaci, parroci si erano dati con entusiasmo al triste mercato, svisando completamente quelle che erano state le reali intenzioni di Leone X e ricavando dal commercio spirituale forti proventi. Con leggerezza estrema, mal guidati e mal consigliati, i Cristiani di Germania si recavano nelle chiese, portando l’obolo con il quale si pagavano la vita eterna. La situazione divenne oltreché grottesca, scandalosa quando furono addirittura fissate delle tariffe per le persone e per i peccati: i nobili d’alto lignaggio, gli alti prelati pagavano l’assoluzione 25 fiorini d’oro; i baroni ed i sacerdoti 10 fiorini, i piccoli borghesi 1 fiorino. Il parricidio era tassato per 4 ducati; la sodomia 12 ducati e via enumerando. Persino una delle più grandi aziende bancarie della Germania, la ditta Függer entrò, nella combinazione, incassando le somme previste e rilasciando ai peccatori certificati d’indulgenza!
Contro tale triste mercato si scagliarono tutti i credenti di profonde convinzioni e d’animo retto: i monaci Agostiniani divennero i promotori di una prima serie di proteste: Tra essi un giovane sacerdote insegnante di filosofia e teologia all’università di Wittemberg, stimatissimo dai suoi superiori e dai fedeli, Martin Lutero, insorse con animo sdegnato e il 31 ottobre 1515, festa d’Ognissanti, affisse, come era uso, sulle porte della cattedrale, dove era programmata una predica del domenicano Teztel, 95 tesi o punti sulla scottante materia delle indulgenze, invitando chiunque a rispondervi.
Le tesi del dotto Agostiniano attirarono immediatamente l’attenzione di tutta la Germania; invano Giovanni Teztel aveva cercato di ribatterle con oltre cento antitesi. Le idee del suo oppositore, discusse in chiese, in conventi, tra i fedeli, trovarono sempre più vasti consensi tra i cattolici di tutta la Germania. Esse non infirmavano, almeno per il momento, la fede cattolica; non negavano alle indulgenze il loro reale valore spirituale, ma negavano al pontefice il diritto di concederle; si limitavano solo ad avanzare qualche dubbio sulla loro efficacia, specie quando esse venivano date nella maniera allora usata in Germania.
Il nome di Martin Lutero, fino allora noto solo ad una ristretta cerchia di studenti universitari, di dotti, e di sapienti sacerdoti della sua città, balzò improvvisamente alla ribalta della Storia ed impresse il suo marchio non solo a quel secolo, ma ai successivi.
Nel chiostro
Era nato in Sassonia, ad Eisleben, il 10 novembre 1483 in un’umile famiglia di contadini: il padre era minatore, la madre una modesta donna di casa; i suoi antenati, da diverse generazioni, avevano coltivato le terre di quella regione.
Il giovane Lutero ebbe una fanciullezza misera e triste, sempre assillato dalla povertà e dalla fame. Sin dai suoi primi anni la madre ed i maestri gli instillarono nell’animo un senso religioso profondissimo, basato su un Dio potente e giusto, ma terribile e severo; punitore e vendicatore.
A 14 anni fu mandato a studiare in una vicina città, dove ebbe la fortuna di conoscere la moglie di un ricco e nobile di Eisenach, la quale provò simpatia per l’intelligente e povero ragazzo, l’ospitò nella sua casa e, come spesso avveniva in quel tempo, lo mantenne agli studi sino alla maggior età.
Entrato diciottenne nell’Università di Erfurt, noto centro umanistico, Lutero seguì con passione i corsi di filosofia; ma nemmeno in essi trovò la piena soddisfazione per il suo animo sempre inquieto e turbato da profondi problemi interiori. Finché il 16 luglio 1505 bussava al convento degli Agostiniani, entrandovi come novizio.
Quali le cause di questa improvvisa decisione? Molte; nel cuore del giovane studente si erano combattute lotte violente tra le insidie della carne, accresciute dal suo carattere violento e sanguigno, e il terrore profondo della divina giustizia, pronta a colpire inesorabilmente i peccatori. Nella pace e nell’austera vita del chiostro Lutero cercava un rifugio per la sua anima tormentata, una difesa contro il male del mondo. Ma tale senso di pace, di serenità dovette essere conquistato a costo di continue lotte interne, che squassarono per anni ed anni il suo spirito.
Il noviziato fu un periodo tormentoso e difficilissimo: terribili crisi devastavano l’anima di lui, lasciandolo, come egli stesso ci ha lasciato scritto, quasi svenuto. Si adattò ai lavori più umili; visse in obbedienza, umiltà, sacrificio; solo nella lettura della Bibbia riusciva a trovare un po’ di pace.
Fu un monaco esemplare sotto tutti gli aspetti; nel 1507 ricevette gli ordini religiosi; nel 1508, malgrado la giovane età, fu chiamato dall’Università di Wittemberg come Lettore di Filosofia; nel 1512 diventò dottore. In quegli anni cominciò la duratura amicizia e la profonda stima che ebbe Federico, Elettore di Sassonia, per il monaco, amicizia che doveva tanto influire sulle grandi vicende future della vita del frate agostiniano e dell’intera Germania cattolica.
Divenuto professore titolare della cattedrale di Filosofia, cominciò ad essere notato anche dai suoi stessi Superiori ecclesiastici i quali, nel 1515, lo nominarono Vicario Distrettuale dell’ordine degli Agostiniani, carica che Lutero coprì con profondo senso di responsabilità, acutezza ed equilibrio, dottrina religiosa, formandosi idee e concetti assai acuti, che presto si riveleranno a pieno nella sua dottrina scismatica. Gli studi altissimi, la serena vita religiosa, i gravi problemi di governo che doveva giornalmente affrontare, frattanto, avevano dato allo spirito del monaco quell’equilibrio, quella pace a cui aveva tanto anelato. E con la serenità e l’equilibrio entrò nell’animo di Lutero una grande fiducia in se stesso, nelle sue possibilità, un notevole senso di orgoglio, una sicurezza ed una fiducia cieca nel proprio giudizio: elementi tutti che contribuirono, di lì a pochi anni, a condurlo sulla strada della rivolta.
Tesi e antitesi
Alle antitesi di Giovanni Teztel, Martin Lutero rispose con altre risoluzioni, alle quali unì una lettera rivolta a Leone X, in cui, tra l’altro diceva testualmente: «Prostrato ai piedi della Tua beatitudine, mi offro a Te con tutto quello che posseggo e sono. Vivificami, uccidimi, chiamani, revocami, approvami, riprovami, come Ti piacerà. Riconoscerò in Te la voce di Cristo che in Te presiede e parla….».
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Pare che Martin Lutero, al quale s’attribuiscono i due celebri versi: «Chi non ama il vino, la donna e il canto, sarà pazzo per tutta la vita», fosse di risposta pronta e tutt’altro che umile. Avveniva che gli rinfacciassero spesso le persecuzioni compiute dai suoi seguaci a spese dei «papisti», come per disprezzo si chiamavano i cristiani rimasti fedeli a Roma; orbene, narra il Cantù, nella sua Storia Universale, che Lutero usasse replicare: «Non sono venuto a portare la pace, bensì la spada».
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Come si vede, nel cuore dell’ardente monaco albergava ancora un profondo senso di devozione, di ubbidienza al romano pontefice, cui chiedeva perdono per aver espresso le sue idee in modo poco chiaro e tale da poter essere male interpretate e causare confusione mentale. Ma le famose «tesi», conosciute ormai in tutta la Germania, erano oggetto non solo di dotte dispute tra sapienti prelati o monaci, nelle ristrette e sicure mura di chiese o conventi; ma, venivano purtroppo, anche apertamente commentate e discusse sui pulpiti delle chiese tenute dai monaci agostiniani, esposte alle attente e compatte folle dei fedeli tedeschi; e questi ultimi mal sopportavano gli scandali che da anni circondavano gli alti ambienti ecclesiastici della loro nazione.
Leone X, però, non si rese subito conto della gravità della situazione e della minaccia incombente sulla Chiesa; considerò la disputa come una delle solite discussioni teologiche tra monaci dei diversi ordini. Quando si accorse del pericolo, era troppo tardi.
Nell’aprile del 1518 gli Agostiniani convocarono ad Heidelberg un convegno per una libera discussione sulle famose «tesi» luterane; Martin Lutero affrontato da cinque dottori, avversato dai Domenicani, suoi incrollabili nemici ed oppositori, uscì dalla disputa come un trionfatore.
La piccola questione delle indulgenze sta diventando la scintilla che farà scoppiare l’aperta ribellione di tutta la Germania alla Chiesa di Roma.
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Tornato da Heidelberg, dove aveva discusso di Scolastica, demolendo Aristotele con le parole di S. Agostino e S. Paolo, Martin Lutero si dimostra profondamente mutato di spirito, pronto ad una lotta ad oltranza, fiducioso orgogliosamente nelle sue capacità: le sue lettere di quel tempo sono la più chiara prova di quest’intima trasformazione.
Leone X non poteva rimanere insensibile a tanto agitarsi di idee: Lutero viene invitato a Roma per rispondere alle accuse di rivolta, e disobbedienza, nel corso di un regolare processo. Con l’aiuto dell’Elettore di Sassonia, però, il viaggio gli viene evitato ed egli si presenta ad Augusta al legato pontificio, cardinale de Vio. Gli si chiede di firmare e pronunciare una sola parola: «Revoco», ossia «Mi ritratto». Ma l’orgoglioso monaco, con intelligente mossa, domanda qualche ora per riflettere: nella notte tra il 20 ed il 21 ottobre fugge da Augusta, lasciando una lettera di ricorso al Pontefice.
Malgrado la sua fuga, Lutero’ non è ancora fuori della Chiesa. Verso la metà del 1519, però, la questione dell’autorità di Roma si spostò dal terreno puramente dottrinale a quello della disciplina ecclesiastica ed infine dell’autorità del pontefice.
L’intera popolazione della Germania, dai nobili ai commercianti, dai contadini ai miserabili abitanti delle città, si dichiara apertamente a favore delle idee rivoluzionarie del monaco di Wittemberg.
La lotta divenne un’aperta ribellione della nazione tedesca contro il potere di Roma. Mentre Lutero si considerava un missionario inviato da Dio per riportare la Chiesa sulla via dell’onestà, della purità, della fede schietta e sincera, e stigmatizzava dai pulpiti la vita corrotta e di peccato condotta dalle alte gerarchie ecclesiastiche in tutta Europa, i Tedeschi sentivano nascere nei loro animi una profonda avversione per l’autorità del Sommo Pontefice, che dalla lontana capitale romana voleva imporre il suo volere a mezzo mondo.
Il 15 giugno 1520 Leone X rispose al monaco agostiniano lanciandogli la bolla di scomunica «Exsurge Domine»; si illudeva di troncare per sempre, con quest’atto di autorità, la nuova ribellione e l’eresia appena sorta. Ma Martin Lutero rispose alla gravissima sanzione ed al rogo dei suoi libri con un rogo ancor più tremendo: il 10 dicembre 1520 dinnanzi al palazzo residenziale dell’Elettore di Sassonia in Wittemberg, bruciava la bolla di scomunica, tra le acclamazioni osannanti di una folla di fedeli seguaci.
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Lo scomunicato divenne, da quel momento, il capo spirituale del più vasto movimento di rivolta mai registrato, da secoli, in seno alla Chiesa di Cristo. Nella dottrina luterana sola fonte di fede doveva essere la Bibbia interpretata con piena libertà da ogni cristiano, secondo il proprio spirito: con essa si negavano i cardini sui quali, per secoli, si era solidamente appoggiata la Chiesa del Cristo. Si negava la necessità del sacerdozio, si distruggeva il principio di autorità della Chiesa in materia dottrinale e civile; si abolivano i sacramenti, eccezion fatta per Battesimo, Penitenza ed Eucarestia, gli unici riconosciuti di istituzione divina. Al triplice «muro di cinta» del potere civile, dottrinale della Chiesa e del Pontefice, Lutero opponeva le sue idee: il potere spirituale è inutile, perché ogni cristiano è il sacerdote di se stesso; le divine scritture hanno un’autorità superiore a quella del Papa; la riunione dei concili non è di esclusiva spettanza dei pontefici. La nuova dottrina, poi, si scagliava violentemente contro il lusso e la dissolutezza nella Chiesa, condannando non solo i prelati, ma tutti i Cristiani rei di tali colpe. Condannava l’usura e i troppo facili guadagni.
Dominato da una forma di fanatismo, l’ex-monaco agostiniano, si scagliava poi, contro l’Umanesimo, considerato come un ritorno alla paganità ed al peccato; contro il Diritto Romano, troppo sottile per le menti quadrate dei suoi concittadini, contro la Chiesa di Roma, che egli considerava un’istituzione illegittima ed arbitraria.
Si vuotano i conventi
In tutta la Germania, frattanto, si aprivano i conventi: monaci e suore ribelli si sposavano, calpestando i sacri voti liberamente espressi; ovunque venivano diffusi libelli diffamatori contro l’autorità del Pontefice, giudicato addirittura come l’«Anticristo». Il popolo tedesco aderiva sempre più compatto alle nuove dottrine, trovando nella nuova religione una costruzione più consona al suo spirito, alle sue tendenze, ed invocava la distruzione di un ordine di cose che per tanti secoli aveva mal sopportato. In tanto ribollire di idee, di propositi, nasceva lentamente, ma sicuramente, la nazione tedesca propriamente detta, con tutti i suoi pregi e tutti i suoi difetti che si dovranno rivelare nel corso dei secoli successivi, e nei rapporti con gli altri stati del mondo.
Il grave sconvolgimento politico-religioso in atto in Germania impensieriva notevolmente non solo la Chiesa, ma anche l’Impero che fino a quel momento si era retto sulle basi della civiltà cristiano-romana. Nel giugno del 1519 era salito sul trono imperiale Carlo V, il fortunato erede dei regni di Castiglia e d’Aragona, d’Austria e del ducato di Borgogna. D’animo profondamente cattolico, legatissimo al pontefice, Carlo avrebbe voluto schierarsi apertamente e violentemente contro le dottrine luterane; ma comprendendo che era assai pericoloso per lui attirare sulla sua persona l’odio dei Tedeschi, tentò un’opera mediatrice tra la Chiesa romana e Lutero. Nei primi mesi del 1521 convocò a Worms una Dieta dei maggiori signori del suo vasto impero; ed inviò l’ex monaco a presentarvisi, garantito da uno speciale salvacondotto; sperava, in tal maniera, di indurre il ribelle a piegarsi dinnanzi alla duplice autorità della Chiesa e dell’Impero.
Il 17 aprile Martin Lutero entrò nella grandiosa aula ove era riunita la solenne assemblea: oltre all’imperatore ed a suo fratello Ferdinando erano presenti sei Elettori di Germania, 24 duchi, 8 margravi, 7 ambasciatori e un numero infinito di conti, baroni, cavalieri, prelati. Per nulla intimorito da sì importante consesso, Lutero difese apertamente e serenamente le sue idee e le sue azioni, dichiarandosi apertamente ribelle all’autorità pontificia.
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Erasmo da Rotterdam, l’autore dell’Elogio della Follia, grande filosofo e umanista dell’epoca, neppure lui molto tenero con il papato, e che però mal tollerava la superbia e il fare altezzoso del riformatore tedesco, si trovò un giorno a parlare col Vicario degli Agostiniani, il quale, ingenuo com’era, ebbe a chiedergli che cosa avesse mai fatto quel «povero Lutero» con cui tutti ce l’avevano. Rispose Erasmo: «Due grossi peccati: ha attentato alla tiara dei Papi e al ventre dei frati».
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Il suo atteggiamento fermo e imperioso, mentre procurò all’ex-monaco altri seguaci, d’altro canto, gli scagliò contro l’ira e l’odio dei numerosi Cristiani decisamente fedeli al Pontefice. Per evitare il pericolo di disordini, l’Elettore di Sassonia, pochi giorni dopo, fece segretamente fuggire da Worms il suo protetto e l’ospitò per dieci mesi, celato sotto il nome di cavalier Giorgio, in un suo castello a Wartburg, in Turingia. In quei mesi di quiete e di serenità, mentre l’intera Germania ribolliva, Lutero tradusse dal greco, pare in appena 60 giorni, l’intero Nuovo Testamento, e lo diede alle stampe, diffondendolo con rapidità incredibile in tutti gli ambienti, in tutte le classi sociali. Ma la lotta ormai aperta e violenta, che in ogni città, in ogni paese tedesco si andava combattendo tra i propugnatori della nuova fede ed i difensori strenui del cattolicesimo, ben presto lo convinse ad abbandonare il suo rifugio.
Fanatici luterani agitavano le folle contro i seguaci della Chiesa di Roma; allievi della prima ora dell’ex-monaco fondavano, qua e là, nuove sette, staccandosi orgogliosamente dal loro maestro; la situazione era ovunque tesa e difficilissima. Lutero l’affrontò coraggiosamente, proclamandosi difensore dei deboli, condannando ogni eccesso ed ogni violenza. Diffonde tra il popolo la sua Bibbia, mentre invita principi e governanti ad aprire scuole per l’educazione del popolo. La gente accorre da miglia e miglia di distanza per udire le sue prediche infervorate, e lo segue ammirata e soggiogata. Ma ben presto il movimento di ribellione e di insurrezione si tramuta da un sovvertimento religioso ad un vero capovolgimento politico.
La guerra dei contadini
Nel 1522 i Cavalieri della Svevia e del Reno, paladini di un nuovo ordinamento non solo spirituale ma specialmente politico, invadono i possedimenti del vescovo di Treviri, mettendo in atto le teorie luterane secondo le quali gli ecclesiastici, come tali, non avevano diritto ad alcun bene di carattere temporale. La rivolta è subito contrastata dai grandi proprietari terrieri di nobile origine, che chiedono ed ottengono l’appoggio di Lutero. I ribelli sono battuti e si disseminano per le campagne, fomentando tra i contadini una ribellione sempre più aperta contro i loro signori. La rivoluzione religiosa voluta da Lutero, che aveva promesso al popolo tedesco un nuovo regime, portava ineluttabilmente, sotto l’opera di violenti estremisti, ad una sanguinosa e terribile guerra sociale che sconvolgerà l’intera Germania.
I contadini, affiancati dagli operai che avevano lasciato le città per partecipare alla rivolta, chiedevano (per la prima volta nella storia della Germania) libertà, autonomia, ed una vita meno miserabile. I signori, naturalmente, respinsero le prime richieste; e quà e là scoppiarono le prime rivolte. Lutero si schierò, sin dall’inizio, a favore dei nobili, e li incitò alla lotta ed alla più crudele repressione. Nel 1525 a Frankenhausen in una violenta battaglia, i ribelli furono sconfitti e sterminati senza pietà. Ma tale atteggiamento di Lutero, gli attirò contro l’odio di moltissimi Tedeschi i quali lo considerarono traditore, e per contrasto si strinsero ancor più saldamente alla chiesa di Roma.
Lutero, resosi conto della necessità di dare ai suoi seguaci un ordinamento saldo e sicuro, organizzò le basi di una nuova chiesa, che fu detta «Protestante». Si fissò una nuova liturgia, si abolirono le feste dei Santi, si costituì una nuova gerarchia ecclesiastica per la predicazione della dottrina nuova, sulla base di due catechismi.
Nel 1525 Martino Lutero sposò una ex-monaca, Caterina Bora e dette ai suoi seguaci l’esempio di una vita che doveva scorrere sui tranquilli binari dell’onestà e della serenità. Nel 1526 nasceva da quest’unione il primo figlio, seguito ben presto da altri quattro.
Con una ferrea disciplina il luteranesimo trovò la forza di resistere ai tanti attacchi che da ogni parte d’Europa le varie leghe cattoliche organizzavano contro la chiesa «protestante» di Germania.
Martin Lutero si spegneva nel 1546, assistito dalla moglie e dai figli che tanto amava; l’unità della Chiesa Cattolica occidentale era spezzata per sempre.
Historia, n.22, Settembre 1959