Per effetto della legge di Bilancio 2025, i lavoratori con redditi da 8.500 euro l’anno perderanno circa cento euro al mese.
Sempre per effetto della legge di Bilancio 2025 però (art.854 , ministri e sottosegretari potranno godere di un “fondo spese” aggiuntivo di 500 mila euro.
Questi del governo Meloni stanno facendo danni, danni gravi. E nessuno sembra accorgersene.
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di Roberto Rotunno
Per effetto della legge di Bilancio 2025, i lavoratori con redditi da 8.500 euro l’anno perderanno circa cento euro al mese. Il governo ne è consapevole almeno dal 6 novembre. In quella data, infatti, l’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb) ha presentato in audizione una serie di simulazioni che confrontavano le buste paga del 2024 – con il vecchio sistema della decontribuzione – e quelle del 2025: ne emergeva una significativa perdita in quella fascia di reddito e non solo. Anche intorno ai 15 mila euro in determinate condizioni – per esempio per i lavoratori impiegati solo per sei mesi all’anno – era evidente lo stesso effetto paradossale.
Una sostanziale conferma dell’allarme lanciato dalla Cgil e dal suo Consorzio Nazionale Caaf in questi giorni. Le soglie critiche sono più di una e, per quanto si parli di casi molto specifici, avranno un impatto significativo sul bilancio di tante famiglie. Per mesi, invece, il governo ha continuato a descrivere la stabilizzazione degli effetti del precedente taglio del cuneo contributivo come un’operazione che avrebbe alzato gli stipendi di tutti i lavoratori con redditi fino a 40mila euro, senza fare alcun riferimento alle eccezioni. La realtà era un’altra: l’aumento lo vedrà solo chi ha redditi tra i 35mila e i 40mila euro. Per tutti quelli sotto i 35 mila euro, invece, ci saranno quasi sempre perdite di qualche euro al mese, e come detto in alcuni casi più particolari la beffa varrà addirittura fino a 1.200 euro l’anno.
Ricapitoliamo: come è possibile che chi già guadagna poco perda così tanto in busta paga? Il motivo è che la decontribuzione in vigore nel 2023 e 2024, cioè lo sconto di sette punti sui contributi Inps a carico dei lavoratori, aveva per loro prodotto un doppio vantaggio. Il primo dipendeva dal taglio stesso dei contributi; il secondo dal fatto che, grazie a quel taglio, il loro reddito superava la soglia di 8.145 euro che è il minimo per ottenere i 100 euro al mese di trattamento integrativo. Si tratta dell’ex “bonus Renzi” da 80 euro, aumentato appunto a 100 euro dal governo Conte II. In quella fascia si otteneva dunque un beneficio annuo di oltre 1.700 euro.
Un privilegio eccessivo rispetto al risparmio ottenuto dalle altre fasce di reddito, secondo il governo. Che, nel rendere strutturale la riduzione del cuneo che altrimenti sarebbe scaduta a fine 2024, ha deciso di aggiustare la “distorsione” eliminando il vantaggio sproporzionato. E causando così un doppio svantaggio. In quella fascia ora si perdono oltre 500 euro di decontribuzione e i 1.200 euro di “bonus Renzi”, mentre il nuovo bonus previsto dalla manovra ne vale solo 500. Il governo di centrodestra non ha ritenuto di apportare correttivi durante il passaggio parlamentare, che pure non avrebbero richiesto uno sforzo finanziario sostanziale.
Come detto, l’Ufficio parlamentare di bilancio – che è un organo tecnico indipendente – aveva evidenziato penalizzazioni anche per altre ristrette fasce di reddito. Per esempio i lavoratori con redditi poco sotto i 15mila euro e impiegati per sei mesi all’anno. In generale, l’Upb aveva stimato in circa 800mila le persone che otterranno una perdita non trascurabile nel passaggio dalla decontribuzione del 2024 al nuovo cuneo fiscale del 2025.
Tirando le somme, l’operazione del governo Meloni ha centrato l’obiettivo di sostituire la decontribuzione, che causava minori entrate all’Inps, con un bonus fiscale, e di renderla strutturale. E ha reso l’intervento più equo perché il nuovo bonus è calcolato in base a tutti i redditi e non solo quelli da lavoro: chi ha uno stipendio basso ma importanti rendite sfora quindi la soglia e non riceve il beneficio. In parallelo però ha condannnato alcune fasce di reddito già di per sé molto basse a perdite importanti.
Il Fatto Quotidiano, 30 gennaio 2025