Giuseppe Conte: Il caso Almasri? Un grande piano di distrazione di massa organizzato da palazzo Chigi

Giuseppe Conte parla a tutto campo, ma prima insiste con una sua convinzione: che la reazione del governo al caso Almasri, e le polemiche che ne sono seguite, siano parte di un grande piano di distrazione di massa organizzato da palazzo Chigi.

La spinta di Romano Prodi per una vera coalizione politica, la proposta di Dario Franceschini per un accordo elettorale che fermi le destre, lo scontro del governo Meloni con le toghe. Giuseppe Conte parla a tutto campo, ma prima insiste con una sua convinzione: che la reazione del governo al caso Almasri, e le polemiche che ne sono seguite, siano parte di un grande piano di distrazione di massa organizzato da palazzo Chigi.

E quale sarebbe lo scopo di Meloni?

«Distogliere l’attenzione dalla situazione drammatica che stiamo attraversando. Gli italiani si stanno impoverendo con il caro bollette, le imprese devono sostenere rincari energetici per miliardi, sta esplodendo la cassa integrazione, abbiamo 22 mesi consecutivi di calo della produzione industriale e la crescita si è fermata, nonostante i soldi del Pnrr che abbiamo portato noi. Possiamo dirlo, questo si sta rivelando il governo più incapace degli ultimi decenni. Ma è anche il più indecente: nulla per i più deboli, mentre hanno aumentato i fondi per gli stipendi di ministri e sottosegretari».

Sarà, ma allora perché il Paese sembra ancora incantato e per i sondaggi Fdl è ancora in alto?

«Perché insieme alle difficoltà cresce fortissima anche la loro propaganda. Hanno occupato tutti i mezzi di informazione, hanno dalla loro quasi tutti i giornali, controllano da Mediaset alla Rai. Ma la realtà piano piano viene fuori».

Tra i diversivi c’è anche la guerra alle toghe?

«Certamente. Per eliminare il controllo di legalità stanno organizzando una torsione autoritaria del nostro sistema giovandosi dell’appoggio di buona parte del sistema mediatico».

In un altro Paese quello che è successo ad Almasri avrebbe portato come minimo alle dimissioni del ministro della Giustizia per la sua inazione. Invece il governo si rifiuta di venire persino a fornire la sua versione dei fatti in Parlamento. Almeno su questo l’opposizione è unita. Che idea si è fatta?

«La Meloni è in fuga dal Parlamento perché anche sul caso Almasri ha mentito, si sono contraddetti più volte perché sono in grave difficoltà. Continueremo a insistere perché Meloni venga in Parlamento a spiegare perché lei, donna e madre, ha rimpatriato, con l’onore di un volo di Stato, un boia accusato di omicidi e persino di stupri su bambini di cinque anni. D’ora in poi Meloni sarà complice morale di Almasri e si porterà sulla coscienza i crimini che questo figuro commetterà in Libia».

Si è scatenata una guerra mediatica e politica personale contro il procuratore Lo Voi, una “toga rossa”, per un atto dovuto. Anche lei fu indagato quando era a palazzo Chigi. Lo Voi poteva far finta di niente di fronte all’esposto di Li Gotti?

«Quello della procura di Roma è un atto dovuto, anche a me è stato notificato più di una volta, peraltro a seguito di esposti di Fratelli d’Italia, e non ho mai fatto nessuna buffonata come ha fatto Meloni. E poi Lo Voi è della corrente più a destra della magistratura, è noto, ed è stato proposto da Berlusconi per Eurojust».

Non c’è uno scontro governo-magistratura causato dalla separazione delle carriere?

«Finiamola con questa narrazione. Qui l’unico scontro è fra il governo e il codice penale: da Delmastro a Santanchè e adesso anche Meloni, Nordio, Piantedosi, Mantovano. Attaccano i giudici ma proteggono Santanchè che ha truffato sui fondi Covid, è sconcertante».

Romano Prodi, su Repubblica, ha invitato i leader del centrosinistra a non rinunciare all’idea di un’alleanza con un programma comune. Come risponde?

«Che rispetto la storia del Pd, che ha sempre espresso questa “vocazione testardamente unitaria”. E il M5S è in prima linea a costruire un progetto politico alternativo a questo governo, ma anche la storia e l’identità del M5S vanno rispettate. Il confronto con le altre forze è possibile solo in un quadro di chiarezza e di coerenza».

Non esistono punti in comune?

«Con il Pd di Schlein ci siamo finalmente ritrovati sul salario minimo, sulla riduzione dell’orario di lavoro, sull’autonomia differenziata, sui congedi parentali…».

Anche sulla sanità pubblica…

«Qui c’è da chiarirsi. Non basta chiedere più soldi per la sanità, dobbiamo anche allontanarci da una gestione regionale del passato, in parte affidata alla sinistra, costellata da inefficienze, sprechi e occupazione clientelare. E ci sarebbe molto da dire anche sul Salva-Milano e sul consumo di suolo».

C’è una base per costruire una proposta di governo?

«Al momento ci sono dei punti in comune ma anche questioni fondamentali che ci dividono. La pace, ad esempio, per noi è dirimente mentre il Pd ha sposato, con la maggioranza di governo, una linea di sostegno incondizionato anche militare all’Ucraina e persegue l’isolamento della Russia. Noi, al contrario, abbiamo sempre pensato che l’unica alternativa al disastro totale sia la trattativa».

Sulla scelta fra Trump o Biden lei non si era voluto esprimere. Ha cambiato idea?

«Sull’alternativa Biden-Trump mi ero riservato di giudicare sui fatti. E, come ieri ho criticato la politica estera di Biden, dall’Ucraina a Gaza, oggi considero inquietanti alcune posizioni di Trump, mentre plaudo alla tregua in Medio Oriente».

Quali posizioni di Trump sono inquietanti?
«Considero irricevibile la richiesta di portare al 5% le spese militari dei Paesi Nato e, in generale, la guerra dei dazi. Il tema rimane sempre la subalternità, che anche la Meloni ha sposato completamente. Cosa fa adesso gli atlantisti genuflessi che sono un pò dappertutto, anche nel Pd? Prendono atto che l’America non è più il faro della democrazia? E la Meloni, di fronte ai dazi di Trump, ora cosa farà? Correrà con il cappello in mano dalla Cina a pregarla di firmare l’accordo sulla via della seta che lei stessa ha stracciato?».

Dario Franceschini ha proposto un’alleanza “light”, un accordo solo per i collegi uninominali e poi ciascuna forza sarebbe libera di correre da sola sul proporzionale. La convince?

«È una proposta che guardo con attenzione, perché è un tentativo di rendere compatibili le differenze. L’importante è condividere l’obiettivo di porre al centro dell’azione politica il cambiamento della società».

Insisto allora su Prodi, dice che è cinico presentarsi con un’alleanza solo per vincere le elezioni. Come risponde?

«Che ci stiamo confrontando e ci sono dei terreni in comune. Ma sarebbe ancora più cinico presentarsi in coalizione ed esibire una unità fittizia senza misurarsi concretamente anche sulle questioni che ci dividono. Sarebbe una finta alleanza che si sfalderebbe il giorno dopo le elezioni».

La Repubblica, 2 febbraio 2025

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