La grazia presidenziale come strumento di silenzio politico
Joe Biden, tra nepotismo e strategia, grazia il figlio Hunter, svelando intrecci tra potere, Ucraina e controllo mediatico per consolidare l’impero globale.
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Google Chrome al centro di una battaglia antitrust negli USA: il futuro del web e del monopolio digitale potrebbe cambiare con regole più eque per i dati.
L’invasione Usa dell’Iraq del 2003 ha destabilizzato il Medio Oriente, alimentato il jihadismo e rafforzato l’egemonia di élite globali tramite caos e controllo.
La Georgia affronta proteste simili a Maidan, riflesso di tensioni globali tra Russia e Occidente, mentre rischia di diventare un nuovo campo di battaglia geopolitico.
La Siria, teatro di guerre per procura e tradimenti geopolitici, soffre una crisi umanitaria devastante tra ambizioni globali e caos controllato.
Emmanuel Todd analizza il declino degli USA come parte di una crisi occidentale, tra disuguaglianze, polarizzazione politica e perdita di influenza globale.
Giorgia Meloni è una criminale politica con le mani sporche del sangue di bambini palestinesi, grazie al suo sostegno incondizionato a Netanyahu e al genocidio a Gaza.
Puma cede alla pressione del BDS e abbandona Israele, ma Erreà subentra come sponsor dell’IFA, rischiando un boicottaggio per complicità con un regime genocida.
Un anno dopo, i memoriali per gli attacchi del 7 ottobre utilizzano arte, realtà virtuale e turismo macabro per alimentare il sostegno alla violenza senza limiti. Ma c’è un altro modo di ricordare.
Belìn, Grillo è fuori controllo: insulta Conte, si becca 300 mila euro l’anno per non fare un cazzo, chiede di rivotare e poi dice di non votare.
Meloni e Schlein sostengono un’Europa subalterna agli USA: austerità, riarmo e tagli al welfare. Serve un’alternativa per pace, autonomia e giustizia sociale.
Gruber e Guerzoni mostrano il declino del giornalismo italiano, incapaci contro un Travaglio lucido e documentato, simbolo di verità e indipendenza.
Un racconto tragicomico sull’Italia pandemica: idranti su manifestanti pacifici, obblighi vaccinali forzati e diritti violati, con domande senza risposta.
Notte dopo notte, Gaza subisce un genocidio tra bombe, silenzi occidentali e fanatici che distruggono se stessi e l’umanità, schiava dell’odio e dell’ipocrisia.
La NATO spinge l’escalation, Putin risponde con missili devastanti. Occidente manipola e incolpa; serve diplomazia per fermare questa follia autodistruttiva.
Il saggio The Impact of the Concept of Culture on the Concept of Man di Clifford Geertz esplora il ruolo centrale della cultura nella definizione della natura umana, criticando le visioni universali e tipologiche che cercano di ridurre l’uomo a un modello astratto e immutabile. Geertz sostiene che l’uomo è intrinsecamente incompleto senza la cultura, che funge da meccanismo essenziale per trasformare le sue potenzialità biologiche in espressioni concrete e specifiche. Attraverso un’analisi che abbraccia la complessità della diversità culturale, l’autore evidenzia come ogni cultura plasmi l’individuo, fornendogli simboli, valori e significati che rendono possibile la sua umanità. Il saggio invita a superare le visioni riduzioniste e a comprendere l’uomo non attraverso universali astratti, ma attraverso la ricchezza delle sue manifestazioni culturali. * * * I. Il declino della visione illuministica dell’uomo La prima parte del saggio di Clifford Geertz analizza il declino della visione dell’uomo propria dell’Illuminismo, che considerava l’essere umano come una componente perfettamente integrata nella natura, regolata da leggi universali, immutabili e comprensibili. Questa concezione, influenzata dal razionalismo di Newton e Bacon, immaginava una “natura umana” uniforme, che poteva essere compresa rimuovendo gli strati superficiali delle culture particolari. In questa prospettiva, le differenze culturali venivano viste come semplici variazioni di superficie, incapaci di alterare l’essenza stabile e universale dell’uomo. Geertz cita esempi letterari per illustrare questa concezione. Samuel Johnson, ad esempio, elogia Shakespeare per aver creato personaggi che non erano influenzati dalle mode o dai costumi locali, ma che rappresentavano l’universalità delle passioni umane. Allo stesso modo, Racine sosteneva che il successo delle sue opere classiche dimostrava che il gusto di Parigi era identico a quello dell’antica Atene, unificando le esperienze umane al di là del tempo e dello spazio. Tuttavia, per Geertz, questa visione universalistica non è solo limitante, ma anche illusoria. La cultura, lungi dall’essere un ornamento superficiale, è il tessuto fondamentale attraverso cui l’uomo si esprime ed esiste. L’idea illuministica di una natura umana invariabile è problematica perché ignora la stretta connessione tra l’essere umano e il contesto culturale in cui vive. Geertz sostiene che non esiste un “dietro le quinte” dove possiamo osservare l’uomo in uno stato puro, privo delle influenze culturali. Gli uomini non esistono mai indipendentemente dalla loro cultura, né possono essere compresi al di fuori di essa. Le differenze culturali non sono accidentali; al contrario, esse definiscono la varietà dell’esperienza umana. Un esempio chiave utilizzato da Geertz per dimostrare questa tesi è il fenomeno della trance balinese. I balinesi possono entrare rapidamente in stati di dissociazione estrema, compiendo atti spettacolari come mangiare feci, mordersi con violenza o simulare rapporti sessuali. Questi comportamenti, che potrebbero sembrare irrazionali o inspiegabili a un osservatore esterno, diventano comprensibili solo all’interno del contesto culturale balinese, dove tali stati sono ritualizzati e profondamente significativi. Questo esempio dimostra che l’essere umano non può essere separato dai sistemi simbolici che danno senso al suo comportamento. Geertz conclude questa sezione affermando che il concetto di cultura ha sovvertito la visione uniformitaria della natura umana. La diversità delle culture non è un dettaglio accessorio, ma una caratteristica centrale dell’esperienza umana. Tuttavia, questa transizione ha anche sollevato nuove sfide, tra cui la necessità di conciliare la diversità culturale con l’idea di un’umanità comune. II. Stratigrafia e approccio sintetico Nella seconda parte del saggio, Geertz analizza criticamente il modello stratigrafico tradizionale utilizzato per comprendere la natura umana, che divide l’uomo in livelli distinti: biologico, psicologico, sociale e culturale. Questo modello immagina l’essere umano come una serie di strati sovrapposti, ciascuno completo e indipendente dagli altri. Secondo questa visione, rimuovendo i livelli superficiali, come la cultura, si può accedere a elementi più fondamentali, come i bisogni biologici o le strutture psicologiche. Tuttavia, Geertz sostiene che questo approccio è limitante e non consente di cogliere la complessità dell’interazione tra cultura e biologia. Il modello stratigrafico ha avuto il merito di legittimare l’indipendenza delle discipline accademiche, come la sociologia, la psicologia e l’antropologia, ma ha anche creato una separazione artificiale tra i diversi aspetti della vita umana. Geertz evidenzia come tale modello impedisca di comprendere le interconnessioni tra cultura e biologia, riducendo il primo a un semplice riflesso del secondo. Ad esempio, le istituzioni culturali vengono spesso interpretate come risposte dirette a bisogni biologici o sociali, senza considerare la complessità delle loro funzioni simboliche. Uno degli obiettivi principali del modello stratigrafico è stato la ricerca degli universali culturali, ovvero quei tratti comuni a tutte le culture umane, come il matrimonio, la religione o il linguaggio. L’idea di fondo è che questi elementi possano essere collegati a necessità biologiche, psicologiche o sociali universali, fornendo una base per definire l’essere umano. Tuttavia, Geertz critica questa impostazione, sostenendo che gli universali culturali, se definiti in modo generico, diventano vuoti e privi di significato. Ad esempio, se si definisce il matrimonio come una semplice unione tra individui, si perde la ricchezza delle sue variazioni culturali, come la poliandria nelle regioni himalayane o le regole elaborate dei Bantu sull’acquisto della sposa. Geertz propone invece un approccio sintetico che integri i vari aspetti dell’esistenza umana in un’unica analisi. In questa visione, la cultura non è un livello separato, ma un elemento dinamico che interagisce continuamente con le dimensioni biologiche, psicologiche e sociali. La cultura non si limita a soddisfare bisogni preesistenti, ma crea nuove forme di significato e organizzazione che trasformano la natura umana. Questo approccio consente di superare le dicotomie tradizionali tra naturale e culturale, mostrando come i due aspetti siano inseparabili. Infine, Geertz sottolinea che il compito dell’antropologia non è trovare somiglianze universali, ma esplorare le relazioni tra fenomeni culturali diversi. L’obiettivo è capire come la cultura, intesa come sistema di simboli e significati, plasmi l’esperienza umana in modi unici e particolari. Solo integrando biologia, psicologia, società e cultura si può comprendere pienamente la natura dell’uomo. III. La paura del relativismo culturale e il valore delle particolarità Nella terza parte del saggio, Geertz affronta il tema del relativismo culturale, un problema centrale per gli antropologi che, di fronte all’enorme diversità delle culture umane, temono di perdere ogni punto di riferimento
Gli USA accusano TikTok di spionaggio cinese, ignorando che le loro big tech fanno lo stesso da anni. Ipocrisia geopolitica mascherata da crociata sulla privacy.
di Alessandro Orsini Oggi Antonio Tajani, il braccio destro di Netanyahu in Europa, è chiuso a nel suo ufficio. Si sta scervellando per capire quale altra decisione dovrà prendere per aiutare Netanyahu nel genocidio del popolo palestinese. Se il sistema dell’informazione in Italia non fosse corrotto dalla testa ai piedi, Tajani verrebbe continuamente criticato per la sua condotta inqualificabile contro i bambini palestinesi. Ma questo non accade perché l’informazione sulla politica internazionale in Italia funziona come nelle dittature. La sua funzione è di coprire le malefatte dei governanti invece di denunciarle. Il 28 ottobre 2023, quando Netanyahu radeva al suolo Gaza, Tajani si è rifiutato di votare in favore di una tregua umanitaria all’Onu per interrompere i bombardamenti. In quell’occasione, Tajani ha dichiarato, per bocca dell’ambasciatore italiano all’Onu: “Sempre solidali con Israele; la sicurezza d’Israele non è negoziabile”. A dicembre 2023 e gennaio 2024, Tajani ha dato a Netanyahu bombe, granate, siluri, mine, missili, cartucce e altre munizioni, proiettili e loro parti, per un valore di 730.869,5 euro a dicembre 2023, quasi raddoppiati a 1.352.675 euro a gennaio 2024. L’11 gennaio 2024, quando la Corte internazionale di giustizia dell’Aia ha avviato il processo contro Israele per genocidio, Tajani si è schierato al fianco di Netanyahu contro il Sudafrica. Il 10 maggio 2024 Tajani si è rifiutato di votare in favore di un seggio a pieno titolo per lo Stato palestinese all’Onu. Il 19 maggio 2024, quando il procuratore capo della Corte penale internazionale, Karim Khan, ha chiesto un mandato d’arresto contro Netanyahu, Tajani ha definito la richiesta “del tutto inaccettabile”. Il 19 settembre 2024 Tajani si è rifiutato di votare in favore di una risoluzione Onu che chiede a Israele di porre fine all’occupazione dei territori palestinesi. Una delle attività principali di Tajani consiste nel fare pressioni per impedire qualunque indagine sui crimini di Netanyahu a Gaza. Nell’ultimo MeD9 a Cipro, l’11 ottobre 2024, Meloni e Tajani sono riusciti a impedire l’inserimento di un brano contro la vendita di armi a Israele – sollecitato da Macron e Sanchez – nella nota con cui Francia, Italia e Spagna hanno condannato l’attacco israeliano contro Unifil in Libano. Il 22 ottobre 2024 a Gerusalemme, quando i palestinesi uccisi erano 43.000, Tajani ha incontrato Netanyahu che ha dichiarato: “Il bombardamento di Gaza è necessario per difendere il diritto d’Israele a difendersi”. Tajani ha detto: “Ho assicurato [a Netanyahu] il sostegno dell’Italia al diritto di Israele di difendersi”. Tajani si è sempre opposto a qualunque sanzione o misura punitiva contro Netanyahu. Tajani è il braccio destro di Netanyahu in Europa. Parla di “campagne d’odio” mentre sostiene un governo radicato nell’odio e nel razzismo. Ben Gvir, ministro della sicurezza nazionale, è un ammiratore del terrorista Baruch Goldstein, il colono autore della strage contro la moschea di Hebron del 25 febbraio 1994. Ben Gvir ha sfoggiato la gigantografia di Goldstein nel salone della sua abitazione per anni. Tutte le decisioni assunte da Tajani a Palazzo Chigi, all’Onu e nell’Unione europea non lasciano dubbi sulla sua opposizione alla nascita dello Stato di Palestina per compiacere Netanyahu.
La scena del caveau in “Le conseguenze dell’amore” è puro cinema: il silenzio pesa come piombo, il denaro diventa un’arma, la tensione un’opera d’arte.
Giorgia Meloni, tra slogan vuoti e servilismo verso poteri esteri, governa con retorica patriottica ma poca sostanza, lasciando l’Italia in balia del nulla.
Trump rieletto presidente: l’America ha scelto il meno ipocrita. Tra guerre mascherate da missioni umanitarie e l’élite democratica, cambia il volto ma non la sostanza.
In Parthenope, Sorrentino ritrae una Napoli antica e decadente, incarnata dalla protagonista come simbolo mitologico della città, tra bellezza e malinconia.
La campagna contro la giunta Todde manipola la realtà con slogan emotivi e disinformazione, ostacolando il dibattito sulla transizione energetica e distorcendo i fatti.
Il CCDH britannico mira a censurare Musk e influenzare le elezioni USA, alimentando preoccupazioni globali sulla libertà d’espressione e la manipolazione digitale.
Il vertice BRICS a Kazan e le previsioni economiche per il 2024 rappresentano solo l’inizio di una trasformazione che potrebbe ridisegnare radicalmente gli equilibri globali.
Gli “scappati di casa” del M5S, da dilettanti a leader competenti, hanno fatto meno danni dei veterani, ma la politica italiana resta prigioniera del suo eterno declino.
Berlinguer – La grande ambizione è un film politico nel senso più alto del termine. Non si limita a raccontare la vita di un leader, ma riflette su cosa significhi fare politica in un’epoca di crisi e trasformazione.
“Berlinguer – La grande ambizione” è un biopic rigoroso, ma eccessivamente distaccato, che fatica a trasmettere l’umanità del leader politico, nonostante Elio Germano.
La razza è una costruzione sociale senza basi biologiche; superarla richiede un cambiamento culturale per promuovere diversità, uguaglianza e giustizia.
L’eternità è una condizione esistenziale vissuta nel presente, non un’estensione temporale, secondo Wittgenstein, Campbell e Nietzsche, che sfidano la visione tradizionale.