Zelensky, prossimo birillo abbattuto dalla “glasnost trumpiana”

Trump smaschera la guerra in Ucraina e il ruolo dell’Occidente mentre l’Europa in crisi cerca fondi per il riarmo senza una strategia chiara.

di Pino Cabras

La demolizione di Zelensky da parte del presidente degli Stati Uniti va letta in modo unitario dentro un fenomeno politico più vasto. Fa parte di quell’enorme apocalisse informativa che interpreto ormai con la categoria di “Glasnost trumpiana”, che ha già puntato la prua contro tutti i costosissimi apparati USA di influenza mondiale basati sulle “bugie di Stato” (Big Pharma, servizi segreti, soft power, giornalismo, scelte militari). Per una marea di carriere e intere filiere la prospettiva immediata è di essere rase al suolo.

La classe dirigente raccolta intorno a Trump ha deciso una gigantesca operazione di verità: alla verità vuole far fare il suo corso come a un fiume rimasto per troppo tempo compresso in alvei artificiali. La pura verità – esposta come una Wikileaks statale – riesce a fungere da “pars destruens” epocale, da solvente universale inteso a fare a pezzi il sistema circolatorio del globalismo, che era ormai corrotto come la più potente delle mafie, totalitario nell’ispirazione e fermamente intenzionato a distruggere la Russia letteralmente “a ogni costo”.

Leggo ancora pazzesche esaltazioni di Zelensky da parte di molte persone ancora prigioniere dello specchio deformante che nascondeva la crudissima verità esposta da Trump: la guerra ucraina è – fra le altre cose – una delle più vaste e criminali operazioni di riciclaggio di denaro mai viste. L’attore a suo tempo lanciato dal miliardario mafioso Kolomoisky è stato poi usato, remunerato e rivestito come avatar eroico da pupari stranieri che avevano già colonizzato l’Ucraina in combutta con gli iper-nazionalisti locali per fare di Kiev la piattaforma di sabotaggio permanente della pace e l’avamposto militare della russofobia occidentale.

Con il passare degli anni il “Laboratorio Ucraina” si è dimostrato essere l’officina di un progetto più vasto mirante a “ucrainizzare” l’Europa: quel che all’inizio si vedeva solo in Ucraina e in alcuni altri stati post-sovietici doveva poi estendersi come una metastasi politica a tutto il continente. Parlo di un sistema basato su un’intransigente politica anti-russa, sulla repressione violenta di qualsiasi formazione politica disposta a un buon rapporto con Mosca, sull’occupazione sistematica dei media e la creazione di un’intera rete di giornalisti e testate alle dipendenze dell’intelligence angloamericana, su apparati di censura animati da intenti di controllo totalitario, su una polarizzazione politica estrema disposta a sacrificare al riarmo ogni diritto sociale e ogni equilibrio economico. Un progetto che ora si staglia nitido nella sua essenza come una nuova prospettiva che tocca direttamente la vita di centinaia di milioni di persone, anche se la maggior parte deve ancora affrontare il terribile risveglio.

È molto curioso vedere tanti esponenti che definiscono “fascista” qualunque idea o personalità che non collimi con il progressismo post-obamiano ritrovarsi perfettamente organici a un regime transnazionale che “in nuce” è una «Operazione Barbarossa 2.0». E non è un caso che ci siano molte personalità tedesche ben coordinate con Londra a essere organiche a questo progetto di «sovversivismo dall’alto» su scala continentale, da Ursula Von Der Leyen, alla “Verde” Baerbock (che vuole dedicare in tempi rapidissimi 700 miliardi al riarmo) fino – udite udite – a Carola Rackete.
L’Amministrazione Trump ora devasta tutto quel che copriva questo congegno, che adesso si trova esposto come un imperatore nudo. Churchill diceva che ogni tanto l’America si fa il bidet alla coscienza, ma l’acqua la fa bere a noi. Lo schema si ripete anche in questo momento. Trump ha agio a dire: “ha stato Biden” e vuole sgravarsi delle gravissime responsabilità di Washington in questo sfacelo. Nella sua ottica, tutta la pessima immagine della “guerra civile” in seno alle élites occidentali può essere riassorbita, in funzione di un rimbalzo della potenza nordamericana da proiettare a fondo sulle corse pazze di questo secolo.

Trump, Vance, Musk & C. sgombrano il campo dai detriti per dedicarsi a nuove frontiere che genereranno altre tragedie e altre disuguaglianze. Le capiremo a fondo quando si bagneranno nel fiume della Storia. Nessuna cambiale in bianco a nessun potere imperiale. Impossibile però non vedere la portata delle novità.

Di certo l’Europa è già nella “modalità catastrofe”. Incredibile il panico dei vertici convocati da Macron. Ancora più incredibile il discorso con cui il sicario veloce dell’economia greca (e sicario lento dell’economia italiana) ora vuol trovare i fantastiliardi per la guerra, mentre dichiara all’Europarlamento: «Mi chiedete cosa è meglio fare ora? Io non ne ho idea, ma facciamo qualcosa.». Eh sì, il Sultano del Draghistan ha detto proprio così. Non ne ha idea, dice, non ha idea di che tipo di Stato potrebbe prendersi il compito, ma vuole bruciare pensioni, scuole e ospedali nelle fonderie dei nuovi missili.

E poi c’è Giuseppe Conte, il quale dichiara che «Trump, con ruvidezza, ha smascherato la propaganda bellicista dell’occidente. Ha detto quel che dicevamo da tre anni, cioè che sperare in una sconfitta militare della Russia era irrealistico.» No, Conte. Nel 2022 il tuo partito votava per la fornitura d’armi e partecipava allo show di Zelensky e attaccava me e pochi altri che votavamo contro e proponevamo un altro ruolo per la Repubblica italiana. Noi non aspettavamo Trump, per vedere le maschere già cadute. Ciò detto, il tempo dei trucchetti verbali è finito. Chi vuole davvero un popolo sovrano non ha più alibi.

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