Vertice parigino

Quando la buonanima Biden e la sua banda woke hanno scatenato la guerra spingendo la Nato fino a Kiev, i capi di stato europei si son messi subito lo scolapasta...

Quando la buonanima Biden e la sua banda woke hanno scatenato la guerra spingendo la Nato fino a Kiev, i capi di stato europei si son messi subito lo scolapasta in testa, hanno impugnato il telecomando ma anche la penna per firmare generosi assegni a quell’intrepido eroe di Zelensky. Automatismi coloniali: quando il padrone americano chiama, il branco europeo risponde. Il problema è che in trincea le cose si son messe male e strada facendo è cambiato addirittura padrone alla Casa Bianca. Quel vecchio scorbutico di Trump ha ordinato il dietrofront e non vuole nemmeno i cagnolini europei tra i piedi mentre tratta con Putin. Oltre alla disfatta militare e politica, una clamorosa umiliazione. Ma ci sta. I nostri illuminati capi di stato rifiutano da anni ogni dialogo con la Russia e adesso frignano perché sono stati esclusi dalle trattative. Se la politica fosse ancora una cosa seria, invece di andare a Parigi se ne tornerebbero a casa loro e cambierebbero mestiere. Ma non lo è da tempo immemore. La guerra con la Russia era ed è un assurdo harakiri per l’Europa. La Russa è il nostro vicino di casa con cui condividiamo secoli di storia ma è egoisticamente anche la nostra fonte energetica più intelligente e un partner strategico. Putin è quello che è, ma non è immortale nemmeno lui e chi tiene le redini politiche di un continente deve vedere oltre al proprio nasino. L’Europa nasce poi sulle ceneri della seconda guerra mondiale, anche in nome della pace. Eppure, dopo decenni di guerre a vanvera in giro per il mondo, ce l’hanno portata a casa e pure potenzialmente atomica. Davvero imperdonabile. La guerra in Ucraina doveva e poteva essere evitata ma i fini statisti che si ritrovano a Parigi non hanno voluto sentire ragioni. Capi di stato, corti tecnocratiche e lobbistiche ma anche stampa organica che ha sparso propaganda bellica per anni trascinandoci a pattumi anche culturali da secolo scorso. Per convincere le masse dell’utilità e addirittura necessità della guerra. Anni con uno Zelensky davvero da Oscar in giro a piagnucolare col cappello in mano, anni coi capi di stato europei a consolarlo tra pacche sulle spalle e firme di mega assegni, anni coi media a negare la tragedia in trincea e dipingere Putin come un mostro determinato a raggiungere il Portogallo. Ultimamente sono echeggiati pure i rutti della Nato che vuole più soldi e una rinnovata mentalità bellica. Vergognosi rigurgiti da secolo scorso. Come se non fossero più che altro nella nostra testa i nemici ed i pericoli e fosse tale consapevolezza la vera soluzione. Come se non fossimo noi occidentali ad avere insanguinato il mondo a vanvera negli ultimi decenni ed avere basi militari ovunque. Ma guardarsi allo specchio con umiltà è sinonimo di sconfitta alle nostre longitudini e chiedere scusa fantascienza politica. A Parigi i capi di stato europei dovrebbero togliersi lo scolapasta dalla testa ed ammettere di averci trascinato in una guerra autolesionista e di averla pure persa, dovrebbero riallacciare immediatamente i legami con la Russia e chiedere perdono per i soldi pubblici sprecati, dovrebbero poi dedicare parole compassionevoli per chi in trincea ha perso la vita e promettere di riprendere la vitale via della diplomazia e della pace. Dovrebbero assumersi la responsabilità storica di un Europa ormai in frantumi. Un Europa divisa, ininfluente. Sconfitta e pure umiliata. I capi di stato e le loro corti dovrebbero lasciare spazio a nuove generazioni autenticamente europee in grado di rilanciare il cantiere continentale. Fantascienza. Invece di guardarsi allo specchio e magari pure fare un passo indietro, guarderanno dritti alle telecamere e rilanceranno. Gli Stati Uniti prima ci hanno trascinato in una guerra autolesionista e poi ci hanno scaricato malamente, un’ottima occasione per gli alfieri della guerra, per accelerare sull’esercito comune e sull’aumento delle spese militari in nome della democrazia, della nostra sicurezza ed ovviamente della pace.

Tommaso Merlo

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