Ci risiamo. A Bruxelles non dormono la notte, preoccupati per il nostro bene. Questa volta hanno deciso che il problema dell’economia europea non è il precariato dilagante, non sono i salari da fame, non è la devastazione sociale portata avanti da decenni di austerità e svendite. No, il problema vero – ci dicono – sono i “risparmi parcheggiati” nei conti correnti dei cittadini. Diecimila miliardi di euro che, pensate un po’, restano lì, fermi, a disposizione dei legittimi proprietari, invece di essere gentilmente “mobilitati” per il bene comune.
A dar fuoco alle polveri è la Commissione europea con il nuovo piano per la “Unione dei risparmi e degli investimenti” (SIU, per gli amici). La bozza di documento, già circolata nei corridoi di Bruxelles e pubblicata dal Sole 24 Ore, parla chiaro: si tratta di “liberare le potenzialità economiche” dei capitali privati, facilitando il loro spostamento dai conti correnti ai mercati finanziari. Tradotto dal politichese: i soldi della gente devono finire nel grande casinò della finanza internazionale.
A ben vedere, l’operazione ha il timbro inconfondibile di Mario Draghi ed Enrico Letta, due che quando si tratta di confezionare operazioni a vantaggio di banche e fondi d’investimento non deludono mai. Draghi ha passato l’ultimo anno a spiegare che bisogna smettere di tenere i risparmi “inutilizzati”, Letta si è messo a scrivere rapporti per la Commissione su come riformare il mercato unico, e voilà: Bruxelles ha tirato fuori la trovata geniale.
Ora, il meccanismo è sempre lo stesso. Si prende un fatto vero – in questo caso, che le famiglie europee risparmiano molto – lo si racconta come un problema e poi si propone una “soluzione” che, guarda caso, coincide con l’interesse delle solite élite. D’altronde, chi meglio di Draghi e Letta può spiegare al cittadino comune come gestire i suoi soldi? Loro, che hanno sempre lavorato per banche centrali, governi tecnici e organismi sovranazionali, sanno benissimo come impacchettare l’ennesima cessione di sovranità in un linguaggio rassicurante e pieno di belle parole.
E qui arriviamo al punto centrale della questione: la sovranità. Perché, come ogni riforma che si rispetti, anche questa presuppone una “armonizzazione” delle regole a livello europeo. La Commissione parla apertamente di eliminare le barriere tra i mercati finanziari degli Stati membri per rendere tutto “più fluido”, cioè più facilmente controllabile dai grandi fondi d’investimento internazionali. E per chi avesse ancora dubbi sul vero obiettivo dell’operazione, ecco il passaggio decisivo della bozza: “Abbassare le barriere tra Stati membri sui servizi finanziari allarga il mercato e lo rende più fluido, ma comporta un’inevitabile cessione di sovranità di cui sono capaci solo leader illuminati”.
Traduco per i non addetti ai lavori: la sovranità nazionale è un ostacolo, e solo i leader “illuminati” saranno disposti a svenderla in nome del progresso. Se poi qualcuno, tipo un governo eletto democraticamente, si permettesse di dissentire, sarà subito bollato come populista, retrogrado, nemico dell’Europa. Insomma, lo schema è quello collaudato dell’eurocrazia: si presenta una misura come inevitabile, si crea pressione politica e mediatica per farla passare, e chi osa criticare è un troglodita.
Poi c’è la favoletta sui piccoli risparmiatori. La Commissione vuole “agevolare la partecipazione” delle famiglie al mercato dei capitali, e per farlo propone i cosiddetti “conti di risparmio e investimento”. Un’idea che in alcuni Paesi esiste già e che, almeno sulla carta, offre vantaggi fiscali e costi ridotti. Ma la vera questione è un’altra: chi decide come vengono investiti i risparmi degli europei?
La risposta è abbastanza scontata. Chiunque abbia un minimo di memoria storica sa che ogni volta che l’Unione Europea mette mano a questi temi, a guadagnarci sono sempre le grandi istituzioni finanziarie. Banche, fondi speculativi, multinazionali: questi sono i veri beneficiari di un sistema in cui la finanza domina l’economia reale. Il cittadino medio, invece, rischia di trovarsi di fronte a una “scelta obbligata”: o investi nei fondi consigliati, o resti tagliato fuori da ogni incentivo e beneficio fiscale.
E allora, diciamolo chiaramente: quello che la Commissione chiama “mobilitare i risparmi” è in realtà un gigantesco piano per spostare soldi dai conti privati ai mercati finanziari, con il pretesto di “liberare il potenziale economico”. E come sempre, dietro il lessico rassicurante si nasconde la solita operazione di spoliazione, condita con l’inevitabile retorica dell’“Europa unita” e dei “leader coraggiosi”.
Ora, qualcuno potrebbe dire: ma i cittadini saranno liberi di scegliere se aderire o no a questi strumenti. Certo, come no. Proprio come erano “liberi” di scegliere quando sono state imposte le riforme del lavoro, della previdenza, delle banche. Prima si crea un sistema che spinge in una certa direzione, poi si dice che la scelta è libera.
Ecco perché questa operazione va smascherata subito. Perché non è altro che un altro tassello nel progetto di svuotamento del controllo democratico sull’economia. I risparmi dei cittadini, piaccia o no a Bruxelles, non sono di proprietà della Commissione Europea, di Draghi o di Letta. Sono di chi ha lavorato e sudato per metterli da parte. E se restano “parcheggiati” sui conti correnti, è perché la gente non si fida più di un sistema finanziario che ha già dimostrato troppe volte di saper distruggere ricchezza anziché crearla.
Se a Bruxelles vogliono davvero stimolare l’economia, provino a garantire stipendi dignitosi, contratti stabili, politiche di welfare degne di questo nome. Vedranno che i cittadini spenderanno e investiranno senza bisogno di forzature. Altrimenti, continuino pure con i loro esperimenti di ingegneria finanziaria, ma almeno abbiano il coraggio di dire le cose come stanno: vogliono mettere le mani sui risparmi degli europei per regalarli alla grande finanza. Il resto sono chiacchiere.