Ucraina al fronte, Occidente in poltrona: chi paga davvero il prezzo della guerra?

di Silvio Dalla Torre L’Ucraina non si è mai ripresa dalla crisi determinata dal crollo dell’Unione sovietica. Già prima del colpo di stato di piazza Maidan la popolazione era diminuita di un quarto rispetto al 1989, la natalità era la più bassa d’Europa, le industrie erano state smantellate, la situazione finanziaria era precaria. È evidente che, in una guerra con una grande potenza come la Russia, il paese non avrebbe potuto resistere per più di due settimane con le sue sole forze. La guerra in corso, però, non vede contrapposte la Russia e l’Ucraina, ma la Russia e l’Occidente. È l’Occidente, infatti, che fornisce le armi, le informazioni e la logistica senza le quali il conflitto sarebbe da tempo finito e probabilmente non sarebbe mai cominciato. È l’Europa, anche se i suoi cittadini ne sono scarsamente consapevoli, che tiene in piedi l’apparato statale ucraino pagando ogni fine del mese lo stipendio ai dipendenti pubblici. Quanto agli ucraini, essi devono solo dare un’illimitata disponibilità a farsi ammazzare. Nella divisione internazionale del lavoro le oligarchie mondialiste hanno assegnato, con spietato cinismo, alle donne ucraine il ruolo di fattrici nelle gravidanze surrogate, di badanti e di prostitute; agli uomini quello di carne da cannone. Tutto questo i russi lo sanno bene. Essi sono perfettamente consapevoli che i loro veri nemici sono gli americani , gli inglesi e i loro vassalli europei. Fino ad ora, però, hanno fatto a finta di niente. C’era, probabilmente, la pressione di quella parte della classe dirigente russa che non vuole tagliare i ponti con l’Occidente e c’era, soprattutto, la consapevolezza che uno scontro diretto tra potenze nucleari avrebbe potuto avere esiti imprevedibili e molto spiacevoli. Oggi, però , Stati Uniti e Gran Bretagna minacciano di colpire il territorio russo con missili balistici (il fatto che ciò non avvenga direttamente, ma consegnandoli agli ucraini, è un puro “escamotage”). Putin ha già avvisato che considererà un evento del genere alla stregua di una dichiarazione di guerra. C’è da dargli credito? Io credo di sì. Un paese costantemente minacciato nelle sue infrastrutture, nel suo sistema produttivo, nei suoi centri di comando è un paese a perpetuo rischio di destabilizzazione. La Russia questo non lo può accettare ed è per evitare un’evenienza del genere che è iniziata l’operazione militare speciale. In caso di attacco in profondità c’è quindi da aspettarsi una qualche risposta. Dapprima sarà probabilmente indiretta (navi inglesi? basi militari americane? piattaforme svedesi?) e esornativa. Se poi la cosa andasse avanti, sarebbe arrivato il momento di fare gli scongiuri e , per chi è credente, di pregare Dio. Di fatto, la situazione non è mai stata tanto pericolosa. I popoli, storditi dalla propaganda, non ne sembrano consapevoli, ma le cose stanno così.

di Silvio Dalla Torre

L’Ucraina non si è mai ripresa dalla crisi determinata dal crollo dell’Unione sovietica. Già prima del colpo di stato di piazza Maidan la popolazione era diminuita di un quarto rispetto al 1989, la natalità era la più bassa d’Europa, le industrie erano state smantellate, la situazione finanziaria era precaria.

È evidente che, in una guerra con una grande potenza come la Russia, il paese non avrebbe potuto resistere per più di due settimane con le sue sole forze. La guerra in corso, però, non vede contrapposte la Russia e l’Ucraina, ma la Russia e l’Occidente. È l’Occidente, infatti, che fornisce le armi, le informazioni e la logistica senza le quali il conflitto sarebbe da tempo finito e probabilmente non sarebbe mai cominciato. È l’Europa, anche se i suoi cittadini ne sono scarsamente consapevoli, che tiene in piedi l’apparato statale ucraino pagando ogni fine del mese lo stipendio ai dipendenti pubblici.

Quanto agli ucraini, essi devono solo dare un’illimitata disponibilità a farsi ammazzare. Nella divisione internazionale del lavoro le oligarchie mondialiste hanno assegnato, con spietato cinismo, alle donne ucraine il ruolo di fattrici nelle gravidanze surrogate, di badanti e di prostitute; agli uomini quello di carne da cannone.

Tutto questo i russi lo sanno bene. Essi sono perfettamente consapevoli che i loro veri nemici sono gli americani , gli inglesi e i loro vassalli europei. Fino ad ora, però, hanno fatto a finta di niente. C’era, probabilmente, la pressione di quella parte della classe dirigente russa che non vuole tagliare i ponti con l’Occidente e c’era, soprattutto, la consapevolezza che uno scontro diretto tra potenze nucleari avrebbe potuto avere esiti imprevedibili e molto spiacevoli.

Oggi, però , Stati Uniti e Gran Bretagna minacciano di colpire il territorio russo con missili balistici (il fatto che ciò non avvenga direttamente, ma consegnandoli agli ucraini, è un puro “escamotage”). Putin ha già avvisato che considererà un evento del genere alla stregua di una dichiarazione di guerra.

C’è da dargli credito? Io credo di sì.

Un paese costantemente minacciato nelle sue infrastrutture, nel suo sistema produttivo, nei suoi centri di comando è un paese a perpetuo rischio di destabilizzazione. La Russia questo non lo può accettare ed è per evitare un’evenienza del genere che è iniziata l’operazione militare speciale. In caso di attacco in profondità c’è quindi da aspettarsi una qualche risposta. Dapprima sarà probabilmente indiretta (navi inglesi? basi militari americane? piattaforme svedesi?) e esornativa. Se poi la cosa andasse avanti, sarebbe arrivato il momento di fare gli scongiuri e , per chi è credente, di pregare Dio.

Di fatto, la situazione non è mai stata tanto pericolosa. I popoli, storditi dalla propaganda, non ne sembrano consapevoli, ma le cose stanno così.

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