Trump-Zelensky, tutto quello che i giornali non hanno scritto

di Fabio Mini Devo confessare l’imbarazzo nel commentare la vergognosa rappresentazione tenuta nell’ufficio del più potente presidente del mondo. Imbarazzo che mi ha indotto a verificare l’intero video per capire...

di Fabio Mini

Devo confessare l’imbarazzo nel commentare la vergognosa rappresentazione tenuta nell’ufficio del più potente presidente del mondo. Imbarazzo che mi ha indotto a verificare l’intero video per capire in che momento la cosa sia sfuggita al controllo della decenza o del politically correct. Imbarazzo perché stimati commentatori su tutti i giornali, compresi alcuni sul Fatto, hanno elaborato l’avvenimento infarcendolo di vittimismo ed eroismo. L’Europa intera parla di imboscata di Trump, di un povero Zelensky umiliato. Come minimo si tratta di pigrizia o volontaria disinformazione prendendo di una conferenza stampa, durata un’ora, tre minuti degli ultimi dieci. Concordo con chi ha messo in evidenza che l’arroganza è un vizio congenito delle amministrazioni Usa di qualsiasi genere. Sarà forse perché i frequentatori dello studio ovale della Casa Bianca ne subiscono la geometria e la simbologia.

Dall’esame del video originale emergono tuttavia delle cose che inducono a pensare a un altro film rispetto a quello indicato e commentato ampiamente da tutti i media del mondo, o quasi. Ecco alcune osservazioni.

1. Dal colloquio si apprende che Zelensky è stato invitato da Trump per discutere e firmare l’accordo sulle terre rare (e quant’altro), quindi la Casa Bianca ha organizzato la conferenza stampa preliminare all’accordo.

2. Trump era sicuro del risultato e la prima conferenza doveva essere il teatrino di una intera amministrazione benevola che vuole negoziare un accordo che potrebbe portare alla fine della guerra. Lo spettacolo sarebbe proseguito con le firme e la dichiarazione finale davanti a tutte le telecamere.

3. Zelensky ha accolto l’invito perché non poteva rifiutarlo. Non aveva scelta. Forse influenzato da Macron, da Starmer e dagli alleati europei, credeva che l’accordo veramente riguardasse soltanto l’appropriazione delle terre rare e che lui potesse sfruttarlo per ottenere il supporto militare alla guerra. Non aveva capito che l’accordo materiale era la chiave di Trump per negoziare con Putin, convincerlo a fare concessioni e convincere gli americani che la questione ucraina era esclusivamente una questione di affari e interessi nazionali (come diceva Kissinger, l’America non ha alleati ma interessi).

4. Mentre Trump lanciava continui segnali sul fatto che lui voleva l’accordo e che ne avrebbero discusso i termini nel successivo colloquio, Zelensky ha approfittato delle telecamere per dettare le proprie condizioni. Voleva vincolare pubblicamente Trump alla sua soluzione e visione. Semplice trucco per far saltare i colloqui fra Trump e Putin. Ma rischioso.

5. Zelensky, dopo le figure barbine di Macron e Starmer, si è preparato per fare il duro. Ha parlato per 34 minuti riproponendo la propaganda ucraina formata e narrata in tre anni di guerra con l’avallo degli Stati Uniti e degli europei. Non ha capito che su quel piano era perdente, perché Trump aveva smontato tutta la narrazione del suo predecessore e quindi quella ucraina.

6. Durante la tiritera, Trump si è astenuto da qualsiasi commento, dando per assodato che l’accordo successivo avrebbe cambiato la situazione.

7. In verità Zelensky ha potuto approfittarne per passare dalla propaganda alle sue richieste non riguardanti l’accordo in sé ma il successivo sviluppo. Ha sfidato Trump su tutto: nessun compromesso con Putin e la Russia, criminali e terroristi, nessun cessate il fuoco inutile perché Putin non lo avrebbe rispettato, richiesta di garanzie armate (difesa aerea, truppe alleate in Ucraina, missili e sanzioni, finanziamenti a fondo perduto per la ricostruzione), restituzione di tutti i territori, militarizzazione ucraina e pagamento dei danni da parte russa. Non si è fatto neppure mancare le allusioni ai rapporti tra Putin e Trump rinfacciando a Trump che la sua promessa di risolvere il conflitto in tre giorni l’aveva sentita da Putin. Anche su tutti questi punti Trump non ha commentato, ribadendo che le garanzie di sicurezza per l’Ucraina non riguardavano l’accordo da firmare e che comunque “sono la parte meno importante” del piano futuro.

8. Per 39 minuti Trump ha insistito sull’accordo e Zelensky sull’ostilità verbale anche durante le risposte ai giornalisti. Ciò ha infastidito giustamente il vicepresidente Vance che da 20 minuti dimostrava imbarazzo non per sé ma per Trump. Il suo intervento ha voluto evidenziare la mancanza di rispetto nell’atteggiamento di Zelensky, facendo peggio: dimostrando cioè che chi va alla Casa Bianca non è un ospite ma un tributario. Argomento di etichetta che in quel momento era fuori posto e tardivo. Trump aveva sopportato allusioni e atteggiamenti che avrebbero fatto saltare i nervi anche a un santo, ma almeno da 20 minuti prima.

9. La svolta dell’incontro è avvenuta al 40° minuto con la risposta piccata di Zelensky alla domanda retorica di Vance sul fatto di riconoscere che l’Ucraina sta “avendo seri problemi”: “Tutti in guerra hanno problemi, anche voi, ma voi avete un bell’oceano in mezzo e non li sentite adesso, ma li sentirete in futuro, grazie a Dio, grazie a Dio, grazie a Dio”. Era una minaccia o una profezia, ma Trump l’ha interrotto bruscamente. Si rende finalmente conto che Zelensky gli ha preso la mano e lo sta forzando ad assumere una posizione e a fare dichiarazioni che lo impegnano sul fronte della guerra. La risposta è secca: “No, tu non sai cosa sentiremo, non dirci cosa sentiremo, stiamo cercando di risolvere un problema e non venirci a dire cosa proveremo (Z. gli parla sopra “…non ti sto dicendo…”), perché non sei nella posizione di dettare nulla. Ricorda questo: non sei nella posizione di dettare cosa sentiremo (Z. parla sopra “…sento l’influenza”), ci sentiremo molto bene, molto bene e forti e tu ne sentirai l’effetto. Tu in questo momento non sei in una posizione molto buona, ti sei permesso di assumere una posizione molto brutta (Z: “Sin dall’inizio della guerra… Posso dire una cosa?…”). No. Hai parlato anche troppo, non sei in una buona posizione, ora non hai buone carte da giocare, con noi puoi cominciare ad averne, ma adesso non le hai e stai giocando d’azzardo con le vite di milioni di persone, stai giocando d’azzardo con la Terza Guerra mondiale e ciò che stai facendo è mancanza di rispetto nei riguardi di questa nazione. Un sacco di gente avrebbe voluto sentire un grazie”.

10. Da quel momento e per tre minuti Zelensky e Trump si parlano uno sull’altro. Trump, all’ennesimo riferimento di Zelensky alla Russia sbotta ricordando come Biden avesse utilizzato l’argomento per le accuse ai suoi danni e per coprire le azioni illegali del figlio. Commenta poi “le cose che dice Zelensky su Putin le ho sentite da Putin su di lui. È una questione di odio”.

È Trump a chiudere la questione. In maniera pacata dichiara al 46° minuto rivolgendosi ai giornalisti: “Penso che oggi abbiamo visto abbastanza. Questa sarà una cosa da grande televisione. Vedremo come fare per rimettere le cose a posto. Grazie”. Ne abbiamo bisogno tutti e in fretta perché lasciare che siano gli europei a entrare in guerra potrà essere una liberazione per gli Usa, ma per noi europei è un vero incubo.

Il Fatto Quotidiano, 3 marzo 2025

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