Il Caracciolo senza freni è quasi irriconoscibile. Un tempo misurava ogni parola sull’America di Biden, facendo equilibrismi per non mettere in dubbio la sua infallibilità, anche quando i fatti lo ridicolizzavano. Ora sembra aver scoperto il gusto della realtà. Che sia un risveglio improvviso o solo il solito opportunismo tardivo?
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ROMA – Viviamo un eccesso di caos prodotto dalla simultanea crisi del Numero Uno e dei suoi sfidanti. America, Cina e Russia temono per la propria esistenza. A quei gradi di autocoscienza ti consideri in vita solo se grande potenza. Se ridotto a rango inferiore, sei tentato dal suicidio (Urss docet). Ti lasci andare. Di qui la Guerra Grande su più teatri, caldi o tiepidi, che se non sospesa virerà in Totale. Il disordine apre vuoti che invitano gli ambiziosi. Antichi imperi già diagnosticati in irreversibile disarmo (Turchia, Giappone), fu colonie che si riscoprono Stati-civiltà (India/Bharat), nazioni umiliate e offese in risalita causa infragilirsi dei vicini (esempio Polonia). Mentre annaspano i protagonisti dell’altro ieri, dall’Inghilterra penultimo egemone alla finta coppia Francia-Germania, confitta nel simul stabunt simul cadent. Le onde del caos inghiottono terre neutre o trascurate, riducono le distanze fra i tre Grandi, gomito a gomito nei Mari Cinesi, in Ucraina, presto nell’Artico.
La transizione egemonica scorre dall’America al caos. Vi resterà a lungo. Un colosso senza eguali non si scioglie dalla sera alla mattina, specie se capace di trascinare nel disastro il resto del mondo. Quando stimerà giunta l’ora, il suo ultimo desiderio sarà impedire che altri occupi il suo trono. L’America è in lotta con sé stessa.
In lotta per la sopravvivenza, America sa che il suo male interiore si cura in rapporto col mondo, ma solo dopo aver ristabilito l’ordine naturale delle cose. Noi davanti, gli altri dietro o contro. Ne è convinta la nuova combinazione vincente di élite postliberali e disinibite tecnostar, ibridi anarco-autoritari, sostenuta dall’entusiasmo vendicativo dei ceti medio-bassi frustrati dalla globalizzazione, dall’ “invasione” di allogeni non assimilabili al canone Wasp, dal declino del proprio stile di vita.
Questa strana alleanza ha trovato in Donald Trump il suo esuberante campione. Profeta del “senso comune”. Brutale nella logica e nei gesti. Incarnazione del “terribile semplificatore”, idealtipo del demagogo insofferente delle regole evocato con orrore da Jakob Burckhardt a fine Ottocento. Ispirato al Trasimaco della Repubblica platonica: “La giustizia non è altro che l’utile del più forte” (I, 339c). Lui si battezza “genio molto stabile”. Eletto da Dio che deviò il proiettile con cui il satanico Stato profondo sperava di liquidarlo. Storia dirà. Intanto constatiamo che c’è del genio nel suo agire terribilmente semplificato. Da prendere alla lettera.
Il primo atto del secondo Trump, eversore e uomo d’ordine, è molto scenografico. Frenetico. La malattia dell’America richiede cure pericolose. Ci vorrà tempo per risanare il paziente, se possibile. Un presidente quasi ottantenne, con appena quattro anni di mandato davanti – ammesso non finisca di reinterpretare la costituzione inventandosene un terzo – ha fretta. Ricomincia da dove può cogliere subito frutti: il mito americano.
La sua narrazione esalta la volontà dunque la certezza di tornar grande. Per Trump volere è potere. Volere significa sognare e far sognare. Rivelare ai compatrioti il destino manifesto 2.0. Serve nuova frontiera. Metaverso operativo. Ergo: dominio dello Spazio per controllare la Terra ed entusiasmare il pubblico con la leggenda marziana raccontata da Musk; primato rafforzato nell’intelligenza artificiale per governare il ciberspazio, guidare la rivoluzione tecnologica, reinventare l’industria su princìpi inediti, forse fantastici – evitando di scoprirli troppo presto per non alienarsi i colletti blu; spegnere gli incendi ucraino e mediorientale e prepararsi alle guerre del futuro di cui intravvediamo appena l’alba. Possibilmente senza combatterle grazie al ristabilimento della deterrenza perduta. Alfa e omega di questa narrazione gli annunci a raffica via social media.
Trump il rivoluzionario si avvicina al bivio dove si parrà la sua cifra. Raro ma vero: il successo o il fallimento di un singolo influirà sul destino della nazione e del mondo. Prova di quanto profondo e strutturale sia il dissesto emotivo degli americani. La rivolta di una coorte di ricchi sfondati annoiati dai soldi ed eccitati dal potere ha steso l’esausto establishment centrista. Gli ologrammi dell’amministrazione Biden si godono immeritato riposo. Mentre le burocrazie federali e degli Stati blu si danno alla guerriglia partigiana col supporto degli apparati duri. Guerra civile a bassa intensità.
la Repubblica, 6 febbraio 2025