Ormai non passa giorno senza una quantità inimmaginabile di treni e aerei in ritardo mostruoso. Tant’è che, a fare scandalo, sono quelli misteriosamente in orario. Ieri, all’aeroporto di Cagliari, l’impiegata del banco Ita mi ha annunciato commossa che il mio volo per Roma delle 15.10 portava “solo 25 minuti di ritardo”. Quindi era in anticipo. Neppure il tempo di raggiungere il gate e già la partenza era slittata alle 16.15. Il che vuol dire alle 17, ma quei 45 minuti diventano un dettaglio indegno di essere comunicato. Alle 16.30 noi mandria umana con aria rassegnata abbiamo iniziato a sfilare verso il finger, che però non finiva nell’aereo, ma in una scala da scendere senz’aria condizionata e otturata all’uscita. L’uno sull’altro, seduti sui gradini a bollire a 35 gradi. Poi finalmente ci han fatti uscire sulla pista, ma solo per arrostire un altro po’ sotto il sole. Al via libera, tutti in marcia verso l’aereo: una cella frigorifera a temperatura polare. Chiuso il portellone, il velivolo è rimasto immobile sulla pista a motori accesi. Gli ostaggi, sottomessi anche per il trattamento bollitura-grigliatura-surgelamento, raccoglievano le forze residue per chiedere spiegazioni, quando l’altoparlante ha diramato l’ordinaria supercazzola aviatoria: “Ci scusiamo per il ritardo, dovuto a ritardato arrivo dell’aeromobile” (mai che dicano perché l’aeromobile ha ritardato). È la più classica delle varianti dello scusario. Poi c’è l’“attesa dell’aereo programmato” o, se l’aereo programmato era lì in bella vista da ore, i più vaghi “problemi operativi” e il più preciso “ritardo dell’equipaggio in transito da un altro volo” (da evitare quando l’equipaggio è lì da ore che fa le ragnatele con te).
Restava da capire perché, giunti il velivolo e l’equipaggio, il decollo tardasse. Ed ecco la supercazzola subordinata del primo tipo: “L’autorizzazione al decollo arriverà solo fra 7 minuti per ritardo nell’autorizzazione alla partenza, comune a tutti i velivoli sulla pista” (siamo in ritardo perché siamo in ritardo, ma consolatevi: lo sono pure gli altri, non ce l’abbiamo con voi). Subito seguìta, visti gli sguardi sbalorditi dei prigionieri, da quella del secondo tipo: il “traffico elevato nei cieli di Roma per la presenza di troppi aeromobili”. Ma tu guarda: oggi i romani si sono messi d’accordo e, anziché la classica utilitaria, o motorino, o bicicletta, han tirato fuori dal garage il loro bimotore o cacciabombardiere personale e sono decollati tutti insieme. L’alternativa è che c’entri il ministro dei Trasporti, tale Matteo Salvini, che può essere accusato di assenteismo solo da chi ignora di cosa sarebbe capace se fosse presente al ministero. Ove mai si mettesse a lavorare, toccherebbe aggiornare lo scusario: “Ritardo dovuto al regolare arrivo del ministro”.
Il Fatto Quotidiano, 23 luglio 2024