Marco Travaglio espone i mali endemici che affliggono il Partito Democratico (Pd), partito fondato nel 2007, e la politica italiana in generale. Attraverso l’esempio di recenti arresti e indagini in Piemonte, che coinvolgono figure legate al Pd in accuse di corruzione e associazione mafiosa, Travaglio illustra come il partito sia diventato un aggregato di interessi personali e potere, piuttosto che un veicolo di ideali politici. Nonostante il suo declino, il Pd sopravvive grazie al sostegno dei poteri finanziari, allo scambio di favori e voti, e all’assenza di alternative credibili, mantenendosi in una posizione di mediocrità elettorale. La continuazione di queste pratiche, insieme alla resistenza a rinnovarsi veramente, non solo rappresenta un problema per la leader attuale, Elly Schlein, ma evidenzia anche le sfide più ampie della politica italiana, dove alleanze strategiche finiscono per contaminare i partiti con la corruzione e compromettere la fiducia degli elettori.
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di Marco Travaglio
Nel 2003, in un lampo di sincerità, Massimo D’Alema disse all’Espresso: “La sinistra di per sé è un male. Soltanto l’esistenza della destra rende questo male sopportabile”. E non aveva ancora visto il Pd, fondato (ma mai nato) nel 2007 dai residuati bellici del Pci-Psi-Pds-Ds e della sinistra Dc-Ppi-Margherita. L’ultima retata in Piemonte parla da sé: Roberto Fantini, garante regionale della legalità in quota Pd ed ex manager autostradale Sitaf, arrestato per concorso esterno in mafia; e Salvatore “Sasà” Gallo, 85 anni, ex ras della Sitaf, craxiano e poi fassiniano, indagato per corruzione elettorale ed estorsione. Gallo è stato intercettato mentre compra voti e tessere con minacce, favori, assunzioni, nomine, cambi d’uso di terreni, bus e cassonetti ad personam fino alle elezioni del 2021, quando Lo Russo divenne sindaco al posto della Appendino e “Sasà” piazzò tre dei suoi in Comune e cinque nelle circoscrizioni col Pd, che ora candida suo figlio Raffaele capolista alle Regionali.
Il fatto che questo non-partito di non-idee, sommatoria di sultanati votati al potere per il potere, sopravviva da 17 anni passando da Veltroni a Franceschini a Bersani a Epifani a Renzi a Orfini a ri-Renzi a Martina a Zingaretti a Letta a Schlein, riuscendo a governare con B., Lega e 5Stelle senza mai vincere un’elezione né muovere una foglia sui territori spiega bene perché galleggi sempre fra il 17 e il 21%: dall’altra parte c’è una destra ancor più indecente; e la manutenzione del potere senza mai una scelta netta accontenta più gente possibile e ne scontenta il meno possibile. Il resto lo fanno l’abitudine (c’è ancora chi crede di votare per Berlinguer); l’appoggio dei poteri finanziari e dei loro media; e i voti scambiati e controllati. Non solo in Puglia e Piemonte: in quasi tutte le regioni. È un bel guaio per Schlein, ma ancor più per i suoi alleati. Ti allei con lei e ti ritrovi Gallo in Piemonte, i capi-coop in Lombardia, Toscana ed Emilia Romagna, i Ruberti-boy in Lazio, D’Alfonso in Abruzzo, i De Luca in Campania, Maurodinoia & C. in Puglia, l’andreottiano Chiorazzo in Lucania, le solite famiglie in Calabria ecc. Elly aveva giurato di cacciarli, ma c’è sempre un’elezione che rende i cacicchi indispensabili e il repulisti rinviabile all’anno del mai. Ora i giornali raccontano gli scandali di Torino e Bari nelle pagine dispari e in quelle pari si domandano perché l’Appendino a Torino e Conte a Bari stiano alla larga dai dem: slealtà? tradimento? egemonismo? La risposta è nelle pagine dispari: chi va col Pd rischia di sporcarsi e tocca a Elly dargli un valido motivo per farlo senza insozzarsi. Ci si può pure alleare e coprire di fango, ma poi gli elettori non controllati e non mitridatizzati se ne stanno a casa.
Il Fatto Quotidiano, 7 aprile 2024