di Elena Basile
Le relazioni internazionali odierne sono caratterizzate da alcuni fattori che non hanno precedenti. Il rischio di conflitto nucleare assorbito nelle dinamiche delle superpotenze è dato per scontato dagli analisti. L’utilizzo di armi nucleari è coniugato con la guerra convenzionale nelle dottrine militari. La deterrenza intesa come Mutual Assured Defence ha lasciato il posto alla ricerca delle garanzie per poter effettuare un primo colpo nucleare senza conseguenze. L’orologio dell’apocalisse, nato nel 1947, aveva posizionato le lancette a sette minuti dalla mezzanotte, ora simbolica dell’Armageddon nucleare. Nel 2023 gli studiosi hanno ri-cronometrato l’orologio spostando le lancette a soli 90 secondi dall’apocalisse.
Se la propaganda è sempre esistita, tuttavia l’esistenza di tre agenzie di stampa internazionali che dettano le veline ai media del mondo occidentale, la concentrazione dei gruppi mediatici in grandi agglomerati, l’osmosi tra proprietà dei media e oligarchie finanziarie, costituiscono requisiti essenziali che forgiano il pensiero unico. Ci troviamo in una fase del capitalismo finanziario nella quale il lavoro è stato parcellizzato e arretra almeno dagli anni Ottanta rispetto al capitale. Il mantenimento di società affluenti e di standard di vita abitudinari, nel momento in cui la tassazione è rifuggita dal capitale e dalle élite, è stato possibile in virtù del debito, del graduale smantellamento dello Stato sociale e di un ordoliberismo divenuto parte strutturale dei trattati europei. L’Ue si è costruita come un gabinetto d’affari, dominata dalle lobby e dagli interessi delle oligarchie, con uno spaventoso deficit democratico. Impone nei vertici intergovernativi indirizzi non scelti dal cittadino europeo, attuati da un organo burocratico che non risponde al Parlamento, anch’esso del resto ibrido, privo di iniziativa legislativa. Il gioco democratico e la dialettica sociale presenti negli Stati nazionali sono scalzati dal ricorso agli elementi di sovranazionalità funzionali alle politiche economiche procicliche, in grado di approfondire le asimmetrie tra Nord e Sud, comprimere la domanda e gli investimenti nei beni comuni, nutrire con copiose iniezioni di liquidità il minotauro del debito. Questi, in estrema sintesi, i dati peculiari odierni che influenzano gli scenari mondiali in modo strutturale e duraturo. La militarizzazione del dollaro è espressione del denial, termine psicoanalitico che ben si adatta alla postura statunitense. Il tentativo di rinnegare la realtà del declino del mondo occidentale e dell’organizzazione del Sud globale intorno al rivale strategico Cina e ai Brics risulta perdente e pericoloso.
In questa cornice vanno inserendosi le variabili della politica contingente: l’elezione di Trump, l’avanzare delle destre europee, l’ancorarsi della burocrazia Ue e della politica democristiana della falsa sinistra al “deep State” statunitense. L’elezione di Trump ha sconvolto le élite europee. È sbalorditivo ascoltare gli esponenti delle due destre (centrodestra e centrosinistra). Scoprono oggi che gli Stati Uniti sono un impero aggressivo, che sono una oligarchia illiberale, che hanno rinunciato al multilateralismo e perseguono in Europa i propri interessi geopolitici economici ed energetici. Hanno avuto bisogno del linguaggio grezzo e poco mediato di Trump per realizzare quello che a un analista attento è evidente da diversi decenni. Le politiche di Trump non sono diverse da quelle precedenti degli Stati Uniti, è cambiata soltanto la forma, si difende in modo rozzo l’ideologia della forza contro il diritto internazionale, il suprematismo bianco, l’egemonia Usa. Con i democratici si respingevano i migranti ma si spendevano buone parole sull’uguaglianza di tutte le razze, si era complici dei crimini a Gaza, ma non si dimenticavano i buoni sentimenti, si perseguivano i propri interessi in un’Europa vassalla, utilizzando il popolo ucraino come carne da macello per erodere il potere russo, si criminalizzava un giornalista eccezionale per coraggio e candore come Assange.
È esilarante ascoltare Romano Prodi o Dominique de Villepin, esponenti democristiani del centrosinistra e gollisti che hanno mostrato competenza politica, e che oggi appaiono allarmati dall’impero e auspicano un’Europa, polo strategico autonomo, nella Nato. Non si sono accorti del ventennio unipolare, delle guerre per l’esportazione della democrazia, delle Primavere arabe e del disastro libico, della guerra civile fomentata dagli Stati Uniti in Siria, dell’utilizzo del jihad ai fini del predominio, dell’influenza della finanza sulla politica, delle rivoluzioni colorate. Dai bombardamenti di Belgrado in poi non hanno osservato l’impero in azione. Chissà, hanno creduto in buonafede allo zio Tom, che sollevando la bandiera a stelle e strisce portava democrazia, dollari e pace ovunque.
Il Fatto Quotidiano, 4 febbraio 2025