Esistono arcipelaghi in tutto il mondo. Le Baleari, le Canarie, le Eolie, le Cicladi. Ovunque, quando due o più isole condividono uno spazio geografico, vengono considerate un arcipelago. Ovunque, tranne qui, nel Mediterraneo occidentale, dove Sardegna e Corsica – separate da una lingua d’acqua di circa 12 chilometri – vengono trattate come due entità isolate, senza nessun legame naturale, storico o culturale. Un’anomalia che persiste solo per esigenze politiche, perché per chiunque abbia un minimo di onestà intellettuale le due isole formano un sistema insulare unitario. Ma guai a dirlo.
Nel corso della storia, Sardegna e Corsica sono state considerate un’unica entità amministrativa in più occasioni. Nei documenti medievali, si parlava di “Corsica et Sardinia”, non come espressione spontanea dei popoli locali, ma come un’invenzione politica del Papato e del Sacro Romano Impero, utile a spartire i domini tra Pisa, Genova e la Corona d’Aragona. Le Bocche di Bonifacio sono sempre state un crocevia naturale per scambi commerciali, culturali e perfino per le invasioni, non certo una barriera. Ma oggi questa continuità è negata con una pervicacia degna di miglior causa.
Se i rapporti tra le due isole sono stati separati a livello amministrativo, lo si deve a una lunga serie di decisioni imposte da chi aveva tutto l’interesse a spaccare un sistema che funzionava. Prima i genovesi, che trattavano la Corsica come una colonia privata, poi i francesi, che nel 1769 si sono annessi l’isola schiacciando nel sangue l’indipendentismo corso di Pasquale Paoli (uno che, mentre in Francia si giocavano ancora a carte l’Ancien Régime, aveva già scritto una Costituzione moderna). Intanto, la Sardegna veniva barattata ai Savoia nel 1720, trattata come un fastidio dai torinesi, che la considerarono una zavorra da scaricare appena possibile.
Nel Novecento, il destino non è migliorato: la Corsica resta un avamposto periferico di Parigi, mentre la Sardegna è stata ridotta a discarica delle geniali politiche economiche italiane, tra petrolchimico, speculazione turistica e servitù militari. Due isole marginalizzate dai rispettivi Stati, sempre più isolate tra loro.
La Sardegna e la Corsica non sono considerate un arcipelago. Ma sapete cosa invece viene considerato un arcipelago?
- Le Isole Britanniche, che comprendono il Regno Unito e l’Irlanda, pur essendo divise in due Stati distinti.
- Le Piccole Antille, che ospitano isole appartenenti a vari Stati, tra cui Francia, Paesi Bassi e Regno Unito.
- Le Isole della Sonda, divise tra Indonesia e Timor Est.
- Persino le Isole Salomone, con parte dell’arcipelago appartenente a Papua Nuova Guinea.
Allora perché Sardegna e Corsica no? Semplice: perché il riconoscimento dell’arcipelagità implicherebbe relazioni dirette tra le due isole, senza passare per Roma e Parigi. E questo, per i governi centrali, è intollerabile.
Se Sardegna e Corsica iniziassero a ragionare come un arcipelago, potrebbero strutturare politiche comuni in ambito economico, energetico, turistico e ambientale, senza dover sempre chiedere il permesso ai rispettivi governi centrali. Potrebbero persino ragionare su una cooperazione politica più stretta, come avviene in altri contesti insulari del mondo. Ma tutto questo fa paura. Meglio mantenere in vita il mito delle “due isole separate”, come se quei 12 chilometri d’acqua fossero un fossato invalicabile.
E mentre si nega l’evidenza geografica, le Bocche di Bonifacio restano una delle zone più strategiche del Mediterraneo, con un traffico navale intensissimo e, soprattutto, con esercitazioni militari che continuano a mettere a rischio l’ambiente marino. Certo, non è la zona più militarizzata del Mediterraneo, ma è comunque soggetta a una pressione costante, e qualsiasi ipotesi di protezione ambientale viene subito subordinata agli interessi geopolitici.
Forse, un giorno, qualcuno si sveglierà e si accorgerà che Sardegna e Corsica non sono due meteore alla deriva, ma due parti di un unico sistema insulare. E magari – ma questo è chiedere troppo – si potrebbe persino cominciare a costruire relazioni politiche, economiche e culturali autonome senza che Roma e Parigi debbano dettare l’agenda.
Nel frattempo, possiamo continuare a far finta di nulla. Tanto, a quanto pare, il concetto di arcipelago è un concetto variabile. Vale ovunque, tranne che dove darebbe fastidio.