La fabbrica dei santi dello Stato, molto meno selettiva di quella della Chiesa, ne ha sfornati altri due in un sol giorno. Non bastando San Silvio, pure Arnaldo Forlani e Attilio Fontana. Alle esequie dell’ex premier Dc, monsignor Vincenzo Paglia l’ha descritto come un martire che, dopo la “tempesta giudiziaria”, “bevve la cicuta fino in fondo”. La tempesta è l’indagine sulla più enorme mazzetta vista in Europa prima dell’avvento di Previti: la maxitangente Enimont (140 miliardi di lire), di cui Forlani confessò a Di Pietro di aver concordato una quota per la Dc con Carlo Sama. Dopodiché fu condannato, e ci mancherebbe pure. Quanto alla cicuta, è improbabile che Socrate-Forlani l’abbia bevuta, e fino in fondo: sennò non sarebbe campato fino a 97 anni.
L’altro santo è Fontana, presidente della Lombardia, prosciolto anche in appello per lo scandalo dei camici di suo cognato. Il popolare Artiglio ritiene così dimostrata la sua “correttezza”, mentre la Santanchè – un’intenditrice – loda la sua “integrità” e Salvini chiede addirittura “le scuse” dai 5S, dal Pd e dai media (Report e il Fatto) che denunciarono il conflitto d’interessi tra Fontana e il cognato. Spiace deluderli, ma la Corte non dà né può dare patenti di integrità e correttezza, perché non smentisce un solo fatto: conferma il verdetto del gup che escludeva la rilevanza penale della condotta di Fontana. Il quale, smascherato da Report e dal Fatto, si era affrettato a trasformare in “donazione” il contratto di “fornitura” da 513mila euro gentilmente offerto senza gara dalla sua Regione al cognato; e poi ad abbuonargli 25mila camici non consegnati e a tentare di rimborsargli metà dei mancati introiti (sui 50mila pezzi già forniti) con 250mila euro bonificati da un suo conto svizzero (quindi il cognato non voleva “donare” un bel nulla). Ma l’operazione fu bloccata dall’antiriciclaggio: così si scoprì che il presidente aveva conti in Svizzera con la presunta eredità materna di 5,3 milioni tenuti illegalmente su due trust delle Bahamas e fatti rientrare (per finta) in Italia nel 2015 con la voluntary disclosure. Né Report né il Fatto né i suoi avversari hanno mai parlato di reati: ma evidenziato uno scandalo etico-politico grosso come una casa, per il conflitto d’interessi cognatistico, per le tragicomiche bugie e per l’indecenza dei conti plurimilionari in Svizzera sempre taciuti agli elettori. Il fatto che in Italia tutto ciò sia lecito allieta comprensibilmente Fontana, ma dovrebbe preoccupare tutti gli altri. Perché qualunque amministratore pubblico sa di poterlo rifare impunemente grazie a una legge sul conflitto d’interessi che grida vendetta. Ecco: siamo noi che aspettiamo le scuse da chi l’ha fatta e da chi continua ad approfittarne.
Il Fatto Quotidiano, 12 luglio 2023