Nessuno può sapere come finirà la marcia-retro marcia su Mosca di Prigozhin e della sua banda mercenaria. Perché nessuno è nella sua testa e in quella dei suoi eventuali mandanti, interni o esterni, né in quella di Putin e degli altri boss russi. Ma gli epiloghi delle prove di guerra civile possono essere soltanto quattro.
1) Putin spazza via la rivolta della brigata Wagner e resta al potere più forte di prima.
2) Putin viene spazzato via dalla saldatura fra il tradimento dei soldati di ventura e quello di parte forze armate regolari e sostituito da qualcun altro, probabilmente peggiore di lui: uno di quelli che lo contestano non per la guerra in Ucraina, ma per essersi limitato a un’ “operazione special e” troppo prudente ed esitante.
3) Putin tratta con Prigozhin e si arriva a un compromesso, che rafforza il secondo e indebolisce il primo, sacrificando il ministro della Difesa Shoigu e riconoscendo in qualche modo il ruolo della Wagner nelle forze regolari.
4) Si apre una lunga e caotica guerra civile senza sbocchi, con pezzi di Russia controllati dai militari lealisti e altri dai mercenari e da reparti ammutinati; intanto la controffensiva ucraina, finora disastrosa, riprende fiato e piede approfittando del caos sul fronte avverso, magari riconquistando la Crimea che non solo Putin, ma tutti i russi e gran parte dei crimeani considerano Russia.
Malgrado il tifo che gli “atlantisti” più stupidi (quelli di casa nostra) fanno in queste ore per Prigozhin, non più cuoco-macellaio ma benemerito alfiere della verità che “smaschera le menzogne di Putin”, nessuno dei quattro scenari conviene all’Occidente , tantomeno all’Europa: né un Putin rafforzato, né un Putin indebolito e ostaggio dei falchi o addirittura rimpiazzato da qualcuno più estremista e feroce di lui ( c’è l’imbarazzo della scelta); né una Russia destabilizzata dalla seconda guerra alle porte dell’Europa oltre a quella ucraina. Anche perché ciascuno scenario (tranne forse il primo) avvicinerebbe il rischio che qualcuno ricorra al nucleare, pescando per disperazione fra le 6mila o 9mila testate atomiche disseminate in Russia (e forse in Bielorussia). Chi, ingenuamente o dolosamente, pensava che i problemi a Est si sarebbero risolti con un bel golpe a Mosca – da Biden, subito smentito da chi a Washington ancora ragiona, ai fanatici inglesi, polacchi e baltici – ora trema all’idea che la Russia si spappoli come i Balcani, l’Iraq, l’Afghanistan e la Libia. Con la differenza che la Russia è infinitamente più vasta e pericolosa di tutti quei Paesi destabilizzati dalle guerre folli e suicide della Nato. Nulla è peggio della permanenza di Putin al potere, tranne la prospettiva di vederlo cadere e poi di doverlo rimpiangere.
Il Fatto Quotidiano, 25 giugno 2023