Anzitutto tranquillizziamo i lettori: il Fatto disobbedirà alla schiforma Nordio e continuerà a pubblicare tutte le intercettazioni, le carte e i verbali giudiziari d’interesse pubblico. Anche se sono segreti, o riguardano “terzi” non indagati, o non sono passati al vaglio del giudice. Faremo obiezione di coscienza contro una legge che viola il diritto-dovere d’informazione sancito dalla Costituzione, dalla Convenzione sui diritti dell’uomo e dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo che da vent’anni fa prevalere il diritto di cronaca sulla riservatezza dei potenti. Verremo denunciati e indagati e, se non troveremo un giudice coraggioso che ci prosciolga disapplicando la norma illegittima (come già avvenne con la schiforma berlusconiana sulle rogatorie), ci rivolgeremo alla Corte di Strasburgo, che condanna regolarmente gli Stati quando osano trascinare in tribunale i giornalisti per aver fatto il proprio mestiere e il proprio dovere.
A pag. 4 trovate la lista degli scandali – penalmente rilevanti o meno, ma tutti eticamente rilevantissimi – che l’opinione pubblica ignorerebbe se il bavaglio Nordio (figlio di molti tentativi abortiti di B. e della presunta “sinistra”) fosse già stato in vigore. Perché questa riforma non tutela affatto – come dice il Guardagingilli – “l’onore e la privacy” (male non fare, paura non avere). Ma danneggia tutti i cittadini onesti per tutelare i colpevoli (di reati o comunque di condotte vergognose). Ed è incredibile che a protestare ci siano i magistrati e qualche giornalista, ma non l’avvocatura associata. Perché le prime vittime della schiforma sono proprio i cittadini più deboli: cioè le possibili vittime di abusi di potere (i favoritismi puniti finora con l’abuso d’ufficio e in futuro non più, con tanti saluti al dovere costituzionale di imparzialità della Pa) e di errori giudiziari. Oggi, se un pm deviato o incapace nasconde o ignora intercettazioni che scagionano l’indagato, l’avvocato può scoprirle e divulgarle sui media per salvarlo subito. Da domani, col divieto di pubblicare atti del pm non vagliati dal giudice, la prova dell’innocenza dell’indagato non potrà più uscire se non in tribunale, dopo anni. E qui casca il Nordio dei finti “garantisti”. Si riempiono la bocca di innocenti perseguitati, ma nelle loro menti l’innocenza non è proprio contemplata: a furia di legiferare per gli amici colpevoli, escludono a priori che qualcuno possa non esserlo. Infatti ora agevolano la latitanza degli arrestandi imponendo di avvisarli cinque giorni prima (sono i colpevoli che fuggono, non gli innocenti) e vietano di pubblicare le intercettazioni dando per scontato che contengano prove di colpevolezza, non di innocenza. E, vista la gente che frequentano, c’è da capirli.
Il Fatto Quotidiano, 17 giugno 2023