Quando abbiamo sepolto la diplomazia?

Siamo davvero arrivati a un punto nel quale non c'è altra soluzione che ingaggiare un'improbabile gara a chi ha il missile più grosso o la testata più distruttiva?

In questa foto c’è il riassunto del fallimento delle classi dirigenti europee che oggi vogliono trascinarci verso la guerra totale, o comunque regalarci un futuro fatto di paura, tensione costante, militarizzazione, impoverimento ulteriore, arretramento nei campo dei diritti sociali, civili, economici.

Era l’8 novembre 2011, e in Germania si teneva la cerimonia di inaugurazione del gasdotto Nord Stream, costruito per portare agevolmente il gas russo in Europa. Si sugellava in quella sede una “partnership” strategica di lungo periodo. Come vedete erano presenti Angela Merkel, Dmitrij Medvedev e persino l’attuale segretario NATO Mark Rutte, quello che oggi invita i Paesi europei a tagliare le spese sociali per comprare armi da puntare contro i russi.

Sembra passata un’era geologica, eppure meno di quindici anni fa russi ed europei andavano d’accordo e investivano nella cooperazione, nella creazione di un clima di amicizia e fiducia reciproca. Ricorderete quanto buoni fossero per esempio i rapporti tra Putin e l’allora presidente del consiglio italiano Berlusconi. Io quest’ultimo l’ho sempre avversato per tutto quello che la sua agenda politica interna ha comportato per l’Italia – oltre che per la sua distruttiva TV commerciale – però devo riconoscere che lui avesse capito che era tutto interesse dell’Europa quello di legare a se i russi, anziché spingerli verso la Cina.

Cosa è andato storto in questi quindici anni? Dal colpo di stato in Ucraina alla guerra nel Donbass, la propaganda tende a dipingere tutto come bianco o nero, a scaricare tutte le responsabilità sull’altra parte assolvendo se stessi. La verità è che ci sono responsabilità reciproche, e nessuno che abbia un minimo di consapevolezza può oggi pensare che la distruzione del rapporto tra Europa e Russia sia tutta colpa del “mostro” russo, mentre noi siamo stati impeccabili. Le classi dirigenti europee hanno volutamente deciso in questi anni di bruciare ogni possibilità diplomatica che di volta in volta si è aperta per arginare un conflitto geograficamente circoscritto, anzi hanno fatto di tutto per alimentarlo e fomentarlo.

Certo, non è neanche tutta colpa dei nostri, ovviamente. Dall’altra parte non ci sono dei santi e Putin non ci ha pensato due volte a invadere i territori contesi contribuendo a portare la crisi su un livello superiore.

Ma il punto oggi per l’Europa sarebbe quello di approfittare di questa finestra di opportunità che si è aperta con la nuova presidenza americana per chiudere la guerra e provare a ricostruire, certo con tutta la fatica e la pazienza che questo comporterebbe, un dialogo volto a costruire una convivenza pacifica. Mentre i nostri si dimenano per trasformare nel minore tempo possibile l’Europa in un gigantesco campo minato, ieri Trump ha addirittura parlato di disarmo globale e de-nuclearizzazione.

E comunque per noi non ha senso metterla sul piano della deterrenza militare: possiamo spendere in armi 800 oppure 8000 miliardi, chiudere ogni ospedale e azzerare ogni servizio pubblico in nome della corsa al riarmo, ma ogni nostro passo in quella direzione comporterebbe un impegno simile se non superiore da parte della Russia. E poi penso sarebbe pure ora di provare a inventarci qualcosa di migliore rispetto al “se vuoi la pace prepara la guerra” che ormai ha 2500 anni. Elevare lo spirito, provare a gettare su basi diverse la convivenza fra i popoli del mondo. Questo mi aspetterei dai rappresentanti della civiltà occidentale.

È proprio impossibile provare a puntare sulla ricostruzione, certamente lenta e faticosa, di un rapporto con la Russia? Siamo davvero arrivati a un punto nel quale non c’è altra soluzione che ingaggiare un’improbabile gara a chi ha il missile più grosso o la testata più distruttiva?

Secondo me no, ma se davvero i moderni soloni alla guida dell’UE pensano questo, come minimo dovrebbero prima assumersi le loro responsabilità, perché fino a ieri gli amici di Putin sono stati loro, e non certo quelli che oggi chiedono investimenti in diplomazia piuttosto che accettare la logica malsana del riarmo.

Francesco Forciniti

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