Elena Basile esplora come l’Occidente sia spesso colpevole di manipolare la percezione pubblica per giustificare conflitti, citando esempi di politiche occidentali contraddittorie che vanno dalla deportazione di immigrati in Inghilterra alla complicità in violenze in Medio Oriente. Sottolinea come l’opinione pubblica sia indifferente di fronte a gravi violazioni dei diritti umani e critica la propensione all’interventismo militare in Ucraina, mettendo in discussione la moralità e le conseguenze delle azioni occidentali. Basile denuncia la retorica di guerra, considerandola un ecosistema di propaganda che non solo giustifica azioni aggressive, ma spinge anche giovani europei verso un conflitto diretto, evocando paragoni con l’atmosfera pre-bellica della Prima guerra mondiale. Nel contesto italiano, evidenzia l’ipocrisia delle politiche sanzionatorie contro la Russia e il dilemmatico impatto sulle imprese italiane, concludendo con un appello per una politica più autonoma e meno influenzata dagli interessi geostrategici statunitensi.
* * *
di Elena Basile
Come scrive Domenico Gallo in un superbo articolo, ormai l’opinione pubblica riesce ad avallare crimini che soltanto qualche decennio addietro sarebbero stati inconcepibili in Europa. È passata sotto silenzio la notizia ormai riscontrata di 500.000 morti ucraini dall’inizio della guerra. Un Paese fallito, che applica la legge marziale e manda al fronte con reclutamenti forzati, decima la sua gioventù per assecondare interessi statunitensi, dovrebbe essere la bandiera dell’Occidente liberale?
I benpensanti non notano contraddizioni. Sunak, primo ministro di un Paese che era l’emblema del liberalismo, emana un provvedimento sulla deportazione in Ruanda degli immigrati clandestini sbarcati sulle coste inglesi. Stiamo tornando indietro a prima del 1807 quando fu abolita la tratta degli schiavi. L’Occidente si rende complice dello sterminio di donne e bambini a Gaza e in Cisgiordania, della carestia programmata da Israele e solo gli studenti insorgono, arrestati e discriminati dalla stampa che, con una terribile mancanza di vergogna, li insulta definendoli antisemiti. Il presidente di un Paese democratico europeo prepara la strada per l’invio di truppe francesi e auspicabilmente europee e Nato in Ucraina per uno scontro diretto con una potenza nucleare. I giovani francesi sono d’accordo a morire per rifiutare la neutralità dell’Ucraina? Un giornalista, corrispondente a Bruxelles per anni di un rinomato giornale, sempre incline a spiegare l’Europa all’Italia, mai l’Italia all’Europa, un giornalista che ho conosciuto bene da ambasciatrice e che un tempo esprimeva un’apprezzata logica nell’analisi delle relazioni tra Europa e Mosca, ora scende in campo per difendere l’iniziativa di Macron. Bisogna ricompattare le file in un momento così delicato della storia europea e prima delle elezioni la vera discriminante dev’essere tra chi sceglie la guerra con la Russia e gli altri, i cattivi, i pacifinti, i disfattisti. Sembra di ritornare alla vigilia della Prima guerra mondiale. Ma questi cani da guardia sono veramente inconsapevoli delle loro responsabilità, non hanno figli e nipoti da proteggere?
Come sempre nella storia il conflitto è giustificato dalle menzogne, dall’aggressione russa, dalla violazione del diritto internazionale, dalla minaccia imperialistica all’ordine liberale e all’Europa stessa. L’Occidente crea il mondo che poi combatte. Dal maggio del 2022 Ipazia e tanti altri analisti hanno preconizzato la sconfitta dell’Ucraina, il fallimento di una politica neoconservatrice statunitense che applica dal ventennio unipolare lo stesso schema distruttivo, destabilizzando intere regioni del mondo. Il colpo di Stato di piazza Maidan, di cui esistono prove oggettive, e la documentata escalation Nato ci hanno portato al conflitto. Abbiamo creato noi l’aggressore trasformando Kiev in un’anti-Russia. E ora vorrebbero trascinare i nostri giovani in guerra per combattere la realtà da essi stessi creata? Dobbiamo rispondere alla violazione del Diritto internazionale, recita il presidente Mattarella senza sostanziali differenze da Meloni e da Schlein. Abbiamo per caso fornito armi a Baghdad o a Kabul contro gli invasori Usa? E l’aggressione alla Libia avrebbe dovuto determinare il giusto rifornimento di armi e di intelligence al Paese aggredito da parte di Cina e Russia?
Orwell affermava che la libertà è dire che 2 più 2 fa 4. Da questa discendono tutte le altre. Ma la voce della razionalità sta morendo sommersa dalla visione egocentrica e predatrice dell’Occidente che considera il Diritto internazionale un insieme di false regole a difesa dei propri interessi geostrategici.
Si apre il tavolo con la Confindustria alla Farnesina. Echeggia la propaganda. Di fronte agli attoniti imprenditori italiani che temono per le loro imprese in Russia si balbetta il catechismo: difesa del diritto internazionale e della libertà. In realtà l’Italia partecipa dal 2014 a una vera e propria guerra economica contro la Russia che dal 2022 ha avuto lo scopo dichiarato (da Draghi, da Letta, dalla Meloni) di mettere Mosca in ginocchio, dare una batosta alla sua economia e provocare la caduta di Putin. Le sanzioni, innocue per Svezia e Polonia, sono state esiziali per Germania e Italia. Non si potevano prevedere ritorsioni? Il ministro Tajani veramente scende dalle nuvole? Il tavolo ora dovrebbe magicamente difendere le imprese italiane che sono ormai alla mercé di Mosca. E come? Avendo il coraggio come fa la Turchia di dissociarsi dalla politica criminale della Nato? Dopo il sequestro illegale di 300 miliardi russi gli angloamericani, incuranti delle sorti dell’euro, vorrebbero convincerci a utilizzarli per aiuti finanziari all’Ucraina. In questo clima Tajani convoca l’ambasciatore russo alla Farnesina. Per dirgli cosa? Quanto siamo inetti a difendere gli interessi italiani e di tutta l’Europa?
Il Fatto Quotidiano, 7 Maggio 2024