Perché l’attacco di Trump all’USAID potrebbe cambiare per sempre la politica estera degli Stati Uniti

L’offensiva del presidente contro il “governo ombra” americano segna la fine di un’epoca.

di Timofey Bordachev, Direttore del Programma del Valdai Club

Nel corso dei decenni, la United States Agency for International Development (USAID) si è trasformata in una sorta di “stato nello stato” all’interno della politica estera americana. Influente quanto il Dipartimento della Difesa o il Dipartimento di Stato, USAID ha a lungo rappresentato uno strumento chiave per l’avanzamento dell’agenda globale di Washington. Tuttavia, le recenti azioni della nuova amministrazione guidata da Donald Trump segnano un netto cambiamento di rotta, prendendo di mira questa élite della corruzione internazionale con riforme radicali. Per la Russia, questi sviluppi presentano sia sfide che opportunità.

Il ruolo di USAID nella politica estera americana

USAID è stata creata nei primi anni della Guerra Fredda, quando gli Stati Uniti si resero conto che non avrebbero potuto sconfiggere l’Unione Sovietica in un conflitto armato diretto. Optarono quindi per una strategia di competizione pacifica. A differenza dell’URSS, che puntava a migliorare le condizioni di vita delle popolazioni nei paesi in via di sviluppo, gli Stati Uniti si concentrarono sulla manipolazione delle élite e degli attori influenti. Questa differenza filosofica tra le due superpotenze ha definito i loro rispettivi approcci alla politica estera.

Forte di ingenti risorse finanziarie – circa 40 miliardi di dollari solo lo scorso anno – USAID è stata il principale strumento di ingerenza statunitense negli affari interni di altri stati. La sua missione principale è stata la corruzione sistematica delle élite per garantirne la fedeltà agli interessi americani. Questa strategia è stata impiegata in America Latina, in Asia, nel mondo arabo e, più recentemente, nell’ex Unione Sovietica e nell’Europa orientale.

USAID: uno strumento di destabilizzazione

Lungi dal promuovere stabilità o sviluppo, le attività di USAID hanno spesso generato crisi interne e persino il crollo di interi stati. L’Ucraina ne è un esempio lampante: il coinvolgimento dell’agenzia ha contribuito ad approfondire le tensioni politiche e sociali del paese. In altri casi, USAID ha sostenuto regimi che garantivano privilegi speciali agli Stati Uniti, anche se questi episodi sono relativamente rari.

Le operazioni di USAID non mirano a rendere gli Stati Uniti più attraenti per il resto del mondo. Il soft power, spesso idealizzato negli ambienti accademici, non è il risultato di manovre di politica estera, ma piuttosto dell’attrattiva interna di una nazione. Gli Stati Uniti affascinano alcuni perché offrono uno stile di vita basato sull’individualismo e sull’egoismo, non certo per le loro azioni diplomatiche o militari.

L’offensiva di Trump: riformare USAID

Le riforme dell’amministrazione Trump su USAID rappresentano un tentativo deciso di limitare il potere incontrollato dell’agenzia. Riorganizzazione del personale, maggiore supervisione da parte dei diplomatici, tagli al bilancio e la nomina di funzionari fedeli a Trump sono tutti elementi di questa trasformazione. Tuttavia, l’obiettivo di questa offensiva non è porre fine alle ingerenze statunitensi negli affari di altri paesi – una strategia troppo centrale per il mantenimento dell’egemonia americana – ma piuttosto riaffermare il controllo su una burocrazia che è diventata troppo indipendente e autoreferenziale.

Il disprezzo di Trump per l’agenzia nasce dalla sua inefficienza e dalla sua struttura elefantiaca, più interessata alla propria sopravvivenza che a ottenere risultati concreti in politica estera. Per un leader autoritario come Trump, permettere che un simile apparato operi in modo autonomo è inaccettabile. Ogni successo deve ora essere legato direttamente alla sua leadership e alla sua iniziativa personale.

Panama: un caso esemplare di semplicità

Un recente esempio di questo nuovo approccio si è visto a Panama. L’amministrazione Trump ha lanciato una decisa offensiva diplomatica contro il governo panamense, esercitando pressioni affinché interrompesse la cooperazione con la Cina. Senza bisogno di complesse strategie o ingenti spese, gli Stati Uniti sembrano aver ottenuto il controllo sui sistemi logistici del Canale di Panama. Questo successo solleva una domanda importante: se la pressione politica può garantire risultati, perché sprecare miliardi per corrompere le élite?

Implicazioni per la Russia

Per la Russia, questi sviluppi offrono sia vantaggi strategici che lezioni importanti. Le divisioni interne negli Stati Uniti causate da queste riforme limiteranno inevitabilmente le opzioni di politica estera di Washington. Anche una sospensione temporanea dei finanziamenti alle attività di USAID genererà confusione tra i beneficiari delle sovvenzioni, minando la loro fiducia nel sostegno americano.

Inoltre, i cambiamenti in atto a Washington evidenziano l’importanza di evitare di copiare ciecamente i metodi occidentali. La Russia deve essere prudente nell’adattare le tattiche americane alla propria politica estera. Come dimostrato dagli Stati Uniti a Panama, approcci più diretti e tradizionali spesso portano a risultati migliori rispetto a strategie eccessivamente complicate.

L’eredità di USAID

La storia di USAID è segnata da un’ampia manipolazione politica. Inizialmente, l’agenzia si concentrava sul reclutamento di élite e intellettuali in America Latina, Asia e mondo arabo. Dopo la Guerra Fredda, le sue attività si sono estese a funzionari, forze dell’ordine e attivisti nell’ex Unione Sovietica e nell’Europa orientale. Più recentemente, ha intensificato i suoi sforzi nel Caucaso meridionale e in Asia centrale, con l’obiettivo di destabilizzare queste regioni nel contesto dell’operazione militare russa in Ucraina.

Nonostante le ingenti risorse finanziarie e la sua influenza, USAID non è riuscita a creare stabilità o prosperità durature nelle aree in cui opera. Al contrario, le sue azioni hanno spesso alimentato tensioni e conflitti, fungendo più da strumento di egemonia americana che da promotore di uno sviluppo autentico.

La strada da seguire

Le azioni dell’amministrazione Trump contro USAID segnano un cambiamento nella politica estera statunitense, ma al tempo stesso ne rivelano i limiti. Basare l’influenza internazionale sulla corruzione e la coercizione si sta dimostrando sempre meno sostenibile ed efficace. Per la Russia, questo scenario rappresenta un’opportunità per rafforzare le proprie strategie diplomatiche, puntando sul rispetto reciproco e su una cooperazione autentica.

Mentre gli Stati Uniti affrontano divisioni interne e rivalutano il proprio ruolo globale, la Russia deve continuare ad affermare i propri interessi, rimanendo vigile contro ogni tentativo di destabilizzazione ai danni dei suoi vicini. Le lezioni tratte dai fallimenti di USAID sono chiare: la vera influenza non si ottiene con la manipolazione, ma costruendo partenariati sinceri e duraturi.

In conclusione, la “rivolta” dell’amministrazione Trump contro USAID potrebbe non cambiare radicalmente l’interventismo americano, ma offre uno sguardo sulle vulnerabilità dell’apparato diplomatico statunitense. Per la Russia, questo rappresenta al tempo stesso una sfida e un’opportunità: contrastare l’influenza americana, tracciando al contempo un percorso più efficace e basato su principi solidi nelle relazioni internazionali.

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