Nell’editoriale di Marco Travaglio per “Il Fatto Quotidiano”, l’autore critica aspramente Bruno Vespa per l’uso partigiano della televisione pubblica e il suo attacco alla par condicio. Travaglio ricorda gli eventi del 2001, quando Vespa accusò giornalisti e artisti come Biagi, Santoro, Luttazzi e Benigni di violare la par condicio per aver trasmesso verità scomode su Berlusconi e Dell’Utri, entrambi coinvolti in rapporti con la mafia. Nonostante Vespa sia in pensione da 18 anni, continua a beneficiare di contratti privilegiati con la Rai. Travaglio sottolinea come Vespa manipoli i fatti per difendere la destra e il PD, ignorando le sentenze legali che confermano le accuse contro Berlusconi. L’editoriale mette in luce l’ipocrisia e la distorsione della realtà da parte di Vespa, che celebra il suo ruolo di mediatore tra politici, senza affrontare questioni reali e verità scomode.
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L’altra sera, dopo l’ovvia cancellazione dell’illegale tête-à-tête Meloni-Schlein, ci stavamo sbudellando per le rosicate del neo-femminista Vespa (“Hanno proibito il confronto fra due donne”), delle vedove inconsolabili del Pd ansiose di violare la par condicio voluta da loro (“Negano la prima serata alle donne” che imperversano in tutte le prime serate) e delle relative prefiche dei giornaloni, quando è apparso Bruno Lingua in persona. Ovviamente in primissima serata, per replicare l’editto bulgaro e fare il consueto uso criminoso della televisione pubblica pagata con i soldi di tutti. Il noto fuorilegge si è ribellato in diretta alla par condicio e all’Agcom che – per la seconda volta in 20 mesi, prima col duetto Meloni-Letta e ora con quello Meloni-Schlein – gli ha impedito di truccare il voto con marchette ai suoi storici mandanti: la destra e il Pd. E ha raccontato una par condicio che non esiste per accusare di averla violata nel lontano 2001 – come direbbe lui, “senza contraddittorio” – tre giornalisti e due artisti, rei di aver fatto i loro rispettivi mestieri: Biagi, Santoro, il sottoscritto, Luttazzi e Benigni (e s’è scordato Montanelli). Biagi intervistò Benigni sul futuro premier, Luttazzi intervistò me sui rapporti documentati fra Cosa Nostra, B. e Dell’Utri, Santoro trasmise reportage sul tema e li fece commentare da personalità di ogni orientamento. Tutte condotte non solo lecite, ma doverose, che nessuna legge sulla par condicio (che si occupa della parità di spazi televisivi per i candidati) s’è mai sognata di vietare.
Ma per il Dalmata dei mezzibusti lo scandalo è proprio questo: che i giornalisti dessero notizie vere e gli attori satirici facessero satira. Per lui il giornalismo è dirigere il traffico fra le balle dei politici, far pagare dalla Rai 260 milioni di lire a Scattone e Ferraro sul conto di un prestanome per aggirare il sequestro dei beni per i genitori di Marta Russo, ospitare politici che cucinano risotti, fanno karaoke con cantanti, fingono di giocare a tennis con Panatta, firmano contratti-patacca con gli ignari italiani, duettano in due come se fossero candidati solo loro (peraltro finti), fanno da testimonial ai vini della sua masseria. A proposito delle “accuse da ergastolo” che avrei lanciato a Satyricon, Vespa si scorda di rammentare che erano tutti fatti veri, come hanno appurato 24 sentenze del Tribunale di Roma, della Corte d’Appello e della Cassazione respingendo le otto cause civili intentate da B. e dai suoi cari a me, a Veltri, a Luttazzi e a Freccero; che Dell’Utri – a suo dire “massacrato” da Santoro – fu poi condannato a 7 anni per concorso esterno in associazione mafiosa con una sentenza che ritiene provati i finanziamenti di B. a Cosa Nostra dal 1974 a ‘92, l’anno delle stragi.
Dimentica che, per aver fatto il proprio dovere, i personaggi citati sparirono da tutte le tv per anni con l’editto bulgaro, mentre lui, in pensione da 18 anni, è sempre su Rai1 con un programma quotidiano e uno trisettimanale e un principesco contratto da “artista” per aggirare un’altra regola: il tetto agli stipendi della Rai. Siccome poi Santoro è un leader candidato alle Europee, la par condicio l’ha violata proprio lui attaccandolo in contumacia in prima serata senza diritto di replica a tre settimane dal voto; e anche promuovendo Elly Schlein a “leader dell’opposizione” (carica inesistente di sua fresca invenzione).
Ma il momento più alto è quando Vespa sostiene che la “campagna televisiva” del 2001 “costò a Berlusconi da uno a tre milioni di voti”, tant’è che fu definita “crimine politico” da un personaggio autorevole e equilibrato come Cossiga. Ne aveva già parlato nel gennaio scorso, arringando la convention-seduta spiritica di FI all’Eur in memoria del nano estinto. Ma allora disse che avevamo rubato a B. la bellezza di “9 punti” in un mese, facendolo precipitare “dal 58,7% al 49,5%” e “portando a votare Rutelli 3 milioni di italiani” pigri o riottosi. Ora, quattro mesi dopo, le cifre già cambiano (quando si raccontano balle, bisognerebbe almeno coordinarle): quel terremoto scende non si sa bene se a 1 o a 3 milioni di voti, cioè a 2,7 o a 8,1 punti. E non si sa bene in base a quali calcoli scientifici: anche quella campagna elettorale durò 40 giorni, con migliaia di ore di propaganda berlusconiana su Rai & Mediaset. Ma, secondo Vespa, bastarono 25 minuti di Satyricon, 20 minuti di Biagi e 2 ore di Santoro a far perdere a B. “enorme popolarità e punti, perché veniva presentato come un mascalzone”. Cosa che gli italiani, dopo 2 condanne prescritte per corruzione e finanziamento illecito, 6 processi per corruzione giudiziaria (Sme-1 e Mondadori) e falso in bilancio (Lentini, All Iberian-2, Sme-2, Fininvest), un’indagine per le stragi di Capaci e via D’Amelio, non potevano neppure sospettare. Purtroppo gli si è rotto il pallottoliere proprio quando l’insetto stava calcolando quanti voti gli fece guadagnare lui con lo sketch del Contratto con gli Italiani a cinque giorni dalle elezioni. “Lo convinsi io”, s’è vantato il conduttore-consulente-visagista: “Feci cercare la scrivania di ciliegio nell’attrezzeria Rai”. Chissa ora quale prezioso pezzo di arredamento aveva in serbo per il Contratto con Giorgia & Elly. “Chiunque sia venuto ospite da me non si è mai lamentato”, anche “la Schlein è stata contentissima”. E queste, che per qualunque giornalista di qualunque democrazia sarebbero vergogne da nascondere, per lui sono medaglie da esibire. Chi va da lui non rischia domande né notizie vere. Solo di scivolare sulla bava.
Il Fatto Quotidiano, 18 maggio 2024