La nuova scissione all’interno del Movimento 5 Stelle sembra inevitabile, con Beppe Grillo pronto a rompere con l’attuale leadership di Conte per tornare ai principi originari del movimento. Grillo sta radunando sostenitori tra vecchi membri espulsi e nuovi dissidenti, mentre nomi come Di Battista, Raggi e Toninelli si muovono sullo sfondo. Le tensioni riguardano il controllo del simbolo e l’identità del movimento, con il possibile ritorno alle rigide regole dei due mandati e la non alleanza con altri partiti.
* * *
Scindo, ma non scendo
Nelle cronache fantasy dell’agosto più pazzo del mondo, con i falsi complotti sallustiani, le false tregue a Gaza, le false vittorie ucraine e i falsi democratici Usa, torna un classico della commedia all’italiana: la scissione 5Stelle. Secondo le migliori gazzette, che si candidano per la Collezione Urania, il Beppe Grillo furioso compulsa giureconsulti, avvocati e notai, codici, pandette, commi e cavilli per interrompere la partita della Costituente e andarsene col pallone, anzi col simbolo. Che però non è suo, ma dell’associazione presieduta da Conte e nel contratto di rinnovo della manleva sulle cause penali e civili, il garante s’è impegnato a non sollevare contenziosi su nome, simbolo ed eventuali ulteriori modifiche. Ma questi sono dettagli: scissione sarà. Per tornare alle origini sulla Maginot “due mandati e zero alleanze”, a seguire Grillo saraà uno stuolo di militanti (quelli che lo sfottono e insultano sui social) e di big (quelli scomunicati da Grillo ed espulsi nel 2021 perché si opposero alla sua folgorazione draghiana), fra una “cena segreta” e un tourbillon di telefonate.
Il più gettonato è Di Battista, che la sera della cena segreta era in Spagna a parlare di Gaza e non sente Grillo da tre anni e mezzo dopo la burrascosa rottura su Draghi: nel 2022 Conte ipotizzò di candidarlo e il garante alzò le barricate. Segue a ruota la Raggi, persona perbene e ultima sindaca di Roma prima del nulla, membro del Comitato di Garanzia M5S, ma non certo il miglior testimonial dei due mandati (è al terzo e qualche mese fa era pronta per le Europee, quindi per il quarto) e del no alle alleanze (nel 2021 fu la prima a sposare il governo Draghi con destra, centro e sinistra, più lesta persino del piè veloce Di Maio). Poi c’è Toninelli, un altro che nel M5S crede davvero, ebbe molti meriti da ministro dei Trasporti e continua a far politica da proboviro e militante, ma anche lui contestò Grillo per Draghi. Casaleggio jr. si agita molto, ma forse dimentica che nel 2021 furono Grillo e tutti i parlamentari, stufi di svenarsi per la piattaforma Rousseau, a implorare Conte (che non voleva metterci becco) di liquidare lui e il suo aggeggio per riavere gli elenchi degli iscritti e ci volle il Garante della Privacy perché li mollasse e prendesse la porta, oltre a un bel gruzzoletto. Il caso più elettrizzante è quello di Nicola Morra: cacciato nel 2021 per il suo no a Grillo su Draghi, ora firma una lettera con altri 10 espulsi per appoggiare Grillo contro Conte che “stravolge l’identità” e i sacri principi, mentre “serve credibilità”. Lui infatti, dopo i due mandati coi 5Stelle, è al terzo come consigliere comunale a Vado Ligure in una lista civica e s’è appena candidato a presidente della Liguria per il quarto. Quindi basta cambiare partito e il contagiri riparte da zero: Vado e torno.
Il Fatto Quotidiano, 24 agosto 2024