Netanyahu all’ONU: difese Imbarazzanti e fanatismo senza fine

Netanyahu all'ONU: stesso copione, bugie e vittimismo, mentre il Medio Oriente affonda. Ma ovviamente, la colpa è sempre di tutti tranne che sua

Il discorso di Netanyahu, il destino di Nasrallah ed il punto

di Tommaso Merlo

Invece di varcare la porta del Tribunale Internazionale e rispondere dei suoi crimini contro l’umanità, Netanyahu ha potuto rivolgersi all’Assemblea delle Nazioni Unite. Un palazzo di vetro assediato da manifestanti pro Palestina mentre dentro molte delegazioni hanno alzato i tacchi appena è apparso.

Circondato da un alone di profondo disprezzo planetario, un Netanyahu provato e senza più luce negli occhi, ha letto i soliti fogli farciti di deliri sionisti e bugie propagandistiche. A partire da quelle sugli eventi del 7 ottobre che giustificherebbero il genocidio a Gaza. Un Netanyahu rancoroso che ha avuto il coraggio di difendere la moralità del suo esercito ed ha ripetuto i sempiterni cavalli di battaglia del suo repertorio.

Le ormai grottesche accuse di antisemitismo a chiunque schifi la delirante politica israeliana, il solito mantra del loro diritto di esistere e di difendersi che però negano ai palestinesi da oltre settant’anni, le solite citazioni a vanvera di Davide e Mosè e del popolo eletto pescando dalla Bibbia quello ciò gli fa più comodo.

Non è mancato nemmeno il celebre vittimismo ipocrita e il grande classico delle mappe, questa volta ergendosi nientepopodimeno che a Yahweh che decide quali paesi siano maledetti e quali benedetti. Scene da secolo scorso, quando i dittatori messi all’angolo farneticavano deliri di onnipotenza prima del tracrollo.

Netanyahu a Gaza non ha raggiunto nessuno degli obiettivi che si era prefissato tranne che punire collettivamente i palestinesi e far passare Israele dalla parte del torto marcio. E senza vincere quella guerra, ne sta scatenando un’altra ancora più ardita in Libano mentre il suo paese ormai è al collasso.

Netanyahu sbraita che sta vincendo ma in realtà è in fuga mentre il suo paese non è mai stato così fragile, isolato e detestato dal mondo intero. Eppure mai una ammissione di colpa, mai un passo indietro, mai un cambio di rotta. Sono ormai decenni che Netanyahu ed i suoi complici insanguinano il Medioriente senza ottenere nulla se non peggiorare la situazione, eppure insistono imperterriti.

Come se non concepissero altro che l’imposizione violenza della propria volontà sugli altri e fossero totalmente incapaci di empatia. Come se concepissero la pace solo con il loro dominio e vedessero gli arabi talmente inferiori che un compromesso sarebbe una sconfitta. Vogliono la Grande Israele anche a costo di camminare su montagne di cadaveri.

Estremismo ideologico da secolo scorso, punti di vista inculcati fin dalla tenera età che vengono confusi come la verità assoluta e quindi intoccabili. Pare che il massiccio bombardamento su Beirut sia iniziato quando Netanyahu era ancora impegnato nel suo penoso discorso all’ONU. Delirio di onnipotenza, tonnellate di bombe Made in USA per colpire Nasrallah. Non si contano nemmeno più i leader nemici uccisi dagli israeliani con l’unico risultato che sono sempre di più e sempre più agguerriti.

Lo stesso predecessore di Nasrallah che si chiamava Abbas al-Musawi fu ucciso dagli israeliani nel 1992 e da allora Hezbollah non ha fatto che crescere e rafforzarsi, mentre col genocidio Hamas ha sfondato in tutto il Medioriente. Già, non si possono uccidere le idee altrui uccidendo chi le pensa, anzi le si amplifica. E la violenza non sconfigge il dissenso, anzi lo accresce. Lo insegna la vita, lo insegna la storia.

Al punto che quello che lascia davvero allibiti è l’incapacità di apprendere dai propri errori e da quello che accade. È la follia di ripetere le stesse azioni ed aspettarsi un risultato diverso. Come in Libano dove dinamiche del genere si ripetono identiche da decenni.

Ed è questo il punto. Al di là del discorso di addio di Netanyahu e del destino di Nasrallah, in Medioriente non si volterà mai pagina finché il fanatismo e l’intolleranza non lasceranno spazio alla ragionevolezza e alla compassione, finché la guerra non ascerà spazio alla politica e israeliani e palestinesi inizieranno a cooperare per il loro bene comune.

Se invece prevarranno gli estremismi ideologici da secolo scorso, lo saranno anche i risultati con escalation sempre più violente e devastanti.

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