Nel retro del saloon

Della scazzottata da saloon alla Casa Bianca sappiamo solo quel che abbiamo visto in mondovisione, non ciò che l’ha scatenata.

di Marco Travaglio

Della scazzottata da saloon alla Casa Bianca sappiamo solo quel che abbiamo visto in mondovisione, non ciò che l’ha scatenata. Zelensky – come dice ora che da leone è tornato agnellino – non vedeva l’ora di firmare il patto sulle terre rare e il duo Trump-Vance gli ha teso una trappola per bullizzarlo? Possibile, ma improbabile: il set nello studio ovale era tipico delle cerimonie da annunci e firme, non dei negoziati che partono da zero (e si svolgono a porte chiuse). In ogni caso resta da capire cosa ci sia andato a fare, a Washington, dopo che Trump l’aveva avvertito: vieni solo per firmare. Voleva sfidarlo a favore di telecamere per fare bella figura? Accarezzarsi l’ego e i sondaggi in picchiata passando alla storia, o alla cronaca, come colui che “le ha cantate” all’aspirante re del mondo? Tornare l’eroe dell’Occidente come tre anni fa? Purtroppo per lui l’Occidente di tre anni fa l’ha spazzato via Trump in 40 giorni e tutto gli si può rimproverare – condannato, volgare, brutale, cinico, bullo, affarista e chi più ne ha più ne metta – fuorché di non essere chiaro: ciò che ha detto a Zelensky lo dice da sempre ed è stato eletto proprio per realizzarlo. È ora che gli alleati – sempreché ancora lo siano – ne prendano atto e vi si regolino.

Zelensky vuol continuare a combattere contro la Russia? Liberissimo, se il suo popolo è d’accordo: ma sa che lo farà senza più un dollaro e un proiettile americano e con sempre meno aiuti da una Ue con le casse e gli arsenali semivuoti. Vuole chiudere la guerra con un compromesso e un trattato di pace? Sarebbe stato molto meglio arrivarci con negoziati equi ed equilibrati: purtroppo la Nato lo ha spinto a rifiutarli e poi a vietarli, mentre l’Ue li bandiva anche dal suo lessico. E ora gli tocca subire quelli di Trump, che non vede l’ora di accordarsi con Putin per dedicarsi a faccende più urgenti: non perché sia pacifista, ma perché non vuole finanziare guerre per lui inutili, anzi dannose. Gliel’ha detto in faccia: “Così sarà difficile fare affari con te”. Ma era un dialogo tra sordi, perché Zelensky non riesce a uscire dalla modalità “la pace quando e come decido io”: quella che gli hanno cucito addosso Biden, Nato e Ue. Solo che la guerra è persa e c’è un “nuovo sceriffo in città”. La rissa è esplosa appena s’è messo a minacciare gli Usa in casa loro (“noi abbiamo problemi di guerra e voi avete l’oceano in mezzo, ma li sentirete pure voi”) e porre condizioni: tipo la copertura aerea Usa, che neppure Biden si sognò di dargli. Ora gli europei, inclusi Macron e Starmer reduci dalle genuflessioni chez Donald, gli fanno coraggio: “Siamo sempre con te”. Cioè seguitano a mentirgli, immemori della massima di Kissinger: “Essere nemici dell’America può essere pericoloso, ma esserle amici è fatale”.

Il Fatto Quotidiano, 2 marzo 2025

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