di Alberto Piroddi
Enrico Mentana, l’autonominato arbitro della verità, ha perso il suo lavoro preferito: censurare gli altri. Sì, avete letto bene. Il nostro paladino del fact-checking, a capo del ministero ufficioso della verità di Open, è stato gentilmente spogliato dei suoi poteri censorii da un certo Mark Zuckerberg. Meta ha infatti deciso di revocare le licenze dei fact-checkers nazionali che, fino a ieri, decidevano cosa poteva sopravvivere su Facebook e cosa no. Insomma, niente più redattori di Open che stabiliscono con sacro piglio cosa sia degno di esistere e cosa vada cassato. Una tragedia per Mentana. Un sollievo per noi.
Ma attenzione, non crediate che Zuckerberg abbia avuto un’epifania sulla libertà di espressione. Non si tratta di una nobile crociata contro la censura. No, Zucky ha semplicemente guardato i numeri: Facebook è in caduta libera, mentre Musk con X (ex Twitter) sta diventando il nuovo Eldorado della libertà di parola. E quando il re dei social sente odore di declino, deve correre ai ripari. Così, via i fact-checkers, via le ingerenze più evidenti, nella speranza di recuperare utenti e credibilità. Libertà per calcolo, mica per convinzione.
E così Mentana e la sua corte si ritrovano improvvisamente disoccupati. Niente più possibilità di mettere un bel bollino rosso su post che osavano dissentire dalla narrazione ufficiale. Addio alla soddisfazione di bloccare chi non la pensa come te e poi spiegarlo con toni paternalistici. Per anni ci hanno raccontato che tutto questo era fatto per il nostro bene, per proteggerci dalle “bufale”. E intanto decidevano chi poteva parlare e chi no. Ora, però, il giochino è finito.
Il nostro caro Chicco dovrà trovare un nuovo passatempo. Forse un reality show sul fact-checking o un libro dal titolo “Io, censore per caso”. Nel frattempo, noi lettori finalmente possiamo tornare ad essere gli unici veri giudici della verità. Perché, come giustamente ha ricordato Marco Travaglio, l’unico fact-checker legittimo è il cervello di chi legge. Non serve un giornalista autocelebrativo per distinguere una notizia da una bufala.
La verità è che il sistema dei fact-checkers, in mano a personaggi come Mentana, non era altro che una scusa per mascherare la censura con l’etica. E ora che il carrozzone è stato smantellato, forse ci accorgeremo che non ne avevamo mai avuto bisogno. Dopotutto, la libertà di parola è fatta anche di errori, e non spetta certo a un redattore di Open dirci cosa possiamo dire o leggere.
Insomma, Mentana è rimasto senza il suo giocattolo preferito. Forse gli mancherà la bacchetta del censore, ma per noi è una liberazione. E se proprio sente il bisogno di dispensare saggezza, c’è sempre il metaverso. Magari lì troverà qualcuno disposto a farsi fact-checkare.