False verità. Siamo il paese dei misteri: tutti zitti sull’omicidio del fondatore dell’Eni
di stefania limiti
Giorgia Meloni parla spesso di Enrico Mattei. Ovvio che ne apprezzi l’opera tanto da dedicargli il “Piano per il Mediterraneo” (nel titolo, almeno). Tuttavia la presidente del Consiglio non va oltre circa la figura del fondatore dell’Eni, a suo tempo oggetto di sferzanti attacchi da parte della destra confindustriale e missina e poi oggetto di un attentato mortale che Meloni si guarda bene dall’accennare.
Ricordato in Algeria come martire della rivoluzione anticolonialista, Mattei non morì di polmonite ma esplose in volo insieme a Irnerio Bertuzzi, pilota del piccolo aereo in uso all’Eni, e al giornalista americano William McHale a cui avevano dato un fatale passaggio tornando in Lombardia dalla Sicilia. La fine di Mattei è ormai accertata. La Procura di Pavia, con l’inchiesta curata dal magistrato Enzo Calia, pur non individuando i responsabili materiali, ha accertato che una piccola carica esplosiva venne posta sul cruscotto dell’aereo, innescata da un circuito collegato al dispositivo di apertura del carrello: appena azionato in fase di atterraggio, avvenne l’esplosione. Tre libri raccolgono quanto è noto: L’Italia nel petrolio di Riccardo Antoniani e Giuseppe Oddo (Feltrinelli), Il Caso Mattei dello stesso Calia assieme a Sabrina Pisu (Chiarelettere) e il sempreverde Profondo nero di Peppino Lo Bianco e Sandra Rizza (Chiarelettere).
L’omicidio del capo dell’Eni fu un’operazione piuttosto sofisticata, nata in ambienti internazionali, probabilmente francesi – come ebbe a dire Thyraud de Vojoli, ex agente segreto di De Gaulle secondo cui lo spionaggio francese aveva diversi agenti all’interno dell’Eni – con il supporto di manovalanza italiana. Anche l’ammiraglio Fulvio Martini, capo dei servizi di sicurezza militari italiani, disse al procuratore Calia che a suo giudizio erano stati i francesi. Ma non si andò più in là. Pure sui mandanti non vi è un giudizio definitivo, se non ipotesi consistenti nel quadro geopolitico. L’unica cosa certa è che Mattei fu ammazzato (poi il suo vice Eugenio Cefis prese il suo posto alla guida dell’Eni): anche tre sentenze palermitane sull’omicidio del giornalista Mauro De Mauro hanno assunto l’omicidio come verità giudiziariamente accertata. Eppure gli ambienti istituzionali non sono a loro agio nel parlare dell’assassinio di Mattei. Anche lo spazio dedicato al suo fondatore nel sito dell’Eni, per dire, ne ricorda i meriti e la partecipazione alla lotta resistenziale contro il fascismo, ma poi solo due righe a conclusione della sua biografia: “Il 27 ottobre 1962 il suo aereo precipita a Bascapè in provincia di Pavia”.
Ciò merita una riflessione visto che spesso la presidente del Consiglio cita l’uomo-chiave della politica energetica del nostro Paese, senza mai dire che è stato ammazzato: non diciamo di specificare che fu “un’operazione raffinata dal punto di vista tecnico che rimanda Oltralpe” ma almeno di dire che è stato vittima di un attentato, altrimenti il rischio di un rimescolamento dei fatti si fa sempre più grave. Intanto, non sono mai mancate voci che accreditano la versione dell’incidente: il pilota era troppo stanco, l’innesco non poteva essere collegato al carrello visto che era già stato azionato al decollo (ma i comandi sono diversi!), l’inchiesta ministeriale (della Difesa) disse che era incidente, che altro cercate? Certo, manca un condottiero alla Carlo Giovanardi che si assuma il compito di difendere in tutto e per tutto le stantie verità ufficiali: l’ex deputato ha difeso a spada trattala tesi del rapporto del ministero dei Trasporti secondo cui fu una bomba a causare la strage di Ustica, mentre l’inchiesta di Rosario Priore stabilì che si trattò di un missile. Nel caso di Mattei il rapporto dell’Aeronautica del tempo parlò di un incidente, speriamo di non doverne più sentire parlare.
Il Fatto Quotidiano, 10 marzo 2023