Il Giornale: “Marina dice basta”. Perbacco, roba grossa. Stiamo parlando di Marina B., primogenita del noto pregiudicato da poco scomparso, che manda un messaggio alla Meloni (e a chi altri?) perché “riformi la giustizia” e la renda “uguale per tutti” (prospettiva peraltro agghiacciante per il Gruppo, che con una giustizia uguale per tutti sarebbe rovinato da 40 anni). La signora naturalmente è libera di dire le scempiaggini che vuole, anche perché, a dispetto delle apparenze, è molto spiritosa. Ci vuole un bel sense of humour per essere a capo del maggior gruppo editoriale d’Europa e insultare i rari giornalisti che scrivono la verità sulle stragi chiamandoli “complici dei pm” (complice, nella lingua italiana, è chi sta coi ladri, tipo i frodatori fiscali; nella lingua arcoriana, chi sta con le guardie). O per definire “delirante” l’”accusa di mafiosità” a uno che si tenne in casa per due anni un mafioso travestito da stalliere (quello che accompagnava a scuola Marina e Pier Silvio perché non facessero brutti incontri) e che la Cassazione ha accertato aver “concluso” nel 1974 un “accordo di reciproco interesse” con “Cosa Nostra, rappresentata dai boss Bontate e Teresi” (altro che “non è emerso nulla di nulla”). O che “i conti Fininvest sono passati per anni al setaccio senza risultato” (a parte una mega-frode fiscale da 368 milioni di dollari accertata dalla condanna in Cassazione e tre falsi in bilancio certificati da giudici che hanno dovuto assolvere B. perché si era depenalizzato il reato). O che pm cattivi e “giornalisti complici” vogliono infliggere al caro estinto “la damnatio memoriae”.
Ma qui c’è un equivoco: la pena della Roma antica cancellava ogni traccia di un personaggio, come se non fosse mai esistito. Invece i pm cattivi e i giornalisti complici fanno di tutto per ricordare B. per quello che era: un frodatore, finanziatore della mafia e corruttore seriale. Se non lo fosse stato, la Marina non sarebbe presidente della Mondadori, scippata al legittimo proprietario De Benedetti da una sentenza comprata dagli avvocati di B. con soldi di B., che dovette poi pagare mezzo miliardo di danni. L’unica damnatio memoriae è quella imposta dai giornalisti complici dello scippatore (tipo quelli di Canale5 che linciarono il giudice Mesiano per porto abusivo di calzini turchesi), che consente alla presidentessa della refurtiva di pontificare come se nulla fosse. E di trovare addirittura qualcuno che la stia a sentire: Forza Italia attende con ansia le letterine di Marina e Pier Silvio, che decidono persino chi deve succedere a Papi in Senato, come se avesse comprato e lasciato in eredità pure il seggio parlamentare. La Repubblica del Banana finirà solo quando tal Marina dirà “Basta” e tutti risponderanno in coro: “E chi se ne frega”.
Il Fatto Quotidiano, 18 luglio 2023