di Andrea Zhok
Un paio di giorni fa è emerso il fatto che Meta (Facebook, Messenger, Whatsapp, Instagram) ostacolava le ricerche sull’attentato a Trump e bloccava le foto più “iconiche” dell’evento descrivendole come “alterate” sulla scorta della valutazione di “fact-checker indipendenti”.
Ieri è emerso che la posizione fisica del leader di Hamas Ismail Haniyeh ucciso a Teheran è stata individuata seguendo le comunicazioni su Whatsapp.
Oggi il primo ministro malese Anwar Ibrahim ha chiesto che il colosso statunitense Meta smetta di agire come “strumento di Israele” dopo che Instagram aveva cancellato i suoi commenti di condanna dell’assassinio di Haniyeh.
Poche ore più tardi la Turchia ha bloccato Instagram dopo che la piattaforma ha rimosso contenuti associati al leader di Hamas assassinato da Israele.
Intanto X ha tolto la spunta di autenticazione presidenziale a Maduro e l’ha aggiunta a Edmundo Gonzales, leader dell’opposizione, vincitore delle elezioni venezuelane secondo Blinken e secondo un exit poll svolto da un’agenzia (Edison Research) legata alla CIA.
Ecco, e c’è ancora gente – l’ho sentito con le mie orecchie da persone colte e apparentemente informate – che ritiene non vi sia censura né manipolazione sui social, anzi che siano il “regno della libertà”.
La realtà è che il controllo del Deep State americano sui social è oggi la maggiore leva di manipolazione informativa a livello mondiale e, dopo l’esercito, la seconda arma più potente nelle mani degli USA sul piano globale.