Il pluralismo all’interno dei partiti è una questione complessa e seria, ma nel caso del PD di Schlein, viene spesso mascherato da un disordine organizzato e contraddittorio. Nonostante una linea ufficiale chiarissima su politica estera ed economica, che segue quella di Enrico Letta, Schlein usa candidati pacifisti per attrarre voti, mantenendo però una politica di riarmo e supporto militare. Questo comportamento viene definito come “paraculismo”, poiché cerca di accontentare tutti gli elettori senza una vera coerenza interna. Marco Travaglio critica duramente questa strategia, considerandola un espediente per ingannare gli elettori piuttosto che una vera espressione di pluralismo.
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“Definire il pluralismo una scusa vi sembra normale? Cos’è il contrario di pluralismo: pensiero unico? Preferisco il pluralismo”. Così la Schlein ha replicato a Conte sull’ambiguità del Pd a proposito dell’escalation in Ucraina. Quella del pluralismo nei partiti è una questione serissima. Ma bisogna intendersi sulle parole. Ogni partito che si rispetti ha una linea chiara sui fondamentali: politica economica ed estera in primis: la detta il segretario che ha la maggioranza. Poi c’è la minoranza, che ha posizioni diverse e cerca di raccogliere consensi per farla prevalere e cambiare segretario. Fanno eccezione le questioni di coscienza su particolari istanze morali o religiose, trasversali all’asse maggioranza-minoranza: fine vita, aborto, procreazione assistita, adozioni gay ecc. Questo è il pluralismo, che è tutt’altra cosa dal casino organizzato e cacofonico del Pd, del tutto speculare a quello delle tre destre. In 20 mesi di governo Meloni, il Pd di Schlein ha sempre votato come FdI, Lega e FI in Italia e in Europa sui temi cruciali di politica estera: sempre più armi a Kiev, riarmo Ue per una economia di guerra (anche con fondi del Pnrr e un nuovo Recovery militare), risoluzione Von der Leyen per un conflitto infinito fino alla “sconfitta della Russia” e alla riconquista di tutti i territori occupati, Crimea inclusa. Una linea che più chiara non si può: quella di Enrico Letta (ma allora tanto valeva tenerselo).
Poi però, in vista delle elezioni, la segretaria Schlein (non l’opposizione interna) candida Strada, Tarquinio e Cristallo, tre pacifisti che dissentono in toto dalla sua linea (tutti contrari all’invio di armi, uno favorevole financo a sciogliere la Nato). Ma non la cambia, anzi seguita a prendere le distanze dai tre, usati come foglie di fico per coprire le vergogne del Pd e far dimenticare agli elettori pacifisti i voti bellicisti e a quelli bellicisti i candidati pacifisti. Più che pluralismo, paraculismo. Idem sulla politica economica europea made in Gentiloni: Schlein attacca la Meloni perché ingoia il Patto di Stabilità lacrime e sangue firmato Gentiloni, su cui poi il Pd si astiene come FdI&Lega. Pluralismo? No, paraculismo per gabbare sia gli elettori pro austerità sia quelli anti. Ma che partito è quello che nasconde la sua politica estera ed economica, cioè le scelte fondamentali dell’Ue che dice di voler cambiare dopo aver fatto di tutto per lasciarla com’è, e intanto caccia la sua vicesegretaria a Verona perché non vota la legge Zaia sulla fine vita per motivi di coscienza? Un partito à la carte, con un menu per ogni gusto e palato. Un partito Netflix, dove ciascuno clicca on demand sul programma preferito. Un partito che può anche riuscire a gabbare gli elettori con i teatrini sul finto derby Elly-Giorgia. Ma poi come fa a governare?
Il Fatto Quotidiano, 5 giugno 2024