di Luca De Carolis
La piazza convocata da Giuseppe Conte, quella che già rappresenta la milionesima ferita a dividere i fu giallorosa, dovrebbe essere il 5 aprile a Roma, prima delle celebrazioni pasquali e dell’esplodere del Giubileo. E chissà se e come potrà farvi capolino il Pd, visto che uno dei temi centrali della manifestazione saranno le armi e il no allo scorporo delle spese militari dal patto di stabilità europeo.
Dogmi per l’ex premier, che a Dritto e Rovescio su Rete 4 rivendica:
“Mi hanno accusato di essere filo-putiniano. Un giorno mi accusano di essere filo-cinese, un altro giorno filo-trumpiano. Ma il coraggio della verità ce l’abbiamo o no?”.
È la risposta alla pioggia di anatemi dai cosiddetti riformisti del Pd e da centristi vari per la troppa affinità con Trump e il presunto ritorno a un vecchio amore che fu di puro interesse, quello con la Lega di Salvini, anche lui entusiasta del presidente americano che insulta Zelensky e prende a ceffoni la Ue. Effetto delle sillabe scandite mercoledì da Conte:
“Trump smaschera la propaganda bellicista dell’Occidente sull’Ucraina e dice una verità che noi del M5S diciamo da tre anni, ossia che battere militarmente la Russia era irrealistico”.
Parole che un paio di 5Stelle spiegano così:
“Giuseppe è convinto di poter diventare l’unico, vero interlocutore di Washington in un futuro governo di centrosinistra”.
Magari, da ministro degli Esteri.
“Tanto più – rilanciano – che sulla guerra anche la sinistra del Pd e tanti elettori la pensano come noi”.
Ma la posizione dell’ex premier è eresia pura, per vari pezzi del fu campo largo. “C’è un limite pure alla pazienza, anche quando è testardamente unitaria” irrompe la vicepresidente del Parlamento europeo Pina Picierno, la dem che due giorni fa aveva litigato per ore con i 5Stelle accusandoli di “sintonia ritrovata” con il Carroccio, e che con quel passaggio sull’essere “testardamente unitari” ovviamente punge la segretaria Elly Schlein. “Quale politica estera pensiamo di condividere con Conte?” rilancia il suo collega Giorgio Gori, ex sindaco di Bergamo. E figurarsi Azione, da sempre contraria alla coalizione con l’ex premier. Così il calendiano Matteo Richetti cala l’ultimatum: “Ultima chiamata per il Pd: se dopo le parole di Conte non c’è una presa di distanza dal M5S, si metterà fine ad ogni possibile intesa delle opposizioni”. E la manifestazione contiana? Riccardo Magi (Più Europa) ne parla a SkyTg24: “Siamo disposti ad andare in piazza con le opposizioni su sanità, lavoro e diritti, ma la narrazione non può essere che Trump va contro la retorica bellicista, perché l’unico bellicismo è quello di Putin”. È una valanga, a cui reagisce la vicepresidente del M5S, Chiara Appendino: “Ma quali filo Trump, la verità è che siamo gli unici contro il partito trasversale della guerra”.
Conte invece aspetta la sera per replicare. Ossia l’intervista con Paolo Del Debbio a Mediaset, dove (ri)chiede le dimissioni di Giorgia Meloni “perché ha scommesso sulla vittoria militare contro Putin e ha perso”. Ma il punto resta Trump, verso cui rimane quantomeno neutro: “Non possiamo rinnegare che gli Stati Uniti siano il nostro storico alleato, siamo nell’Alleanza atlantica, però Trump fa gli interessi della sua nazione”. Ma con il Pd sarà alleanza? “Se si ha un progetto alternativo, per cambiare il Paese” replica. Tradotto: “il punto è il programma, perché l’obiettivo del M5S non è gestire il potere”. Infine, la manifestazione, “che sarà tra fine marzo e primi di aprile, aperta anche alle altre forze politiche, sindacali e sociali”. Di più non dice, l’avvocato. Perché è guerra, anche tra i progressisti.
Il Fatto Quotidiano, 21 febbraio 2025