L’Unione Sarda si straccia le vesti mentre la Sardegna va avanti

Oggi è il turno di Massimo Crivelli, che con il suo ultimo sfogo, "La Sardegna in una bolla", ci dimostra ancora una volta che l’elaborazione del lutto elettorale, per certa stampa, è un processo lungo e doloroso.

Eccoli, puntuali come il maestrale d’inverno, gli editoriali de L’Unione Sarda, che da mesi ci deliziano con il piagnisteo permanente degli orfani del potere. Oggi è il turno di Massimo Crivelli, che con il suo ultimo sfogo, “La Sardegna in una bolla”, ci dimostra ancora una volta che l’elaborazione del lutto elettorale, per certa stampa, è un processo lungo e doloroso.

L’articolo è la solita minestra riscaldata: la Sardegna è ferma, la Giunta Todde è incapace, i problemi aumentano e il mondo va a rotoli mentre a Cagliari si gioca a Risiko istituzionale. Mancano solo le cavallette e i sette flagelli d’Egitto. Ma andiamo con ordine.

Secondo Crivelli, Alessandra Todde sarebbe attaccata alla poltrona con le unghie e con i denti, incapace di accettare il verdetto del Comitato Elettorale di Garanzia – che, ricordiamolo, non è né un tribunale, né la Bibbia, né la sentenza di Dio in persona, ma un organo amministrativo la cui decisione è tutto fuorché definitiva. La Giunta ha quindi fatto l’unica cosa sensata: ha portato la questione davanti alla Corte Costituzionale, come prevede la legge. Ma per L’Unione Sarda, il rispetto delle regole è “melina”, mentre accettare supinamente ogni decisione calata dall’alto è segno di maturità politica. Coerenza da manuale.

Poi arriva il pezzo forte: la Giunta sarebbe inerte, la Sardegna allo sbando, i problemi si moltiplicano e Todde si dedica solo alla sua personale battaglia di sopravvivenza. E qui si ride forte. Perché l’unica cosa davvero ferma, in questa storia, è la capacità di L’Unione Sarda di aggiornare il proprio repertorio.

La realtà è un po’ diversa. Questa Giunta ha fatto in pochi mesi quello che il centrodestra non ha fatto in cinque anni. Ha stoppato l’assalto selvaggio alle nostre terre da parte dei grandi speculatori dell’energia, quelli che la precedente amministrazione lasciava scorrazzare a piacimento. Ha iniziato a mettere mano alla sanità pubblica, dopo che la Giunta Solinas l’aveva usata come un bancomat per i privati. Sta provando a risolvere la vergogna dell’aeroporto di Cagliari, che la destra voleva regalare a interessi privati con un’operazione già bocciata dalla magistratura.

Ma questo per Crivelli e compagnia non conta. Per loro, la “politica vera” è quella delle solite cricche, delle solite spartizioni, del solito sistema di clientele che ha reso la Sardegna un feudo per pochi. Siccome ora le cose stanno cambiando, gridano al golpe. Perché, diciamocelo, il vero problema di L’Unione Sarda non è la paralisi amministrativa: è la nostalgia per quando i suoi editori potevano dettare l’agenda politica della Regione senza troppi fastidi.

E il finale è da standing ovation: Crivelli ci regala una citazione di Jean de La Bruyère sulla giustizia che non deve essere fatta attendere. Benissimo, applichiamola a tutti. Ad esempio, dov’è la giustizia per i sardi che si sono ritrovati con un buco nei conti della Regione lasciato dalla destra? O per quelli che ancora oggi pagano voli a prezzi folli perché la vecchia Giunta non ha mosso un dito sui trasporti? O per quelli che si sono visti smantellare la sanità pubblica per favorire i soliti noti?

Se c’è una bolla, dunque, è quella de L’Unione Sarda, che continua a vivere in un mondo parallelo dove la destra non ha perso, il centro-sinistra non ha vinto, e la politica buona è solo quella che conviene agli amici degli amici.

Ma la realtà è un’altra. E fuori da quella bolla, per loro, fa un freddo tremendo.

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LA SARDEGNA IN UNA BOLLA

DI MASSIMO CRIVELLI

Ormai da due mesi la Sardegna della politica e delle istituzioni vive dentro una bolla: completamente avulsa dai complicati scenari internazionali che si sono profilati e totalmente incapace di guardare ai problemi isolani, altrettanto gravi, che avrebbe il dovere di affrontare. Dal 3 gennaio, giorno in cui il Comitato elettorale di garanzia ha dichiarato decaduta la presidente Todde per gli errori compiuti nel rendicontare la campagna elettorale, l’entourage che assiste la governatrice si è esibito in un crescendo parossistico per difendere l’indifendibile.

Ecco quindi, in breve riepilogo, l’arruolamento di uno stuolo di esperti veri e presunti, il ricorso alla magistratura, l’attacco scomposto al presidente del Comitato (stimatisismo magistrato, presidente della Corte d’Appello), la discesa in campo dei referenti romani a Cinque Stelle, l’accusa d’essere vittime di una ritorsione squisitamente politica, infine la decisione del Consiglio regionale di sollevare un conflitto di attribuzione sull’ordinanza di decadenza davanti alla Corte Costituzionale.

Da un lato, quindi, lo smaccato tentativo di attuare un’estenuante melina, allungare i tempi almeno fino al prossimo autunno. Dall’altra un’esasperazione dei toni, uno scontro all’arma bianca, l’insinuazione (grave e pericolosa per chi la fa) secondo la quale un organo della magistratura avrebbe “violato la legalità”.

Una mozione pasticciata, mascherata da conflitto, con cui Alessandra Todde tenta annaspando di uscire dall’impasse nella quale si è cacciata da sola a causa d’una incredibile sciatteria. Ora c’è il rischio che la Corte Costituzionale si prenda tanto di quel tempo che la legislatura, a sentenza emessa, sarà ormai agli sgoccioli.

Come andrà a finire la vicenda non è peraltro facile prevederlo. Ciò che è certo è che l’attività politica è semi paralizzata (siamo al terzo mese di esercizio provvisorio) e che ad un anno esatto dalla vittoria elettorale il bilancio della Giunta Todde è a dir poco sconsolante.

Non un solo provvedimento positivo per l’Isola è stato adottato in dodici mesi di governo. Si è passati dalla ottusa gestione della questione energetica, snobbando biecamente le 210 mila firme della proposta di legge popolare Pratobello e inscenando una inutile e deleteria pantomima sulle cosiddette aree idonee, alla costruzione di una corsia preferenziale per una riforma della Sanità che nulla risolve e che anzi è persino peggiorativa rispetto alla drammatica situazione preesistente.

Per non farsi mancare niente, la Regione si appresta anche a procurare un danno economico all’erario e al territorio di Cagliari e provincia favorendo la creazione di un monopolio aeroportuale, con lo stanziamento di 30 milioni per l’accordo con chi vuole l’operazione, già bocciata dalla Corte dei Conti e dalla magistratura civile.

Un fallimento totale, foriero di guai ancora peggiori visto che le maggiori energie della maggioranza sembrano destinate a supportare unicamente la battaglia per la conservazione delle poltrone.

Da quegli scranni continuano a levarsi grida e lamenti contro presunte congiure orchestrate per privare del potere chi ha vinto la competizione elettorale. Si reclama la giustizia (quale? per chi?) e si chiudono invece gli occhi sulle sofferenze che i sardi stanno patendo per una Sanità che fa acqua da tutte le parti, un sistema di trasporti oneroso e deficitario, la bolletta energetica che cresce al pari della disoccupazione.

Quando parlano di giustizia, questi signori, dovrebbero ricordarsi dell’aforisma di Jean De La Bruyère, scrittore e moralista francese del diciassettesimo secolo: “Circostanza essenziale alla giustizia che si deve agli altri è farla prontamente e senza differire: farla attendere è ingiustizia”.

Vale per i politici che buttano continuamente la palla in tribuna e vale per chi la giustizia deve somministrarla.

L’UNIONE SARDA, 22/02/2025

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