L’Unione Europea di Draghi e Von der Leyen distrugge i popoli per salvare i mercati

Von der Leyen rilancia il neoliberismo UE seguendo Draghi e la competitività, ignorando i fallimenti dell’euro e sacrificando i popoli all’altare dei mercati.

di Diego Fusaro

Così si è espressa in questi giorni Ursula Von der Leyen, la vestale del neoliberismo dell’Unione Europea: “seguiamo Draghi, il mondo non ci aspetta”. E ha aggiunto: “la bussola per la competitività trasforma le eccellenti raccomandazioni del report Draghi in una tabella di marcia”.

L’Unione Europea si conferma ancora una volta, se ancora ve ne fosse bisogno, nella sua essenza di riorganizzazione verticistica del capitalismo post1989 e, dunque, di unione delle classi dominanti d’Europa contro i popoli e i ceti medi europei. Li chiamo già da tempo gli euroinomani (oltreché gli austerici), dacché al cospetto dei conclamati fallimenti della moneta euro e del costrutto stesso dell’Unione Europea, propongono immancabilmente come soluzione “più Europa, più euro”: è l’atteggiamento squilibrato del medico che prescrive dosi maggiorate del farmaco che ha determinato la condizione patologica del paziente.

Per quel che riguarda Mario Draghi, l’unto dai mercati, non dobbiamo mai dimenticare quello che egli disse alcuni anni addietro, quando affermò che era necessario salvare l’euro “whatever it takes”, “a ogni costo”: non, si badi, salvare i lavoratori e il popolo a ogni costo, ma l’euro, eventualmente in suo nome sacrificando il popolo e i lavoratori, come effettivamente l’Unione Europea fa da parecchio tempo con folle solerzia. Non la salus populi di spinoziana memoria, ma la salus oeconomiae diventa il solo obiettivo del tempio vuoto dell’Unione Europea, trionfo assoluto del capitalismo finanziario e del neoliberismo depressivo.

Non sfugga, poi, il richiamo della vestale del neoliberismo europeo al vangelo della competitività, il principio cardinale su cui è stata costruita l’Unione Europea, come peraltro limpidamente affiora dalla lettura dei suoi trattati, soprattutto di quello di Maastricht del 1992 e di quello di Lisbona del 2007, ove il lemma competitività compare quasi in ogni pagina.

Questo mi porta a dire, con buona pace delle anime belle del riformismo, che l’Unione Europea è intrinsecamente irriformabile, poiché è costruita su fondamenta marce, quelle del neoliberismo innalzato a credo insindacabile: l’Unione Europea è del tutto simile a un veicolo con lo sterzo bloccato e costretto dunque a seguire il tracciato prestabilito, che peraltro conduce verso l’abisso. Il solo gesto salvifico che il pilota possa fare in simili condizioni è quello di saltare fuori dal veicolo con l’equipaggio prima che sia troppo tardi, ossia, fuor di metafora, uscire dall’euro e dall’Unione Europea prima del disastro finale. Non salvare l’euro e l’Unione Europea, quindi, ma salvarsi dall’euro e dall’Unione Europea.

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