di Salvatore Cannavò
Con Lucio Caracciolo, per citare l’ultimo numero di Limes di cui è fondatore e direttore, cerchiamo di “mettere ordine nel caos” internazionale.
I discorsi di JD Vance a Monaco e prima ancora quello di Peter Hegseth ai ministri della Difesa Nato hanno mostrato che il rapporto degli Usa con l’Ue è ormai conflittuale: che tipo di conflitto è e fino a dove si spingerà?
Più che conflittuale, mi sembra che gli americani abbiano voluto dare una sveglia all’Ue sul fatto che è finita la fase della doppia recita. Una recita, loro e nostra, secondo cui gli Usa erano quelli che proteggevano la nostra sicurezza e noi eravamo rifugiati sotto il loro ombrello militare. Per fortuna non c’è mai stata una vera minaccia bellica contro l’Europa, e non sappiamo quindi se sia stata solo una maschera, ma in ogni caso quella fase è finita. L’America ci ha comunicato che dobbiamo fare da soli. Il problema di fondo è che l’Europa non è in grado di farcela, non militarmente e nemmeno culturalmente
E invece gli Stati Uniti possono fare a meno dell’Europa, principale mercato del mondo?
Sicuramente sul piano militare gli Usa possono fare da soli. Quanto al piano economico, al di là di guerre finanziarie, che non credo saranno così violente, ci sono i termini di una collaborazione economica e commerciale importante. Il problema principale degli Usa, lo scopo principale di Trump, è che hanno bisogno di industrializzarsi, di riportare produzioni in casa, quello che il presidente cerca di fare con facilitazioni fiscali e meno impor.
“Doccia fredda per l’Europa” titolava la Frankfurt Allgemeine Zeitung. Eppure, non c’era da aspettarsi le mosse Usa? Non c’è stato un chiaro errore strategico nella conduzione della Ue?
Tutto è stato abbastanza prevedibile e in fondo anche previsto da chi voleva guardare le cose come sono e come appaiono. Il problema europeo è che ci siamo costruiti una narrazione priva di basi di realtà a cominciare dalla presunzione di avere una soggettività europea che non c’è mai stata, non esiste e mai ci sarà. Da questa finzione si è costruita l’idea di un’Europa oasi di pace che ora si sta rovesciando. Mentre da parte delle potenze che contano e da parte di quelle che stanno emergendo, si ragiona in termini di guerra se non militare, almeno commerciale, noi siamo serenamente convinti di abitare in questa isola felice con una popolazione che invecchia e che perde costantemente ruolo.
Dobbiamo quindi aspettarci una fase di guerre crescenti?
Siamo in una fase di inevitabile instabilità. Gli Usa vivono una profonda crisi identitaria, hanno una rivoluzione in corso e non si può pensare che questa rivoluzione non abbia effetti all’esterno. Indipendentemente dalle reali intenzioni, tutte le potenze che si immaginavano protette oggi non si sentono più tali e vedono la possibilità di espandersi: la caccia a nuovi “territori” è aperta.
Che tipo di soluzione può affermarsi in Ucraina? Trump ha davvero delle carte da giocare?
La Nato così come è stata concepita non esiste più. E sempre stata un’organizzazione centrata sull’America che a sua volta teneva rapporti bilaterali con singoli paesi tra cui il nostro. Oggi emerge soprattutto questa realtà, gli Usa hanno rapporti più rilevanti con alcuni paesi e molto meno, se non nulli, con altri. Del resto, la Nato conta 32 paesi membri (a volte perdo il conto) è diventata una specie di Onu, ma gli Usa non andranno mai a morire per la Lituania o la Macedonia del nord. Il Patto atlantico appartiene al passato. Sono molto più importanti i rapporti bilaterali e l’Italia deve fare molta attenzione a questo perché la nostra potenza di riferimento restano gli Usa.
E in Ucraina cosa succederà?
Credo che non si andrà oltre un precario cessate il fuoco. La Russia non ha ottenuto quello che voleva ma non ha rinunciato agli obiettivi di fondo e il fatto che Trump dica che l’Ucraina potrebbe essere russa fa capire che la situazione evolverà ancora.
La Russia ne esce più forte? O, silenziosamente, a uscire davvero più forte è la Cina?
Dipende dalla prospettiva con cui guardi una guerra che non finisce puntualmente sul finire del conflitto, ma si misura nel tempo. Se però vogliamo fare la fotografia attuale, oggi l’unica potenza che sta avvantaggiandosi è la Cina e su vari fronti. Nel rapporto diretto con la Russia, che dipende dalla Cina sugli idrocarburi e sul sostegno militare, ma anche più in generale perché la Cina espande la sua sfera di influenza in Asia centrale e mette in crisi l’assetto post-sovietico. Recentemente il Financial Times ha pubblicato un documento russo di analisi spietata sulla propria perdita di posizioni in Asia centrale a favore della Cina.
La Russia ha prevalso contro l’Ucraina dal punto di vista militare e purtroppo, per motivi che non riesco a spiegarmi, l’Ucraina si è affidata alle promesse europee e americane pensando di poter entrare nella Nato e conservare territori ingaggiando una guerra di lunga durata. E invece, le risorse sono quelle che sono, si è trattato di un’operazione di dissanguamento in vista di obiettivi che non si potevano raggiungere. Questo spiega il fenomeno della crisi dell’autorità politica di Zelensky, così come il rifiuto dei giovani ucraini di andare al fronte e la massiccia fuga verso l’estero di milioni di ucraini. Questo è il vero problema: non tanto il 20% di territori perduti, ma l’80% che è in condizioni disperate.
Che alternativa aveva Zelensky?
Firmare l’accordo dell’aprile 2022 sponsorizzato dalla Turchia, che avrebbe dato all’Ucraina condizioni nettamente migliori di quelle di oggi e risparmiato centinaia di migliaia di morti e feriti e milioni di rifugiati. Ma in quel frangente sono stati soprattutto gli inglesi e alcuni europei, più che gli Usa, a spingere gli ucraini a combattere assicurando loro che si sarebbe potuto vincere. Abbiamo visto come è finita.
A questo punto per l’Ue che strada si apre: quella della disgregazione o si pensare a una sua rifondazione?
Non credo a una rifondazione, l’Unione è una fondazione americana, conseguenza della decisione Usa di restare in Europa dopo la Seconda guerra mondiale e di organizzarla, militarmente tramite la Nato e poi sostenendo le alleanze politiche. Ma nel momento in cui gli Usa ci lasciano noi torneremo a quello che siamo sempre stati, paesi in conflitto, sperando che questo non comporti una guerra tra noi, come è sempre successo.
Il Fatto Quotidiano, 17 febbraio 2025