Avete presente quei film in cui la mafia controlla il casinò e, alla fine, vince sempre la casa? Bene, ora sostituite la mafia con l’Unione Europea e il casinò con le elezioni romene, e il quadro è completo. Perché quello che sta succedendo a Bucarest, con la farsa dell’esclusione di Călin Georgescu dalle presidenziali, è l’ennesima dimostrazione che in Europa si vota finché vince chi deve vincere. Altrimenti, si annulla, si scomunica, si grida al “pericolo sovranista” e si elimina il candidato sgradito con qualche cavillo.
Il copione è sempre quello. Georgescu, nazionalista e sovranista, vince a sorpresa il primo turno delle presidenziali romene a dicembre. Le regole dicono che si debba andare al ballottaggio? Pazienza, tanto le regole si cambiano in corsa. La Corte Costituzionale – per puro caso, ovviamente, allineata al governo – annulla tutto con la scusa più usata dell’ultimo decennio: la “manina” russa. Una bufala talmente mal confezionata che persino il Frankfurter Allgemeine Zeitung, che di solito è la Gazzetta Ufficiale della russofobia europea, ha dovuto ammettere che si trattava di una balla colossale: “Il ceto dirigente di Bucarest ha agitato lo spauracchio russo per coprire il proprio fallimento e trovare una scusa per annullare elezioni che non gli piacevano”. Tradotto: un golpe in piena regola.
E il bello deve ancora arrivare. Perché la presunta “interferenza russa” nel successo di Georgescu si basava sulla sua popolarità sui social, frutto – udite udite – di una campagna pagata dai suoi stessi avversari, convinti di poterlo battere facilmente al secondo turno. Solo che il piano è fallito: Georgescu ha ottenuto un consenso imprevisto e ha mandato in tilt il sistema. Quindi, nuova strategia: cancellare tutto.
E qui si arriva all’ultimo capitolo di questa tragicommedia: con i sondaggi che lo danno avanti al 41% contro il misero 19% del suo avversario più vicino, la Commissione Elettorale ha deciso di sbatterlo fuori del tutto. Motivo? Nessuno di serio, se non il più antico e collaudato degli articoli costituzionali europei: “Noi dobbiamo vincere”.
Tecnicamente, Georgescu può ancora appellarsi. Ma a chi? Alla stessa Corte Costituzionale che lo ha già azzoppato la prima volta. Come dire: chiedere a un lupo di assolvere un agnello per furto d’erba.
Ora, sgombriamo il campo dalle ipocrisie: Georgescu è di destra, nazionalista, ha posizioni che possono non piacere. E quindi? Dovrebbe essere sufficiente per eliminarlo dalla competizione elettorale? Chi lo avversa dovrebbe batterlo con i voti, non con i tribunali o con dossieraggi da quinta elementare. Soprattutto perché, se applicassimo gli stessi criteri a tutti, metà dei politici europei sparirebbe in un lampo. Prendiamo l’Italia: abbiamo un governo guidato da una post-fascista; la Germania e la Francia hanno partiti di estrema destra che si avvicinano sempre di più al potere; e in Ucraina – quel meraviglioso esempio di “democrazia” che la UE ci impone di venerare – c’è un regime che flirta apertamente con i neonazisti. E allora? Perché proprio Georgescu diventa il male assoluto?
Semplice: perché ha osato mettere in discussione due dogmi sacri. Primo, ha sfidato le élite romene ed europee parlando direttamente ai cittadini, senza chiedere il permesso ai soliti custodi della “democrazia a targhe alterne”. Secondo, ha messo in dubbio la trasformazione della Romania in una gigantesca base NATO, dicendo una cosa che fino a ieri sembrava ovvia: un paese dovrebbe avere una politica estera decisa dai suoi cittadini, non da Washington o Bruxelles.
Ovviamente, la reazione è stata la prevedibile demonizzazione. Ma se pensano di risolvere il problema facendo fuori Georgescu, rischiano di scoprire che l’effetto boomerang è dietro l’angolo. Perché se elimini un candidato troppo popolare, spesso lo rendi ancora più forte. E la rabbia in Romania sta crescendo, con manifestazioni sempre più partecipate. Non a caso, persino negli Stati Uniti qualcuno si sta accorgendo della porcata: J.D. Vance ha avvertito l’Europa di non esagerare con i brogli, Elon Musk ha definito la manovra “folle” e persino qualche giornale mainstream inizia a porsi qualche dubbio.
Ma il segnale più inquietante è un altro: questa volta l’Europa sembra fregarsene persino di cosa ne pensano gli americani. Se fino a ieri Bruxelles si inchinava a Washington su tutto, oggi sembra voler disobbedire solo su un punto: reprimere la democrazia e truccare le elezioni. Per il resto, avanti con la guerra in Ucraina e con l’autodistruzione economica imposta dalle sanzioni.
Georgescu ha ragione quando dice che non è solo una questione romena, ma una cartina di tornasole per tutta l’Unione Europea. Abbiamo già visto in Francia il teatrino delle alleanze artificiali per bloccare i partiti anti-establishment, in Germania la censura preventiva contro AfD e Wagenknecht. Ora siamo arrivati all’esclusione diretta dei candidati sgraditi.
Romania come laboratorio del futuro europeo? È possibile. Il paradosso è che la UE continua a predicare democrazia mentre diventa sempre più autoritaria. La vera domanda è: l’Europa ha ancora un futuro dentro questa Unione Europea? O, per avere un futuro, l’Europa dovrà liberarsi della UE?