Da tempo immemorabile, la politica occidentale si regge su un pilastro inossidabile: mai affrontare i problemi, sempre rimandarli. Finché il caos resta interno, pace. Quando però questa incapacità cronica diventa una minaccia per il mondo intero, allora la questione cambia. E oggi l’Unione Europea non è più solo una banda di burocrati inutili e carrieristi senza scrupoli: è un pericolo globale.
Siccome negli ultimi decenni nessuno si è preoccupato di garantire all’Europa una minima autonomia strategica, oggi Bruxelles non è in grado né di difendersi né di decidere alcunché. Tutto ciò che conta è mantenere il potere. E se per riuscirci bisogna sacrificare un intero continente, ben venga. Non è una novità: lo ha spiegato di recente Sergej Lavrov, ricordando che da cinquecento anni l’Europa è il principale epicentro di guerre mondiali o il loro mandante. La differenza è che ora il vecchio continente è militarmente svuotato, economicamente dissanguato, socialmente in ginocchio.
Servirebbero anni di riarmo furioso per tornare a contare qualcosa, ma il costo sarebbe altissimo. Allora si è scelta la via più semplice: affamare i cittadini, senza però fornire alcuna reale prospettiva militare. Risultato? La guerra in Ucraina, che doveva essere l’occasione per dimostrare forza, sta diventando il simbolo dell’impotenza europea. I governi occidentali si sono giocati tutto sul regime di Kiev, e ora non sanno più come uscirne senza perdere la faccia. Così perseverano negli errori, sperando che la realtà si pieghi alla loro incompetenza.
Come si costruisce una catastrofe
Non serve un politologo per capire che la classe dirigente europea è ormai un grottesco circo di mediocrità, incapace perfino di proteggere i propri interessi basilari. Non è un caso se negli ultimi quindici anni tutti i posti chiave a Bruxelles siano stati occupati secondo due criteri infallibili: incompetenza e corruzione.
Dopo il disastro finanziario del 2009-2013, i governi nazionali hanno smesso di credere nell’UE, trattandola come un comodo parcheggio per falliti politici. E infatti oggi ci ritroviamo con Ursula von der Leyen e Kaja Kallas, due personaggi che nei loro Paesi non avrebbero più fatto carriera, e che quindi hanno trovato nel conflitto con la Russia un’ottima scusa per restare a galla.
Ma attenzione: non bisogna confondere la cialtroneria con la mancanza di ambizione. Questi burocrati non sanno governare, ma sanno benissimo come conservare il potere. E allora giù con la retorica militarista, che serve a distrarre la popolazione dai fallimenti su tutti gli altri fronti.
Peccato che questa pantomima stia avendo conseguenze reali. L’industria bellica europea è un colabrodo, eppure si insiste a parlare di riarmo come se bastasse qualche discorso di Borrell per rimettere in piedi un arsenale. Nel frattempo, ai cittadini si racconta che devono accettare un tenore di vita sempre più basso per colpa della “minaccia russa”. E il peggio è che la gente ci crede.
Macron, Scholz e il delirio strategico
Se c’è una costante nella politica europea, è la schizofrenia. L’esempio più lampante è Emmanuel Macron, che a giorni alterni annuncia che la Francia manderà truppe in Ucraina, poi si corregge, poi rilancia. Il problema è che questa strategia del caos non è frutto di un piano, ma di una totale mancanza di direzione.
L’UE, semplicemente, non ha più una politica estera. Da una parte vorrebbe continuare a vivere nella bambagia, delegando la sicurezza agli Stati Uniti. Dall’altra spera di usare il conflitto in Ucraina per ottenere qualche concessione da Washington. Peccato che questi giochetti funzionino solo quando si ha un minimo di credibilità, e l’Europa ne ha meno di zero.
Nel frattempo, chiunque provi a suggerire un cessate il fuoco viene immediatamente silenziato. La parola d’ordine è una sola: la guerra deve continuare. E pazienza se Kiev è ormai alla disperazione e se l’esercito ucraino si sta sgretolando. Quel che conta è che i governi europei possano continuare a fingere di avere una strategia.
La grande illusione
Alla fine, tutto si riduce a un’unica domanda: cosa farà l’Europa quando Trump tornerà al potere? Perché è chiaro che il prossimo ciclo politico negli Stati Uniti sarà ben più ostile ai vassalli europei di quanto non lo sia stato quello di Biden.
Molti a Bruxelles sognano un ritorno dei Democratici nel 2028, così da poter ripristinare l’ordine che conoscono. Nel frattempo, la strategia è chiara: guadagnare tempo, restare immobili, fingere di contare qualcosa.
Il problema è che il tempo sta scadendo. Per vent’anni, l’Europa ha finto di poter evitare qualsiasi scelta difficile. Ora si ritrova con un’economia in crisi, un esercito inesistente, una politica estera dettata da Washington e governi che non sanno come uscire dal pantano ucraino senza perdere tutto.
La verità è che questa classe dirigente non ha mai saputo fare politica. Ha solo imparato l’arte di sopravvivere. E così, mentre il mondo cambia, l’Europa rimane ferma, paralizzata dalla paura. Non è più una potenza. È un problema. E il problema, prima o poi, dovrà essere risolto.