La guerra è sempre evitabile, ma richiede leader capaci di mediare. La competizione tra potenze, come quella tra USA e Cina oggi o tra Germania e Gran Bretagna prima della Prima Guerra Mondiale, porta a conflitti disastrosi. La situazione ucraina mostra come l’escalation militare prevalga sul dialogo, con l’Occidente che spinge verso una guerra non sostenibile per Kiev. Il sistema politico globale è ormai corrotto, dominato da oligarchie che sacrificano il bene comune. Solo una forte opposizione politica può sfidare il militarismo imperante e ripristinare una leadership morale.
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Gli statisti eviterebbero le guerre, qui parla Blair
di Elena Basile
In un bell’articolo recente di Foreign Affairs si sottolinea come la guerra sia sempre evitabile. Essa è il risultato delle azioni concrete di determinate personalità. La competizione tra l’impero britannico e la potenza in ascesa tedesca dal 1870 al 1914 ha reso inevitabile la prima guerra mondiale quando il Bismark statista dell’equilibrio europeo è stato messo da parte. La Germania Guglielmina si è convinta che la Gran Bretagna non avrebbe permesso il proprio sviluppo economico. D’altra parte una mediocre leadership britannica ha alimentato nella popolazione il timore che i tedeschi minacciassero il benessere e la libertà di Londra.
Sono evidenti le affinità col momento storico attuale: la competizione cino-statunitense. Il dramma di Tucidide che si sviluppa davanti ai nostri occhi. Se avessimo statisti occidentali avremmo la possibilità di evitare la guerra che è sempre una catastrofe umanitaria e i cui risultati non sono mai quelli per cui i popoli sono costretti alle armi. La mediazione economica e geo-politica tra Stati Uniti e Cina è possibile. Include la riforma del multilateralismo e della governance economica globale, il riconoscimento di un’unica Cina, la canalizzazione del risparmio cinese verso il dollaro e l’autolimitazione di Pechino nella competizione in alcuni settori strategici con l’Occidente.
Purtroppo la politica è lontana. Trionfa l’ottica militarista e il breve periodo. Lo stesso accade con riferimento ai due conflitti in corso russo-ucraino e in Medio Oriente. L’invasione ucraina di Kursk in mancanza di un’entrata in guerra aperta della Nato contribuisce all’escalation e moltiplica le sofferenze ucraine. La Russia sta vincendo in una guerra lenta in cui il paragone tra vittime ucraine e russe va da 3 a 1. Non abbiamo dati solidi. Si tratta di analisi tuttavia che hanno un fondamento. Mosca ha una strategia difensiva che limita le perdite e implica un avanzamento lento nella conquista dei territori. Gli analisti più ascoltati in Europa dovrebbero tuttavia comprendere che questo non è un conflitto per la conquista di territori. L’avanzata pagliaccesca ucraina a Kursk non è logisticamente sostenibile e espone a cielo aperto le truppe ucraine a eventuali attacchi russi con droni. La difesa nel Donbass è stata sguarnita e Mosca ha la meglio. Grazie all’escalation occidentale è ormai possibile e legittimo un attacco russo contro centri di addestratori svedesi e polacchi come è accaduto a Poltrava. Se avessimo statisti l’Ucraina non dovrebbe temere il suo annientamento ma potrebbe contare su una leadership in grado di negoziare il bene comune di Kiev, europeo, russo (non atlantista e statunitense). Lo abbiamo ripetuto e non ritorniamo sui possibili termini della mediazione.
Il pessimismo tuttavia è dovuto alla constatazione che le guerre non sono più inevitabili in virtù delle scelte effettuate da personalità politiche. Nella società globale e imperialista americana, il sistema è ormai corrotto a tal punto che soltanto gli individui privi di scrupolo possono andare al potere, recitando il verbo. Se la Harris fosse una persona morale e troncasse gli aiuti militari a Tel Aviv in nome di un cessate il fuoco permanente che salvi gli innocenti di Gaza, i donatori opterebbero per Trump. La Harris sarebbe abbandonata dagli altri politici democratici nel Congresso. Kennedy si è opposto al complesso militare industriale, in tempi in cui c’era ancora un margine di manovra, non eravamo nella fase avanzata del capitalismo finanziario, e non ha fatto una bella fine. Soltanto un movimento federato dei partiti e dei movimenti dell’opposizione di sinistra e (forse di destra) contro le classi al governo che sono marionette dei poteri finanziari e delle oligarchie transnazionali, potrebbe avere una qualche incidenza. Come aveva previsto Marcuse il capitalismo è in grado di plasmare e standardizzare i comportamenti. Assorbe e include in sé ciò che vorrebbe confutarlo. Blair, l’emblema della terza via e della falsa sinistra europea, che ha mentito come Bush sul possesso delle armi di distruzione di massa in Irak, è ancora intervistato sui principali giornali. Forma l’opinione moderata e ci spiega che la guerra alle autocrazie è necessaria per la difesa dei valori dell’Occidente. Non prova alcun rimorso per i 500.000 morti iracheni ed è impassibile di fronte a quelli ucraini e di Gaza. I centro-sinistra di tutta Europa che hanno ereditato il cinismo, l’opportunismo dei democristiani nostrani ma non la loro cultura e competenza, ripetono come Blair slogan senza fondamento che sono strombazzati da “miti” giornalisti all’opera. In questo quadro la costruzione di un’alternativa è un percorso irto di ostacoli. Opporsi alle logiche imperiali, militaristiche e nichilistiche attuali è, tuttavia, un impegno morale, prima che politico, imprescindibile.
Il Fatto Quotidiano, 8 settembre 2024