Le regole mafiose del nuovo ordine internazionale

La diplomazia di Donald Trump segue le norme e i rituali delle organizzazioni mafiose. L'obiettivo è spartirsi il mondo con le altre due superpotenze autoritarie: la Russia di Putin e la Cina di Xi Jinping. Resta il dubbio fondamentale se l’Unione Europea riuscirà a difendere i valori di un ordine internazionale liberale.

“Fai una firma e campi in pace. Non la fai e poi vedi tu.”

Se non fosse la frase simbolo di ogni boss che si rispetti, la si potrebbe attribuire pari pari a Scott Bessent, il plenipotenziario di Donald Trump per il Tesoro, sbarcato a Kiev con un contratto già pronto per lo sfruttamento delle terre rare ucraine. Un foglio da firmare e rispedire a Washington il giorno stesso, perché gli affari non possono aspettare, nemmeno se il tuo paese è in guerra e la tua capitale rischia di essere bombardata mentre metti la penna sul foglio.

Volodymyr Zelensky, che ha una sua dignità, lo ha rifiutato. Poi ha tentato di rinegoziarlo, poi ha accettato un incontro con Trump e il suo scagnozzo J.D. Vance alla Casa Bianca, sperando di poter discuterne davanti alla stampa. Male. Malissimo. Perché con Trump non si tratta: si accetta o si soccombe. E non appena Zelensky ha mostrato il minimo segno di resistenza, è scattata la punizione esemplare. Congelamento dell’invio di armi, fine dell’intelligence militare, isolamento diplomatico. Il copione è sempre lo stesso, che si parli di Ucraina, Messico, Canada o dell’Europa intera: il boss ordina, gli altri eseguono. O pagano le conseguenze.

“Abbiamo finito di fare la balia al mondo” ha ripetuto Trump nel suo primo discorso sullo Stato dell’Unione. Tradotto dal gangsterese: gli Stati Uniti non regalano più niente a nessuno, se non a chi dimostra fedeltà assoluta. Niente armi gratis per Kiev, niente più NATO a difendere l’Europa senza tornaconto, niente più “regole” internazionali. Il nuovo ordine mondiale è una scacchiera spartita tra tre padrini, ciascuno col suo pezzo di territorio: Trump nelle Americhe, Putin in Eurasia, Xi Jinping in Asia-Pacifico. Con buona pace dell’ONU, della NATO e di qualsiasi istituzione multilaterale.

“Voi europei siete dei parassiti” ha detto Trump ai leader del Vecchio Continente, con la stessa finezza di un usuraio che bussa alla porta per riscuotere gli interessi. Il concetto è chiaro: se volete protezione, pagate. Se non pagate, arrangiatevi. E se vi ribellate, vi ritrovate a dormire con i pesci, metaforicamente parlando.

Zelensky questo l’ha capito troppo tardi. Pensava che gli USA avrebbero sostenuto l’Ucraina almeno per decenza, almeno per salvare la faccia. Sbagliato. Per Trump, la faccia è solo un concetto astratto. Gli interessano i soldi e il potere. E oggi l’Ucraina, ridotta a un cantiere di rovine, può fornire entrambe le cose: un bottino di guerra per le multinazionali americane e una leva per trattare con Putin.

“Putin vuole la pace” ha proclamato Trump con la faccia seria, come se stesse dicendo qualcosa di sensato. Nessuno gli ha chiesto su quale base lo affermi. Nessuno gli ha chiesto perché gli USA, anziché pretendere concessioni da Mosca, si mostrino pronti ad accettare tutte le condizioni imposte dal Cremlino per il cessate il fuoco. Ma la risposta è chiara: Trump ha deciso che l’Ucraina è un problema secondario. Che la NATO è un impiccio. Che l’Europa deve essere lasciata a cavarsela da sola, possibilmente con il cappello in mano davanti a Mosca.

E l’Europa? Merkel lo aveva detto nel 2017, quando Trump era solo una comparsa: “Dobbiamo prendere in mano il nostro destino”. Oggi quelle parole suonano come un monito funebre. Perché l’Europa, dopo anni di tiepidi tentativi di affrancarsi da Washington, si trova a un bivio: diventare una potenza autonoma, con una sua difesa e una sua strategia, o rassegnarsi al ruolo di provincia marginale nel nuovo impero mafioso.

Le prime avvisaglie di una reazione ci sono. La Germania ha rotto il tabù del riarmo. La Francia mette sul tavolo il suo arsenale nucleare come scudo per il continente. La coalizione di volontari per l’Ucraina nasce fuori dalla NATO, per aggirare il veto degli amici di Putin in Ungheria e Slovacchia. Ma basterà? Il problema è il tempo. Ogni giorno che passa senza un piano concreto per una difesa europea rafforza la strategia di Trump: spezzare le alleanze, indebolire gli avversari, ridurre il mondo a un suk dove conta solo chi ha più soldi e più pistole.

I metodi sono sempre quelli, che si tratti di minacciare Zelensky, ricattare l’UE o piegare il Canada con dazi e sanzioni. È la logica della mafia, con i suoi rituali di iniziazione, i suoi atti di umiliazione pubblica, le sue estorsioni. “Se vuoi stare al tavolo, devi dimostrare fedeltà” dicono i trumpiani. Tradotto: devi sporcarti le mani. Per questo Trump riempie il suo governo di personaggi privi di scrupoli, che devono la carriera alla loro cieca obbedienza. Per questo usa Musk e la sua macchina del fango digitale per ridurre al silenzio chi osa criticarlo. Per questo smantella ogni organismo di controllo, perché nel suo mondo non ci devono essere regole, solo ordini.

“Chi comanda a New York?” chiede Vito Corleone nel film. Lo stesso si potrebbe chiedere oggi: chi comanda nel mondo? Trump, Putin, Xi. Tre boss con i loro territori. Il resto è plebe, carne da macello, utili idioti.

Il vecchio ordine liberale è stato spazzato via senza tante cerimonie. Al suo posto, una mappa di zone d’influenza, con i più deboli costretti a scegliere se sottomettersi o rischiare l’annientamento. E l’Europa? O si sveglia, o finisce per firmare il contratto. Senza nemmeno sapere che cosa c’è scritto.

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