Mentre il Presidente degli Stati Uniti sfodera la retorica dei “guerrafondai in giacca e cravatta”, promettendo l’ennesimo inferno in Medio Oriente – dove l’inferno non è mai mancato e il diavolo ha ormai preso residenza fissa da anni – Hollywood, la fabbrica delle illusioni a stelle e strisce, finisce letteralmente tra le fiamme. I media, con la solita delicatezza, definiscono questa tragedia “un inferno che divora le super ville delle star”, innescando un’ondata di solidarietà globale per i poveri padroni delle ville con piscina da dieci milioni di dollari. Forse qualcuno si è commosso vedendo il peluche di qualche celebrità ridotto in cenere. Peccato che le stesse lacrime non scorrano per i bambini bruciati vivi a Gaza.
Hollywood, il regno dove si fabbricano sogni e si coltivano bugie, continua a recitare il suo copione preferito: la propaganda. È il luogo dove, con la maestria di un illusionista da Oscar, si è riusciti a trasformare genocidi in epopee eroiche, guerre di sterminio in lotte per la libertà, e criminali di guerra in paladini della democrazia. Lo hanno fatto prima contro i nativi americani – trasformati da vittime di un genocidio in selvaggi assetati di sangue – e poi con la Guerra Fredda, quando il “mostro russo” era il villain per eccellenza di ogni blockbuster. Non c’era film d’azione senza un brutto ceffo dell’Est pronto a far saltare il mondo in aria, sempre sconfitto all’ultimo secondo dall’eroe di turno con mascella scolpita e valori “americani” sotto braccio.
Poi è arrivata l’era del sionismo hollywoodiano: una pioggia di messaggi subliminali ben confezionati, sparsi anche nei film che con la storia non avevano nulla a che fare. Dopotutto, se non santifichi Israele, non entri a Hollywood, e l’Oscar te lo puoi scordare. Persino la Seconda Guerra Mondiale, nei loro film, è stata vinta quasi esclusivamente da soldati americani, perché – è risaputo – senza la bandiera a stelle e strisce i campi di concentramento non sarebbero mai stati liberati. Il tributo di sangue dei sovietici? Scordatevelo: non fa audience.
Ora Hollywood brucia, e i media si stracciano le vesti. “Inferno a Beverly Hills!”, titolano, dimenticando che a pochi fusi orari di distanza c’è un altro inferno, ben più reale, che consuma esseri umani, non statue di bronzo o divani di design. Ma il dramma delle ville in cenere fa più notizia dei corpi carbonizzati dei bambini palestinesi. Le super ville dei miliardari meritano più solidarietà del popolo di Gaza, perché, a quanto pare, le fiamme che divorano un set da Oscar valgono più di quelle che inceneriscono intere famiglie.
Hollywood, con il suo eterno doppiogiochismo, continua comunque a svolgere egregiamente il suo ruolo: intrattenere, manipolare e distorcere. Anche mentre brucia, rimane fedele alla sua missione di propaganda. È un rogo simbolico, che illumina la doppia morale di un sistema che si commuove per il privilegio ferito ma ignora sistematicamente le sofferenze reali, quelle che non fanno clic né riempiono i botteghini.
E mentre i piagnistei per le ville in cenere riempiono i telegiornali, qualcuno, lontano dai riflettori, si chiede ancora perché l’immagine della Statua della Libertà, quella che Hollywood ama tanto celebrare, sembri sempre più grondante sangue.