Viviamo in un’epoca di degrado della vita pubblica, in cui il sistema occidentale, ormai in declino, è caratterizzato da oligarchia, plutocrazia e nichilismo. Non possiamo cambiare la nostra posizione storica, ma possiamo prepararci per il “dopo”, quando il sistema collasserà. Questo richiede uno sforzo sia collettivo che individuale. Sul piano personale, un’azione fondamentale è la documentazione delle menzogne e delle contraddizioni perpetrate dalle attuali classi dirigenti, creando “archivi del male” che preservino la memoria storica di tali falsità. Conservare queste testimonianze è essenziale per mantenere l’equilibrio e la direzione in un mondo sempre più caotico.
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di Andrea Zhok
Uno dei problemi fondamentali che si pongono in un’epoca di degrado della vita pubblica, e di generale decadenza, come la nostra è “che fare?”
Ciò che non possiamo modificare è la nostra sfortunata collocazione in Occidente, in una fase storica in cui la spinta propulsiva della modernità occidentale è esaurita e gli squilibri costitutivi del sistema (oligarchismo, plutocrazia, tecnocrazia, nichilismo, ecc.) stanno dilagando, senza più alcuna compensazione.
Ciò che possiamo fare è preparare l’inevitabile “dopo”, di un sistema al collasso, caotico e privo di ogni direzione.
Molte cose sono necessarie per preparare il “dopo”.
Alcune sono complesse, perché richiedono di remare fortemente contro corrente: in un’epoca che coltiva frammentazione e individualismo, per costituirsi in organizzazioni politiche funzionali è necessario remare controcorrente a lungo. La spinta umorale cui la nostra epoca naturalmente ci dispone è quella verso la diffidenza, il rancore, la permalosità, la ricerca più del contingente che divide che dell’essenziale che unisce. Sconfiggere questa tendenza e creare le condizioni per un'”amicizia politica” (in senso aristotelico) è necessario, ma naturalmente anche molto difficile.
Alcune operazioni sono però più semplici, e possono essere gestite a livello individuale. Un’operazione fondamentale è la documentazione e la costruzione di “archivi del male”. Mi spiego.
La scommessa delle nostre classi dirigenti, degli oligarchi che detengono il potere reale e dei politici che lo implementano, recitando sul palcoscenico pubblico, è di riuscire a imporre la loro rappresentazione del mondo nonostante la sua insostenibilità, nonostante la sua conclamata contraddittorietà e falsità.
Lo fanno mentendo sistematicamente, rinforzandosi a vicenda con menzogne convergenti, ripetendole ossessivamente, tacendo strategicamente tutto ciò che le contraddirebbe e delegittimando tutte le voci dissenzienti o dissonanti. L’imposizione della menzogna è il loro trionfo e non credo che nessuna epoca storica sia stata più esplicita e sfacciata della presente nel portare a compimento tale progetto.
La potenza di fuoco dei costruttori di menzogne è straordinaria, rinforzata dall’odierna capacità tecnologica.
Ma più ancora della grande potenza di fuoco, a sostegno di questa tendenza sta un fattore culturale di fondo: la cultura di cui le odierne classi dirigenti occidentali sono latrici è una cultura radicalmente relativista e nichilista, dove si dà per scontata l’inesistenza di valori obiettivi e di forme naturali essenziali. Essi si muovono con perfetto agio nella menzogna perché da tempo non credono al valore della verità né all’autonomia della realtà.
Alla domanda nietzscheana “Perché la verità e non piuttosto la menzogna*?” si sono risposti in modo netto: “Purché la menzogna mi serva, vita eterna alla menzogna.”
Essi possono mentire e contraddirsi, possono utilizzare doppi e tripli standard, possono modificare le proprie narrazioni in corsa più e più volte, cancellando le incongruenze senza batter ciglio, perché fondamentalmente non credono in partenza né al valore della verità, né all’autonomia della realtà (che si riduce a percezione corrente della realtà).
Nel lungo periodo l’autonomia della realtà finirà comunque per imporre le proprie ragioni e il valore della verità verrà reistituito, ma questo può accadere in molte forme, alcune assai sgradevoli per noi. Una di queste, a mio avviso oggi la più probabile, è che l’intera millenaria cultura europea venga coinvolta nel tracollo della modernità occidentale, venga travolta nell’irrilevanza e sepolta. E non bisogna pensare che la caduta in discredito di una grande cultura storica sia un evento “meramente culturale”. Con il perdere di rilievo e peso di questa cultura perderanno di peso e rilievo anche i relativi luoghi, le forme di vita, i territori, le persone che vi abitano.
Tra le poche cose che sul piano personale possono essere fatte, una importante forma di resistenza è rappresentata dalla costruzione di archivi che conservino nel tempo la memoria delle contraddizioni, contorsioni e cancellazioni che l’apparato oggi dominante mette in campo a ciclo continuo. È importante conservare e ordinare in maniera consultabile e reperibile la memoria delle menzogne, perché le menzogne hanno la fondamentale caratteristica di cadere in contraddizione nel tempo.
Chi governa la narrazione dominante e gli apparati mediatici conta sulla propria potenza di fuoco, capace di far sprofondare nell’oblio ogni menzogna passata coprendola con una nuova menzogna più sfacciata della precedente. Per non essere travolti, niente è più importante che la conservazione dell’equilibrio e della direzione attraverso la memoria delle scosse prodotte per farci perdere equilibrio e orientamento. Questo oggi può essere fatto anche a livello individuale, ed è importante che sia fatto.
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NOTE
* La domanda nietzscheana “Perché la verità e non piuttosto la menzogna?” riflette una delle questioni più profonde e provocatorie sollevate da Friedrich Nietzsche nella sua filosofia. Nietzsche mette in discussione il valore tradizionale della verità, che per secoli è stata considerata un fine ultimo e un valore assoluto. Egli invita a considerare se la verità sia davvero superiore alla menzogna o se, al contrario, la menzogna possa avere un valore pratico maggiore, specialmente in termini di potere, sopravvivenza e influenza.
Per Nietzsche, la verità non è qualcosa di assoluto o oggettivo, ma piuttosto una costruzione umana, legata ai contesti storici, culturali e sociali. La sua domanda sfida l’idea che la verità abbia un valore intrinseco e pone l’accento sul fatto che spesso la menzogna può essere più utile o più potente, specialmente quando serve i nostri bisogni e desideri.
Questa provocazione non implica necessariamente un rifiuto della verità, ma piuttosto un invito a riflettere criticamente su perché e come attribuiamo valore a certi concetti rispetto ad altri. Nietzsche esplora l’idea che la verità possa essere un costrutto culturale utile solo in certi contesti, mentre in altri la menzogna potrebbe avere un ruolo altrettanto, se non più, significativo.