Se c’è una caratteristica che definisce i potenti del nostro tempo, è la capacità di tessere narrazioni e creare scenari dove ogni personaggio, dal protagonista al comprimario, recita una parte scritta con cura maniacale. Joe Biden non sfugge a questa regola. Grazie al caso Hunter, il sipario si alza su un’opera che intreccia potere politico, interessi economici e manipolazione mediatica in un racconto dove i confini tra realtà e finzione si confondono.
Il perdono presidenziale concesso da Joe Biden a suo figlio Hunter è solo l’ultimo atto di un dramma che nasconde molto più di quanto mostra. Hunter, colpevole di frode fiscale per 1,4 milioni di dollari e possesso illegale di armi, è il simbolo vivente di una classe dirigente che usa la legge come strumento flessibile, piegandola ai propri fini. La grazia non è un gesto d’amore paterno, ma un atto di difesa politica: un coperchio necessario per mantenere sigillata una pentola in cui ribollono segreti che potrebbero scuotere l’intero sistema.
Questi segreti trovano un punto focale negli affari di Hunter in Ucraina. Nel 2014, quando il governo di Kiev venne ribaltato dal golpe di Euromaidan, sostenuto dagli Stati Uniti, Hunter si trovò comodamente seduto nel consiglio di amministrazione di Burisma, colosso del gas e del petrolio. Un incarico da un milione di dollari l’anno per un uomo che di oleodotti e gasdotti sapeva meno di un manuale di manutenzione ordinaria. Quando il procuratore ucraino Viktor Shokin osò indagare sui loschi affari di Burisma, Biden intervenne, chiedendo il suo licenziamento.
Nel 2019, la narrazione subisce un colpo di scena: Hunter Biden, con la sua disarmante noncuranza, lascia un computer portatile in un negozio per riparazioni e semplicemente si dimentica di ritirarlo. All’interno, foto compromettenti, email che provano connessioni illecite e una pistola, simbolo tanto della sua imprudenza quanto del potere che sente di poter esercitare impunemente. Quando il New York Post pubblica il materiale trovato, l’establishment reagisce prontamente: Twitter e Facebook oscurano la notizia, dimostrando ancora una volta che il confine tra media privati e strumenti di propaganda è ormai inesistente. Il gesto, oltre a salvare la campagna elettorale di Biden, rivela la potenza dei social network come arma politica. Questi colossi tecnologici non si limitano più a informare: plasmano la realtà, decidendo cosa può essere detto e cosa deve rimanere sepolto.
Il teatro del potere trova il suo palcoscenico ideale in Ucraina. Non c’è luogo migliore per osservare come l’élite globale utilizzi guerre per procura per i propri fini. Nel 2024, l’approvazione delle mine antiuomo e l’utilizzo di missili Atacms, definiti “inutili” persino dal segretario alla Difesa Lloyd Austin, non rappresentano solo una decisione strategica, ma un messaggio. La guerra non è più uno strumento per vincere, ma per mantenere viva una narrazione di tensione e paura, che giustifica spese militari colossali e la perpetuazione del potere.
Mentre la NATO soffia sul fuoco, l’Ucraina diventa un laboratorio di destabilizzazione globale. Le mine esplodono nei campi, le città vengono distrutte, ma il vero obiettivo è il controllo. Non è un caso che figure come Hunter Biden siano strettamente legate a questa terra martoriata: è il nodo perfetto per intrecciare affari privati e geopolitica.
La grazia concessa a Hunter Biden non è solo un atto di nepotismo, ma una mossa strategica per prevenire eventuali confessioni. Se Hunter parlasse, le rivelazioni potrebbero scuotere non solo l’amministrazione Biden, ma anche l’intera narrativa costruita attorno alla guerra in Ucraina. Quali accordi sono stati realmente siglati tra Burisma e la famiglia Biden? Qual è il vero ruolo degli Stati Uniti nel conflitto ucraino? La grazia, dunque, è una garanzia di silenzio, un’assicurazione contro il rischio che qualcuno possa mettere in discussione il disegno imperiale.
In questo contesto, il controllo diventa il vero fulcro del potere. Come nei più intricati thriller, chi manovra gli scambi ferroviari decide il destino dei treni. Qui, i treni sono le nazioni, i leader e le crisi orchestrate con precisione. Non è necessario possedere tutto; basta controllare i nodi vitali. Il potere invisibile non lascia nulla al caso. Ogni decisione, dalla grazia a Hunter alla censura sui social, è parte di un disegno più ampio, dove nulla è improvvisato.