di Laura Ruggeri
Perché non festeggio il definanziamento delle organizzazioni di fact-checking che controllano i social media? La loro fine è semplicemente un passaggio evolutivo. Le piattaforme dei social media e le parti interessate come i governi occidentali hanno capito che questo approccio tradizionale che si basava pesantemente su gatekeeper esperti e centralizzati è irrealizzabile o addirittura controproducente quando le accuse di parzialità e censura dilagano.
Al posto di un approccio unico e monolitico, sta prendendo forma un mosaico di approcci, che vanno dalla verifica guidata dall’utente e dalla moderazione AI ai framework decentralizzati o basati su blockchain. Per contenere e annullare le narrazioni che smentiscono la propaganda occidentale, stanno ricorrendo sempre più a risposte non informative. Stanno combattendo le operazioni di informazione in modo asimmetrico, al di fuori degli spazi informativi. Le molestie, la sorveglianza, l’intimidazione e l’arresto di giornalisti indipendenti, il diniego di accesso ai media russi, la pressione sulla società madre di TikTok ByteDance affinché venda la piattaforma, l’arresto e il ricatto di Pavel Durov di Telegram, l’annullamento delle elezioni in Romania con il pretesto fasullo di “interferenza straniera” nella campagna politica, ecc. indicano un’escalation molto pericolosa nella risposta asimmetrica dell’Occidente. Ultimo ma non meno importante, la NATO e l’UE stanno raddoppiando i loro sforzi per “combattere la disinformazione”: quel treno della cuccagna non è stato fermato. Cito da un recente rapporto pubblicato dal SEAE (il servizio diplomatico dell’UE):
“Il punto che sto sottolineando è che dietro gran parte delle informazioni più dannose e visibili che incontriamo ci sono campagne tangibili. Queste campagne hanno persone, risorse, infrastrutture finanziarie, budget e marchi che possono essere presi di mira dall’attivismo e dalla legge, da sanzioni, rimozione, delisting ed esposizione. Quando ci concentriamo sulle operazioni che manipolano gli spazi informativi, abbiamo a disposizione un’intera gamma di risposte che non necessitano che a nostra volta trasformiamo gli spazi informativi in armi”.
E sul tema dell’intelligenza artificiale, il DisinfoLab dell’UE spiega:
“La crescita esponenziale e la disponibilità di strumenti di intelligenza artificiale potrebbero addirittura comportare più vantaggi per i difensori che per gli aggressori”.
Già nel 2015 l’EEAS aveva creato la East Stratcom Task Force. Nel 2017 è stato istituito a Helsinki l’European Centre of Excellence for Countering Hybrid Threats, che supporta le attività della NATO in questo campo, per fungere da unico punto di riferimento per l’analisi delle minacce ibride.
La NATO ha creato una pipeline di ricercatori, centri universitari, giornalisti, fact-checker e ONG in tutta l’UE. Non hanno bisogno di finanziamenti USAID perché sono finanziati dall’UE e dalla NATO. Impiegano esperti in data mining e analisi per organizzare, aggregare ed elaborare grandi quantità di dati digitali con l’aiuto dell’IA.