La fiction democratica

I politici minano la democrazia ignorando il volere popolare, come dimostrano recenti esempi negli USA, Francia e Italia, disilludendo gli elettori.

I rappresentanti delle nostre democrazie non sembrano credere realmente nel sistema democratico, dove il popolo è sovrano e gli eletti sono suoi dipendenti. Se così fosse, dovrebbero dimostrarlo più spesso, anziché minacciare la democrazia stessa con azioni contrarie al volere popolare. Gli esempi recenti degli Stati Uniti, con la possibile rielezione di Trump, della Francia, con Macron che cerca di governare contro il 65% degli elettori, e dell’Italia, con la Meloni che tradisce le aspettative per allinearsi all’establishment, dimostrano come il sistema democratico venga continuamente manipolato. In tutto questo, l’Ue impone sanzioni e decisioni dall’alto, minando ulteriormente la fiducia dei cittadini nel voto.

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di Marco Travaglio

Ma i rappresentanti delle nostre democrazie credono nella democrazia? Cioè in quel sistema complicato e faticoso – molto più delle autocrazie, delle oligarchie e delle aristocrazie – dove il sovrano è il popolo, che decide chi deve governare e cosa deve fare, insomma dove gli eletti sono dipendenti degli elettori e non viceversa? No, perché se ci credono dovrebbero dimostrarlo almeno ogni tanto. Se invece, come pare da ciò che dicono e soprattutto fanno, non ci credono, aboliscano il suffragio universale e ripristinino il voto per censo, per titolo di studio, per tessera riservato a chi vota per loro. E la facciano finita con questa fiction. Dagli ultimi sondaggi, e anche dai penultimi, pare che la maggioranza degli americani rivoglia Trump: a qualcuno piace, a molti dispiace, ma la prima regola della democrazia dice che i Democratici devono usare tutti i mezzi leciti per batterlo; se invece perdono, devono andarsene all’opposizione e intanto trovarsi un leader vero, ma soprattutto vivo. Senza strillare ogni due per tre al fascismo e alla fine della democrazia, che sarebbe proprio ciò che hanno in mente loro: impedire a chi vince le elezioni di governare e attuare il suo programma.

Idem per la Francia. Se il popolo boccia Macron tre volte in un mese per premiare due volte la Le Pen e la terza (dopo i magheggi delle desistenze) Mélenchon, cosa c’è di democratico nei traffici del piccolo Napoleone per impapocchiare un governo senza Le Pen né Mélenchon, cioè contro il 65% degli elettori? In Italia la Meloni ha vinto le elezioni perché Fratelli d’Italia, fin dalla nascita nel 2013, si era opposto a tutti i governi dall’ammucchiata Letta all’ammucchiata Draghi: quindi l’hanno votata per avere massima discontinuità. Ora la premier è lodata ogni volta che tradisce le attese e le promesse per allinearsi all’establishment nazionale e internazionale (cioè sempre); e minacciata – anche con ricatti sui conti pubblici – non appena accenna a qualche timida deviazione: tipo la tentazione di non votare per Ursula von Sturmtruppen e di sottrarsi all’euro-ammucchiata Ppe, Pse, Lib-dem, Verdi e – sperano lorsignori – pure Ecr. Cioè: l’euroscettica che ha vinto urlando a questa Ue che “la pacchia è finita” dovrebbe allungarle la pacchia, prendendo in giro gli elettori per lasciare tutto com’è. Parliamo dell’Ue che scomunica e sanziona il suo presidente di turno Orbán perché incontra Zelensky e Putin per farli negoziare e l’indomani scopre che pure Zelensky vuole negoziare con Putin. Ma perché un cittadino dovrebbe votare se tutti s’impegnano a convincerlo che, passata la festa, a decidere è sempre quell’invisibile pilota automatico che trasforma ogni voto di cambiamento nella più bieca restaurazione?

Il Fatto Quotidiano, 17 luglio 2024

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