Kamala Harris candidata senza voti: chi decide davvero nelle elezioni americane?

Il teatrino della democrazia americana: tra illusioni e decisioni prese dall'alto

Ormai la parola “democrazia” sembra una barzelletta, soprattutto quando si osserva il comportamento dei Democratici negli Stati Uniti. Le primarie hanno incoronato Biden, ma alla fine è Harris la candidata, scelta non dagli elettori, ma dai poteri forti come i Clinton e gli Obama. Questo teatrino politico si svolge sotto l’illusione di una vittoria democratica, nonostante le decisioni vengano prese da una ristretta élite e non dal popolo. Mentre si celebra la “vittoria delle donne”, si ignorano le contraddizioni, come l’offerta di Kamala come un pacco regalo. Nel frattempo, Biden lascia in eredità un piano nucleare segreto, un “dono” democratico che potrebbe portare gravi conseguenze globali.

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Dicesi democrazia

di Marco Travaglio

Ormai, appena sento “democrazia”, mi viene la ridarella. Specie quando la cerco nel vocabolario Treccani: “Forma di governo che si basa sulla sovranità popolare e garantisce a ogni cittadino la partecipazione in piena uguaglianza all’esercizio del potere pubblico”. Da scompisciarsi. Il faro della democrazia sono gli Usa, dove si tiene la Convention del Partito – indovinate un po’? – Democratico. Che, come tale (ma lo fa anche il Repubblicano), affida agli elettori la scelta del candidato alla presidenza con apposite primarie. Quelle repubblicane le ha vinte Trump, dunque il candidato è Trump, che però è antidemocratico. Invece quelle democratiche le ha vinte Biden, dunque il candidato alla Casa Bianca è la Harris: che c’è di più democratico? Si dirà: si è scoperto che Biden è rincoglionito. Sì, ma lo si sapeva da tre anni e le primarie si sono tenute da febbraio a giugno di quest’anno senza che nessuno aprisse bocca. Poi a luglio i Clinton e gli Obama han deciso che doveva ritirarsi. Non perché era rinco (l’avrebbero ricandidato pure da morto, seguitando a telecomandarne la salma), ma perché s’era fatto sgamare nel tele-dibattito con Trump e rischiava di perdere, e loro con lui. Così la Convention Democratica incorona la Harris, considerata fino a ieri una mezza pippa. Già a settembre il Washington Post implorava di ritirarsi sia Joe sia lei (“non è riuscita a guadagnare terreno nel Paese e neppure nel partito”). Ma ora i giornaloni, tra fiumi di bava e gridolini di giubilo, la trovano improvvisamente geniale. Pazienza se non l’ha scelta un solo elettore: a issarla sul trono provvedono gli Obama e i Clinton, in un tripudio di familismo amorale che fa impallidire il nostro, ma nessuno nota per non turbare il Nuovo Mondo a cuoricini e fiorellini.

Siccome si chiamano Democratici, si credono democratici: un Democratico non può fare cose antidemocratiche nemmeno se le fa. E tutti esultano per la grande vittoria delle donne, perché Bill e Barack fanno democraticamente parlare Hillary e Michelle. Poi Kamala fa parlare il marito Douglas Emhoff, pure lui avvocato, e i nostri giornaloni si eccitano per la sua storia molto femminista: “Avevo appena risolto il problema importante di un cliente e quello, per ringraziarmi, mi organizzò un appuntamento al buio. Fu così che ebbi il numero di Kamala e la chiamai”. Ma come, una donna in omaggio come un pacco Amazon? E il #MeToo che dice? Mentre va in scena il teatrino democratico, il NYT scopre che Biden a marzo ha firmato un piano segreto (chissà cosa ne avrà capito) per puntare nuove e vecchie armi nucleari contro Russia, Corea del Nord e Cina. È il suo lascito al successore e a tutti noi: un regalino molto democratico, pure troppo.

Il Fatto Quotidiano, 23 agosto 2024

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