L’insediamento egocapitalista

Inizia con una balla il bis di Trump. Fanno la cerimonia dentro non per il freddo ma perché non si presenterebbe neanche un cane e c’è pure il rischio di qualche malintenzionato.

di Tommaso Merlo

Inizia con una balla il bis di Trump. Fanno la cerimonia dentro non per il freddo ma perché non si presenterebbe neanche un cane e c’è pure il rischio di qualche malintenzionato. I followers sono più pigri dei militanti vecchio stampo mentre è pieno di pazzoidi armati fino ai denti. La dimensione delle folle è poi una fissa di Trump, vuole sempre avercele più grosse degli altri e non vuole cominciare con una figuraccia globale. Un antipasto, il mondo girerà attorno alle bizze dell’ego tossico di quel vecchio narcisista. Trump giurerà nel palazzo che fece assalire dai suoi scagnozzi perché non accettava il responso delle urne. Ci scappò anche il morto ma mentre la manovalanza marcisce in carcere, Trump torna da padrone promettendo grazie. Granparte dei suoi processi stanno finendo in niente ed è proprio questa una delle ragioni del suo ritorno, stare fuori dalla galera. L’altra è sfamare il suo narcisismo patologico. Ottenere la rivincita e convincere prima di tutto se stesso di non essere un pallone gonfiato ma il migliore presidente della storia statunitense. Gli Stati Uniti non potevano produrre personaggio migliore per rappresentare la loro deriva egocapitalistica e proseguire l’epocale declino dell’impero.

In attesa dell’insediamento, a Washington sono iniziate proteste preventive. Metà degli americani detestano Trump e tutto quello che rappresenta. Anche gli apparati ed i media mainstream sono sul piede di guerra e si preannuncia una guerra civile anche se si spera non armata. La società americana è profondamente divisa. Le due fazioni si incolpano a vicenda senza rendersi conto che sono entrambe vittime dello stesso sistema egocapitalista. Ed è di quello che si dovrebbero occupare. Dando finalmente vita uno stato che garantisca una decente giustizia sociale e che curi le ferite frutto di vite ridotte a business plan, comunità ridotte a mercati e diritti umani ridotti a merce. Ma guai a chi osa ipotizzare perlomeno il modello europeo mentre il bipartitismo impedisce il sorgere di una vera opposizione al sistema. I cittadini si scannano tra loro sul nulla ad ogni campagna elettorale e poi nulla cambia.

Ma Trump presenta qualche elemento di novità rispetto al defunto Biden e all’inguardabile establishment alle sue spalle. Trump è il boss del MAGA, un movimento personalistico che si è impadronito del vecchio partito repubblicano estremizzando la destra e calpestandone tutta la vecchia classe dirigente. Perfino gli ex presidenti lo schifano. Invece che fondare un partito nuovo, Trump ha sfruttato la sua notorietà e ricchezza per impossessarsi del vecchio sistema. Quanto ai suoi contenuti e toni, non è altro che la versione americana del sovranismo di destra che imperversa anche da noi. Istinti nazionalistici anti immigrati, crocifissi di plastica, pistole e bandiere. Paura del cambiamento e vitaccia materiale che diventa frustrazione che diventa rabbia che diventa tifo politico per qualche uomo forte o presunto tale. Colpa scaricata sugli ultimi arrivati invece che su un sistema che frega tutti. Egocapitalismo è giungla di mercato e quindi legge del più forte, con alcune persone ed alcuni paesi che sguazzano nello spreco ed altri nella miseria. Ingiustizia che alimenta fossati che alimentano tensioni. Ma dato che anche la politica e quindi la democrazia sono state comprate dal capitale, invece di mettere in discussione il sistema, una politica sempre più oligarchica alimenta la guerra tra poveri, specula sulle paure ed aizza le fazioni. Trump è egocapitalismo fatto a persona ma con un grosso pregio. Da un uomo d’affari concepisce la guerra come commerciale più che militare e pare non sia intenzionato ad insanguinare il mondo come il suo predecessore e l’inguardabile establishment alle sue spalle. Paesi come clienti, mondo come mercato, profitti come panacea di tutti i mali. Con al centro dell’universo il proprio ego personale e collettivo e quindi i propri meschini interessi. Già, quello di Trump non è l’insediamento del leader del mondo libero e avanzato, ma quello del boss di un paese dilaniato, quello di un cesare di un impero cadente, quello di un vecchio narcisista in cerca di pace, quello dell’alfiere di un modello fallimentare. Ma Trump e tutti i suoi colleghi occidentali sono troppo miopi, arroganti e compromessi per rendersene conto e capire come la vera sfida politica della nostra era ci accomuna tutti ed è superare l’egocapitalismo dando vita ad un modello più intelligente e sensibile che ci salvi dall’autodistruzione.

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