Il futuro dell’Europa dopo la guerra in Ucraina

L’Europa ha scavato la sua fossa con le sue stesse mani, e ora ci dicono che dobbiamo armarci fino ai denti per non finirci dentro.

Rieccoci con il grande mantra del nostro tempo: dobbiamo armarci. Ce lo chiede la Storia, ce lo chiede la Sicurezza, ce lo chiede Ursula von der Leyen, che fino a ieri si atteggiava a paladina della transizione ecologica, ma oggi scopre il fascino dei carri armati. Ce lo chiede pure quel simpaticone di Mark Rutte, che vorrebbe tagliare pensioni e sanità per riempire gli arsenali, ché si sa, i popoli affamati e malati combattono meglio. E ce lo chiedono, ovviamente, i produttori di armi, che su questa isteria da riarmo hanno visto spalancarsi praterie di finanziamenti pubblici, tutto nel nome della solita, immancabile, insostituibile minaccia russa.

Ora, siccome non siamo né nati ieri né particolarmente inclini alle favole della propaganda atlantista, proviamo a mettere insieme due numeri, giusto per capire se siamo di fronte a una strategia lungimirante o all’ennesima presa per i fondelli. L’Osservatorio sui Conti Pubblici dell’Università Cattolica – diretto, per inciso, da Carlo Cottarelli, che non è certo un pericoloso sovversivo – ha pubblicato dati inequivocabili: l’Europa spende già il 58% in più della Russia in armamenti. Avete capito bene, non il 5, non il 10, ma il 58%. Eppure, ci dicono che dobbiamo aumentare ancora, perché la Russia starebbe stravincendo sul piano della produzione bellica. Come la mettiamo?

La mettiamo che la Russia ha un modello industriale che noi ci sogniamo. Hanno riconvertito interi comparti per produrre munizioni 24 ore su 24, 7 giorni su 7. A Ekaterinburg, negli Urali, dove Stalin spostò le fabbriche per metterle al sicuro dai nazisti, oggi si assume gente da tutta la Federazione per costruire armi. E noi, che invece spendiamo il 58% in più, dove li buttiamo i soldi? Sui F-35 che non decollano, sui blindati che si guastano alla prima buca, sulle missioni militari che non si capisce bene chi dovrebbero proteggere e da cosa. Insomma, non è che spendiamo poco: spendiamo male.

Ma andiamo alla sostanza della propaganda di guerra che ci vogliono vendere. La Russia vuole invadere l’Europa? No. È sempre stata una potenza ossessionata dalla propria sicurezza, non dall’espansione. Quando l’URSS crollò, Mosca non si lanciò alla conquista di nuovi territori: si ritirò. Perfino dall’Ucraina, fino a quando non si è sentita minacciata dalla NATO. Storicamente, la Russia si muove quando si sente circondata, non per sfizio imperialista. Lo dimostra la Seconda Guerra Mondiale: i nazisti nella parte occidentale dell’Ucraina furono accolti come liberatori, perché Stalin negli anni ‘30 aveva affamato il paese. Nel Donbass, invece, la popolazione resistette con le unghie e con i denti, perché si sentiva russa. E guarda caso, oggi il Donbass è il cuore del conflitto. Ma tutto questo è tabù, guai a dirlo.

E allora, che sta succedendo? Sta succedendo che la guerra in Ucraina ha trasformato la Russia. Nel 2022 Putin non aveva alcuna intenzione di attaccare l’Europa. Oggi? Oggi è stato costretto a rafforzare il suo esercito come mai prima. La NATO ha investito miliardi per spezzare la Russia e il risultato è che Mosca si è militarizzata come mai dal dopoguerra. La verità è che più insistiamo in questa follia, più rendiamo possibile quello che fino a ieri era impensabile: che un domani, per puro calcolo strategico, Putin decida di sfondare il fronte baltico. Non perché lo volesse all’inizio, ma perché lo abbiamo costretto a vederci come un nemico esistenziale.

E qui arriva la domanda cruciale: cosa succede se Putin invade i Baltici? Facile: guerra mondiale. O forse no. Perché c’è un altro dettaglio che i media mainstream fanno finta di non vedere: gli Stati Uniti, con Trump, potrebbero benissimo starsene fuori. Già oggi gli americani si sono rotti le scatole di questa guerra. Se Trump vince, l’Europa si troverà sola a fronteggiare la Russia. Sola, con un arsenale che, anche se raddoppiamo la spesa, resta ridicolo rispetto a quello russo. Perché la Russia ha 6000 testate nucleari, noi no. Se Mosca decidesse di bombardare Parigi, credete davvero che gli Stati Uniti scatenerebbero un olocausto nucleare per vendicare Macron? Illusi. Washington si limita a proteggere sé stessa, come ha sempre fatto.

E allora, che si fa? Spendiamo ancora di più in armi? Per fare cosa? Per finire in una guerra che non possiamo vincere? Per costruire un esercito europeo che comunque non avrà mai il deterrente nucleare della Russia? Ci vuole un minimo di razionalità. Serve qualche investimento per evitare di trovarci con un esercito di figuranti. Perché, sia chiaro, non possiamo permetterci di essere del tutto indifesi. Se ci disarmiamo completamente, Putin potrebbe essere tentato di farci un pensierino. E poi c’è il capitolo Mediterraneo: l’Italia deve avere un esercito almeno superiore a quelli dell’Algeria, della Libia, della Tunisia. Non perché dobbiamo temerli, ma perché la sicurezza funziona così.

Eppure, c’è un’enorme differenza tra avere una difesa credibile e buttarci in una corsa al riarmo suicida. Perché la verità è una sola: questa guerra è stata una follia, e ogni giorno che passa la follia si allarga. L’Europa ha scavato la sua fossa con le sue stesse mani, e ora ci dicono che dobbiamo armarci fino ai denti per non finirci dentro. Ma il problema non è la fossa: il problema è che continuiamo a scavare.

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