Trump non manderà più a Zelensky nemmeno le cerbottane in modo che molli l’osso e si metta a trattare la resa seriamente. Si apre una nuova fase. Trump vuole la pace o con le buone o con le cattive e dei tira e molla dei cortigiani europei se ne frega. Gli unici due che contano in questa partita sono lui e Putin mentre Zelensky ormai è diventato un peso. La sua linea è fallita su tutti i fronti eppure osa ancora puntare i piedi. La zuffa alla Casa Bianca ha peggiorato la situazione al punto che per il bene dell’Ucraina dovrebbe farsi da parte. Serve un politico realista che assecondi i negoziati di pace con Putin. In mocassini invece che anfibi e che pensi a salvare il salvabile. Del resto l’Europa è in mutande e senza gli americani l’Ucraina rischia di scomparire dalle mappe. Non le resta che accettare la neutralità, la perdita definitiva dei territori occupati dai russi ed accontentarsi d’intraprendere un lento e doloroso percorso di adesione alla comunità europea. Anni di ricostruzione materiale ma anche democratica. Un bagno di realtà e di umiltà ma in compagnia dell’Europa. Lorsignori hanno testardamente puntato sulla guerra con la Russia e l’hanno persa. Con l’aggravante di combattere per procura. Limitandosi a sottrarre miliardi ai poveri cristi mandandoli in contanti ed armi a Zelensky e soci. La solita guerra da divano ma a differenza delle altre sull’uscio di casa mentre l’esito è sempre lo stesso. Un immenso spreco di vite, tempo e risorse. Finito il bagnetto, lorsignori dovrebbero avere il coraggio di guardarsi allo specchio e assumersi la piena responsabilità politica di tale disastro epocale. E non solo dei cumuli di macerie di cemento e di ossa ucraini, ma anche di quelli politici nostrani. È in pezzi l’Europa ma anche l’alleanza atlantica. Il mondo è cambiato all’improvviso e lorsignori si son fatti trovare del tutto impreparati. Dopati di deliri antirussi e rigurgiti bellici da secolo scorso oltre che di conformismo arrivista, ci hanno trascinato in una crisi economica e politica senza precedenti. Pretendere delle scuse è forse troppo in questa era egoica, ma vale la pena tentare. Scuse per non aver ascoltato, per non aver capito, per i grossolani errori commessi e per aver calpestato i valori di pace su cui si basa il progetto europeo. Per aver ignorato la nostra storia col rischio di compromettere il nostro futuro. Dopo essersi cosparsi il capo di cenere, a lorsignori non resterà che trovarsi un lavoro e in caso non lo sapessero, come prima cosa devono compilare un curriculum vitae e poi mandarlo via email nella speranza di essere convocati per un colloquio e magari pure di passarlo. A quel punto gli si aprirà un nuovo mondo fatto di sveglie all’alba e di treni pendolari, di umiliazioni per paura di finire per strada e di penosi stipendi con cui coprire costi e bollette. Le uniche cose che aumentano insieme guarda caso alle spese militari. E sarà a quel che lorsignori comprenderanno appieno l’assurda deriva di questi ultimi anni. Invece di fortificare l’Europa l’hanno distrutta a furia di egoismi nazionalistici e di fare a gara a chi sbaciucchia meglio le chiappe del presidente americano di turno. Adesso che è arrivato Trump alla Casa Bianca, sono smarriti. Sono rimasti senza deretano di riferimento. Senza padrone, senza soldi, senza armi, senza idee, senza una visione, senza vie di uscita se non improvvisare riunioni a vanvera per salvare la faccia in attesa che Trump e Putin facciano la prossima mossa e nella speranza di avere ancora una poltrona alla prossima tornata elettorale. Un disastro epocale. L’Europa va ricostruita dalle fondamenta, un compito storico impossibile per queste classi dirigenti. La speranza è che la sconfitta in Ucraina, la fine delle ipocrisie atlantiste e la crisi economica e sociale in corso, non portino al potere l’ondata nera ma generino un sussulto europeista nella società civile continentale. Nuove generazioni che da questa crisi comprendano come ornai la Repubblica Federale Europea non è superflua utopia, ma una impellente necessità. L’unico modo realistico che abbiamo per mantenere le redini politiche del nostro destino.
Tommaso Merlo